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The Conjuring 2. I demonologi ed il caso Enfield
Salutiamo – in quest'estate incipiente del 2016 – l'uscita nelle sale cinematografiche di un film sicuramente molto atteso da quel pubblico che ama andare al cinema per un bagno di paura, immerso in storie horror dove le frontiere tra realtà e immaginazione sono estremamente mobili e dove queste si scambiano continuamente di posto. Stiamo parlando del film The Conjuring 2. Il caso Enfield (sequel di L'evocazione – The Conjuring), diretto ancora una volta da James Wan (Furious 7), che porta sullo schermo un altro dei casi realmente (questo avverbio suscita giustificatissime perplessità) accaduti, sul quale hanno indagato i famosi studiosi di demonologia Ed e Lorraine Warren.
Londra, anni '70: in un quartiere popolare una famiglia costituita da una madre single affranta per i tanti debiti e i suoi quattro figli vive in una casa che comincia improvvisamente a essere teatro di terrifici e inspiegabili episodi: oggetti che si spostano da soli, rumori sinistri scaturiti da fonti ignote, vuoti dondolii di altalene e percussioni minacciose e invisibili.
Capiamo che sulla famigliola è in agguato una minaccia oltreumana, che chiede un tributo di angoscioso terrore per alimentarsi e svelarsi definitivamente.
Un inizio promettentissimo, che nutre con gusto anche il più esperto, e dunque esigente, spettatore e cultore del genere. Il regista James Wan conosce perfettamente la regola aurea della narrazione horror: la paura nasce spesso da un'autosuggestione, è un'emozione indotta nello spettatore: una scena sanguinosa, cruenta, con tanto di mostri e fantasmi, è molto meno spaventosa di un'altalena che dondola in un giardino vuoto o di una porta socchiusa in fondo a un corridoio.
Quello che viene soltanto suggerito ha una risonanza enorme dentro di noi, si dilata nella nostra immaginazione implicando una spesa emotiva maggiore di quella richiesta da un'immagine – pur truce – sigillata e esaurita per sempre nella sua figuratività.
La regia onora questo teorema e indugia spesso nell'inquadratura di oggetti innocui – di utenza domestica – straniandoli così dalla loro neutralità utilitaristica fino a dotarli di un'evidenza allucinatoria, abbacinati da una luce di presagio sinistro.
Una notte, questa minaccia invisibile si impossessa della piccola ragazzina di undici anni, Janet, che sarà la vittima di una metamorfosi dovuta a un'intermittente possessione diabolica ai cui primi sintomi assiste la sorellina che condivide con lei la camera.
Anche uno spettatore meno esperto non avrà difficoltà a riconoscere il rinvio al grande, insuperato archetipo del genere, vale a dire L'Esorcista.
Ê interessante registrare delle varianti rispetto al capostipite di questo rigogliosissimo genere dedicato alle storie di possessione demoniaca. Per prima cosa si tratta di una possessione intermittente, nel senso che la ragazzina alterna momenti di lucidità, nei quali è nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali, a momenti appunto di follia demoniaca. Altra interessante variante è legato al rapporto con i fratelli, che assistono a questa rovinosa metamorfosi demoniaca della sorella (nell'Esorcista Regan era figlia unica).
La minaccia che incombe sulla famiglia diventa sempre più spaventosa e incontrollabile, coinvolge polizia e vicini di casa, diventa presto un fenomeno mediatico che mobilita l'interesse dei coniugi Warren, i quali si recano a Londra per combattere questo demonio, in una lotta estremamente dolorosa, che richiede loro un impegno di energie mentali quasi insostenibile.
La regia, che nella prima parte aveva mantenuto una linea di parsimoniosità e di allusività che – in maniera estremamente efficace – aveva fatto leva sull'immaginazione dello spettatore, suscitando apprensione e spavento attraverso la sottolineatura di insignificanti porzioni di realtà (un'altalena, un telecomando) capaci di rovesciarsi in spaventose minacce metaumane, inverte la rotta verso una narrazione estremamente esplicita e dichiarativa, che mostra fantasmi e demoni con troppa disinvoltura, ricollezionando senza originalità tutti gli stereotipi del genere, con inopportune derive sentimentalistiche, fino al banalissimo epilogo.
Il film, come dicevo, si presenta come la fedelissima trasposizione cinematografica di una storia vera, il più documentato episodio di possessione demoniaca della storia. Prima dei titoli di coda viene offerta una sequenza con foto d'epoca, e anche una registrazione originale della voce demoniaca di Lorraine, estrapolata direttamente dagli archivi di Ed e Lorraine Warren.
Non entro in merito alla questione: aggiungo solo che queste pretese realistiche rimandano anch'esse a un archetipo moderno che ha rigenerato il cinema horror, ossia The Blair Witch Project.
In conclusione, non un capolavoro, né un film memorabile, come forse prometteva la prima mezz'ora; sicuramente un ottimo prodotto di intrattenimento per gli amanti del genere, che pagheranno volentieri il biglietto.