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Comunale di Bologna. Il sortilegio della Fura dels Baus
Al Comunale di Bologna, per una straordinaria coproduzione del teatro con il Festival Internacional de Música y Danza de Granada, Festival Castell de Peralada, Theatro Municipal de la Opera de São Paulo, Teatros del Canal, Grupo Secuoya, in esclusiva la Fura dels Baus con la sua versione onnisciente di El amor brujo: L'amore stregone di Manuel de Falla. A dirigere questo allestimento del collettivo spagnolo della Fura per la prima volta in Italia dal 14 al 19 febbraio, il notissimo Carlus Padrissa, uno dei primi animatori e fondatori della Fura dels Baus. Sul podio Felix Krieger, assistente di Claudio Abbado con i Berliner Philarmoniker e di Daniele Gatti a Bayreuth.
Un giovanissimo quanto inventivo coreografo dal nome di Pol Jiménez ha guidato le ballerine – fra cui notiamo Carmen Muñoz, vista a Roma per i gala Les Étoiles, che hanno annoverato le stelle del firmamento russo come Svetlana Zackharova all'Auditorium Conciliazione – in questo “amore stregato e gitano”, la “Gitaneria”di El amor brujo su libretto di Gregorio Martínez Sierra (1881-1947); ebbe una genesi per accrescimento: nacque per ravvivare il repertorio della famosa ballerina di flamenco Pastora Imperio. Quest'ultima, di concerto con Gregorio e Maria (Lejàrraga da non sposata) Martinez Sierra, che avevano affittato il Teatro Lara e fornirono la base del primo testo, dai versi Lirio entre espinas (“espinas” erano allora le case di appuntamenti), propose a de Falla di ampliarlo, e la prima lirica diventò proprio la Canción del amor dolido (Canzone dell'amore dolente).
La gitaneria in un atto di El amor brujo si arricchì anche della parte orchestrale di de Falla fino a diventare una vera zarzuela (genere lirico-drammatico spagnolo con parti cantate e balli) di successo, che conosciamo sostanzialmente in due forme: in forma di concerto, la prima in assoluto che venne rappresentata nel Teatro Lara di Madrid il 15 aprile del 1915; e quella successiva (1925) di balletto che comprende la celebre La danza ritual del Fuego (La danza rituale del Fuoco). Un ”género chico” (una zarzuela in un atto) che, venendo rappresentata in un teatro, il Lara, di solito non adibito a zarzuele, costrinse Falla a scrivere le parti strumentali per un'orchestra ridotta, che nulla toglie al fascino delle linee melodiche mutanti repentinamente ed una partitura per piano – al piano solista la brava Nicoletta Mezzini - che è strabiliante. Il direttore friburghese Felix Krieger - direttore artistico e direttore principale del Berliner Operngruppe (BOG) e di stanza ad aprire le stagioni del Konzerthaus di Berlino - sottolinea accortamente la brillantezza melodica, perfettamente supportato dalla suggestiva unità dell'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna.
El amor brujo: el fuego y la palabra (il fuoco e la parola), titolo dato allo spettacolo de La Fura dels Baus allo spettacolo prodotto nel 2015, è ampliato a dovere dalle musiche di Noches en los Jardines de España, El sombrero de tres picos e La vida breve: ricordiamo poi come El sombrero de tres picos fu coreografato da Léonide Massine nel 1919 per i Ballets Russes di Diaghilev sotto il titolo francese di Le tricorne. Profondamente ipnotiche e gitane di fondo, le musiche sono state presentate in un escalation di sortilegi e macchinari coreografici: tutto è cominciato con una proiezione dal Trittico Elementare di Spagna di PLAT – acronimo di Pittorica-Luminosa-Acustica-Tattile -, ovvero José Val del Omar (1904-1982), regista indipendente coevo e amico di Lorca e Zambrano, scelto da Padrissa per introdurci nel territorio dell'”amor gitano” di Falla. Il “cuore dello spettacolo” deve essere avvicinato con passi felpati attraverso i sentieri delle gitanerie ed il canto e ballo flamenco della vibrante cantaora Esperanza Fernández. Insieme al suo gitano, sbuca in abito nuziale tra il pubblico per rivelarci la sua storia: sul palco si profila una macchina “nuziale” entro cui lei si rifugia (o è piuttosto rinchiusa?) mentre le danzatrici di flamenco roteano invariabilmente in abiti bianchi e spruzzi d'acqua, prima di accendere di “fuoco” lo spettacolo.
Le macchine de La Fura sono strabilianti: un gigantesco “pendolo” compare dopo una scena di fuoco in cui le luci di Carles Rigual, gli effetti Speciali di Thomas Bautenbacher, ed i video di Manuel G. Frasquiel, distribuiscono una coerenza di effetti scenici, suggestivamente potenti per il pubblico che apprezza applaudendo sonoramente. La macchina su cui due ballerini-acrobati gira lanciando sprazzi di fiamme e roteando come un coltello tra i canti di Candelas, la cantaora gitana gelosa del suo amante traditore. Quattro i colori ripetuti tra i costumi a cura di Chu Uroz e le luci di Rigual: il giallo con le virate di rosso del fuoco; il bianco ed il nero di Candelas come del gitano-amante. Il giallo puro e caldo della fiamma s'incontra con una bruja (stega) innamorata che s'affida al sortilegio per riconquistare l'uomo retrivo.
Letture anche sul “femminicidio” attuale raccontano la violenza sulla donna come la sua potenza, vieppiù nel momento del canto, in coppia con il chitarrista flamenco Miguel Ángel Cortés, che la accompagna all'interno di una strana casa con una luce stroboscopica inconsuetamente “calda” e gialla: una sorta di soffitta dei ricordi, come negli specchi che riflettono le luci sulla cantaora, che inesorabilmente ritmica come il flamenco, batte un tempo circolare ed ipnotico. Un fuoco fatuo, come La canzone del fuoco fatuo (Canciòn del fuego fatuo) di Candelas che si muove su suoni vellutati e cangianti per un sortilegio soddisfatto, come sul pubblico ammaliato e acceso da tanta bravura e ricchezza di espressione come di meraviglia.