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La corrispondenza. Comunicare le emozioni secondo Tornatore
Immagini, schermi, parole scritte e digitate. Queste le modalità con cui i protagonisti dell'ultimo film di Giuseppe Tornatore, dal titolo non casuale de “La corrispondenza”, possono dimostrarsi il proprio amore. Firmato ancora una volta dalle drammatiche colonne sonore composte dal maestro Ennio Morricone, il nuovo lungometraggio del cineasta racconta una storia d'amore insolita, che sembra far riflettere sulle estreme conseguenze dell'attuale realtà in cui anche i sentimenti vengono “digitalizzati”.
I due protagonisti, Amy Ryan (Olga Kurylenko) e Edward Phoerum (Jeremy Irons), si amano, ma il loro rapporto non può che svilupparsi mediante una dimensione filtrata e costellata di continui distacchi: lei è una studentessa fuoricorso, che si mantiene facendo la controfigura nelle scene di pericolo per il cinema e per la televisione, mentre lui è un maturo professore universitario di astronomia, già sposato e con figli. Nonostante siano accomunati dal campo di studi, i due, che si erano conosciuti nel corso di uno dei seminari tenuti dall'insegnante, sono separati, oltre che dall'età, dalla fitta ragnatela costituita dalla distanza e dai rispettivi impegni, che rendono sporadiche le occasioni in cui Ed e Amy possono stabilire un contatto vero, concreto.
Grazie ai mezzi di comunicazione odierni, l'uomo e la donna possono ridurre le distanze e essere presenti l'uno per l'altro attraverso continue telefonate, e-mail, molteplici modalità di messaggistica istantanea e videochiamate su Skype: la vicinanza e l'appoggio del partner viene testimoniato da connessioni simultanee e veloci risposte ai messaggi.
Quando, da un giorno all'altro, la giovane non riesce a contattare direttamente l'uomo, che risulta irraggiungibile anche sul cellulare, il mondo intorno a lei sembra vacillare. Cosa succede quando la connessione non è più immediata?
Improvvisamente, ad un convegno accademico, viene annunciata ufficialmente la scomparsa dello studioso Ed Phoerum, avvenuta pochi giorni prima ma resa nota dalla famiglia solo in quel momento. La notizia sconvolge Amy, che resta ancor più destabilizzata dalle e-mail che stava scambiando con l'uomo proprio durante il congresso. Com'era possibile?
Già nella prima metà del film, dunque, quella che si prospettava come una vicenda puramente romantica e sentimentale finisce per virare, come in molti altri film di Tornatore, sul versante “giallo”, attraverso l'indagine personale iniziata dalla protagonista seguendo una serie di tappe significative che la porteranno a scoprire, oltre al grande amore provato da Ed nei suoi confronti, soprattutto qualcosa di se stessa: le parole che l'uomo aveva registrato per lei, infatti, la portano a confrontarsi dopo anni con un forte trauma vissuto da bambina, che la aveva profondamente segnata.
Una coppia di attori di grande spessore, unita ad una regia impeccabile, dà sostanza ad una vicenda in cui l'impressione di realtà trasmessa dal cinema – le cui materie prime per eccellenza sono, pur sempre, le immagini – sembra essere messa in discussione con lo svilupparsi della storia. Quella che Tornatore fa compiere alla protagonista è un'indagine a posteriori che se da un lato evidenzia con dolcezza il sentimento che univa i due personaggi al di là dai confini del tempo, dello spazio e addirittura della vita, senza cadere in ipotetiche motivazioni mistiche o “fantastiche”, dall'altro sembra voler dire allo spettatore qualcosa di più.
In una vicenda che ruota solo attorno ai due protagonisti, mentre riduce i personaggi secondari in funzione dei legami instaurati con loro, il regista introduce alcune soluzioni particolarmente significative, anche nella gestione delle inquadrature, che a mio avviso sembrano riflettere, in modo più o meno esplicito, sullo statuto dell'immagine virtuale che, nell'«epoca della riproducibilità tecnica» dell'arte – secondo il noto saggio di Walter Benjamin –, deve fare i conti con la natura provvisoria di qualsiasi supporto o dispositivo tecnologico.
Lo spettatore, infatti, è chiamato a seguire un film in cui molto spesso i personaggi dialogano o parlano a se stessi attraverso dispositivi e schermi di diverso tipo – creando effetti di “quadro nel quadro” – che danno la consapevolezza e la sicurezza a chi li utilizza di poter cancellare e riscrivere, registrare un video per poi modificarlo, salvarlo oppure fissarlo su un ulteriore supporto, che tuttavia non può essere eterno, ma sottoposto all'usura o ad accidenti quotidiani. I due personaggi, confessano l'uno all'altro pensieri profondi e riflessioni personali solo di fronte allo schermo del computer, tanto che ad un certo punto la giovane sembra assumere consapevolezza del proprio trauma passato nel momento in cui guarda se stessa che lo racconta a lui in un video, mentre quando si trovano l'uno di fronte all'altra fluttuano domande senza risposta e frammenti di verità.
In questa vicenda drammatica, ciò che appare assolutamente reale e concreto per la corrispondenza plastica fra visibile ed essenza sono i contatti veramente umani che la protagonista riesce ad instaurare con ciò che la circonda, soltanto quando il suo sguardo si sofferma ad osservare qualcosa che non è mediato da uno schermo, come il legame sensoriale stabilito con un cane dagli occhi dolci e malinconici incontrato più volte al parco o con la sublime bellezza del paesaggio riflesso nelle acque del Lago d'Orta.
Nonostante possa apparire a tratti esasperata, la corrispondenza insolita e tenera che Tornatore pensa per i suoi protagonisti, in ultima analisi, appare in grado di riflettere sull'odierno rapporto che si tende ad avere con i mezzi di comunicazione, la cui assuefazione ha modificato la percezione del tempo e delle emozioni di chi li utilizza.
Solo l'arte, rappresentata dal calco che la protagonista si era prestata a fare mentre il suo volto era segnato dal pianto, sarà sempre in grado di rendere eterne la bellezza e le emozioni, spesso misteriose ed enigmatiche, su cui il cinema di Tornatore continua ad interrogarsi.