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Via del Vento. Brevi prose rare e inedite di Gor'kij
Uscito nella seconda metà di dicembre, il volumetto “La signorina e lo stupido e altri racconti” di Maksim Gor'kij è una delle ultime pubblicazioni della casa editrice pistoiese Via del Vento Editore che riporta nelle librerie “testi inediti e rari del Novecento”, proprio come recita il sottotitolo della collana “I quaderni di via del Vento”, di cui fa parte quest'ultima raccolta.
Il volumetto, a cura e traduzione di Paolo Galvagni, comprende tre racconti – di cui due rari e uno che, ad oggi, risulterebbe inedito in Italia – usciti su rivista nell'arco di anni compreso tra la fine dell'Ottocento e gli anni dieci del Novecento, scritti dall'autore russo che fu considerato, come sottolinea la Postfazione del curatore, «padre del “realismo socialista”», vissuto nella Russia della povertà, delle rivoluzioni e dei cambiamenti sociali e politici tra il 1868 e il 1936. Nonostante lo scrittore rappresentasse una figura nota in età sovietica per le raccolte di racconti e per la commedia “I bassifondi”, la sua attiva simpatia per la causa rivoluzionaria lo spinse ad allontanarsi dal proprio paese, andando prima negli Stati Uniti, dove scrisse il noto romanzo “La madre”, per poi stabilirsi per qualche tempo anche in Italia, dove risiedette in alcune città del sud. Tornato in patria nel '32, si occupa di attività culturali anche attraverso la fondazione dell'Istituto letterario di Mosca e dell'Unione degli scrittori, fino alla sua morte avvenuta in circostanze misteriose, forse ad opera del regime, sebbene le testimonianze di Solženicyn lo accusassero di connivenza con lo stalinismo.
I tre racconti qui pubblicati dimostrano una particolare attenzione per la dimensione sociale, molto importante nelle sue narrazioni, in cui trovano spazio scorci di vita vissuta dalle classi più umili e da figure ai margini della società, tratteggiate con una lucidità e un realismo pervasi da quell'amarezza di fondo espressa dallo stesso pseudonimo (“gork'ij”, infatti, significa “amaro” in russo) con cui l'autore si firma fin dalle prime pubblicazioni apparse su rivista dal 1892.
Tra i testi, ordinati cronologicamente, quello che ad oggi appare, con ogni probabilità, mai pubblicato in Italia è l'ultimo, risalente al 1916 e intitolato “Un mezzo contro i drammi familiari – Tema per un romanzo”, costruito come la narrazione in prima persona da parte di un personaggio non identificato della conversazione avvenuta in un passato indeterminato con un conoscente: questi gli aveva confessato le gravi conseguenze di un rapporto extraconiugale avviato quasi per caso, per non rischiare di compierne un altro, che però aveva solamente pensato.
Mentre vengono messe alla berlina le convenzioni di quella che sembra, leggendo tra le righe, la classe media moscovita di fine Ottocento, Gor'kij ne sottolinea in questo testo un'evidente “freddezza” emotiva.
Si tratta della stessa condizione psicologica che lamenta l'uomo del secondo racconto, pubblicato su rivista lo stesso anno, intitolato "La signorina e lo stupido", che riporta il lettore contemporaneo nelle strade buie delle fredde notti russe, in cui si muovono povere anime alla ricerca di un po' di calore. È il caso dell'anziano misterioso in cui si imbatte la “signorina”, giovane prostituta già disillusa dal mondo che non conosce altro legame che quello con occasionali clienti: questa bizzarra figura maschile, che sembra al di sopra di tale realtà crudele e dissoluta, appare afflitta da un'angoscia profonda, espressa da una sensazione di freddo – in grado di evidenziare l'inscindibile rapporto tra psiche e soma – che l'uomo descrive alla ragazza in questi termini: «Sì, fa freddo […]. Questo è l'importante: il freddo è dentro, nell'anima c'è freddo e vuoto. Come se non ci fosse affatto l'anima, - questo a voi capita?». Ma anche questa ricerca di calore affettivo sembra destinata ad essere incompresa.
Il primo racconto, infine, uscito su rivista nel 1895 e tradotto con il titolo “Minuti guastati”, ha ancora per soggetto centrale le complicate dinamiche tra un personaggio maschile e uno femminile, osservati nello scorcio di una notte mentre cercano di fare i conti con il loro rapporto amoroso che da un lato significa tradire il marito della donna e dall'altro allontanarsi dai precetti della morale e della buona condotta. Ciò che risulta particolarmente significativo in questo breve racconto, ancor più dei dialoghi continuamente interrotti e sospesi tra l'uomo e la donna, è la dimensione stilistica e descrittiva legata ad un immaginario più tipicamente romantico e malinconico, di grande risonanza evocativa, rappresentato dall'ambientazione notturna in cui gli elementi naturali disegnano «gli arabeschi delle ombre e le macchie spettrali dei raggi lunari».
In prose brevi in cui dominano le amare sensazioni di insoddisfazione e smarrimento psicologico, immerse in una dimensione di sospensione temporale, Gor'kij descrive una condizione umana all'insegna dell'angoscia e della crisi, in cui i personaggi in scena appaiono come figure spesso prive di nome, quasi come se fossero schiacciate dalla decadenza sociale che le circonda. Il crudo disincanto con cui lo scrittore tratteggia i personaggi e gli ambienti protagonisti di questi racconti, per i quali non può che aver attinto alla propria esperienza di vita in età giovanile tra povertà e carenza di affetti, appare lievemente stemperato dai numerosi dettagli riferiti alle manifestazioni della natura e agli affascinanti effetti chiaroscurali degli agenti atmosferici osservati sotto il cielo moscovita.