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Doppia performance di Umberto Eco all'Auditorium. I maestri e la filosofia
Una doppia perforrmance ha visto come protagonista Umberto Eco nell'ambito dell'edizione 2015 di Libri come. Festa del libro e della lettura, svoltasi dal 12 al 15 marzo 2015 presso l'Auditorium Parco della Musica di Roma. La prima conferenza ha visto il grande filosofo e scrittore confrontarsi con Marino Sinibaldi sul tema "I miei maestri". Nella seconda, ha presentato, con Riccardo Fedriga che ne è il co-curatore, la Storia della filosofia da lui curata e pubblicata da Laterza.
Il primo intervento di Eco è stato preceduto da una breve apparizione del Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, la quale ha presentato i contenuti essenziali del progetto denominato "La buona scuola": si va dalla valorizzazione delle scuole autonome ai presidi che potranno, seppure limitatamente, sceglieri i docenti che più corrisponderanno al progetto formativo della propria istituzione scolastica, fino all'assunzione a tempo indeterminato di oltre 100.000 cosiddetti "precari". Non priva di rilievo sarà anche la corresponsione di un bonus da 500 euro per sostenere le spese culturali e di autoaggiornamento dei docenti.
La parola chiave in questo progetto è l’autonomia scolastica: esisteva già un decreto (il 275 dell'8 marzo 1999), a firma Luigi Berlinguer, che promuoveva quest'autonomia, ma per molti versi è rimasto inattuato: ora si tratta di rilanciarla, con la creazione dell'organico funzionale, la fine del precariato storico, un nuovo modello di formazione dei docenti e un nuovo concorso nel 2016.
Marino Sinibaldi sottolinea come lo storico Ernesto Galli Della Loggia abbia sostenuto che la riforma della scuola dovrebbe presupporre in nuce un modello futuro di società, ma il ministro è solo parzialmente d'accordo. Per la Giannini si tratta innanzitutto di trasmettere contenuti scientifici e culturali: l'apprendimento è comunque un processo continuo che si situa al di là del modello di società vigente.
Sottolinea altresì l'importanza della logica dentro le discipline filosofiche, che educa anche al pensiero computazionale. Conclude rilevando come l’istruzione sia nemica del totalitarismo e sia invece amica di sviluppo e democrazia.
Umberto Eco comincia il suo intervento rievocando la sua infanzia e la signorina Bellini, colei che chiama la sua prima vera maestra. In realtà fu la sua professoressa in prima media, prima dello sfollamento. In quinta elementare Eco aveva scritto un tema in cui, con empito retorico, sosteneva di voler morire per Mussolini. In prima media invece scrisse un tema intriso di scetticismo. La Bellini morì ultranovantenne qualche anno fa, ma Eco mantenne fino alla fine i contatti con lei, che leggeva tutti i suoi libri e si ricordava di tutti gli studenti.
Una delle ultime volte la incontrò in occasione del ricordo di Giacomo Marino, docente di filosofia al liceo classico "Giovanni Plana" di Alessandria, che gli insegnò la libertà critica. Era una sorta di esistenzialista cristiano, capace di fare lezioni su Freud e sulla tetralogia wagneriana usando il grammofono. Se poi Eco ha deciso di studiare filosofia all'università, laureandosi con Luigi Pareyson e Augusto Guzzo con una tesi sull'estetica di San Tommaso, lo deve anche a questo oscuro professore di liceo della sua adolescenza.
Del resto, gli studenti sono animali dal fiuto sottilissimo: se dicono che un insegnante è un cretino hanno ragione; e hanno ragione anche quando invece individuano nell'insegnante un autentico maestro.
Si potrebbe quasi dire che il rapporto maestro-allievo abbia qualcosa di "erotico", nel senso platonico del termine: il maestro è qualcuno da cui hai ricevuto qualcosa che non dimenticherai per tutta la vita.
Questa caratteristica del vero maestro può essere attribuita anche a persone che non professano un insegnamento: Eco cita un suo quasi coetaneo che da studente laureando gli diede molti consigli: si trattava di Giancarlo Lunati, poi diventato manager della Olivetti.
Sull'insegnamento scolastico Eco non si diffonde più di tanto, sottolineando soprattutto di non poter parlare di scuola elementare e media, a lui note solo attraverso i nipotini. Dell’università sottolinea invece come ancora in Italia mantenga livelli di eccellenza, se è vero che i nostri laureati all'estero spesso surclassano tutti gli altri. Le buone università, del resto, sono quelle dove si dibattono i problemi venti anni prima che ne discutano i mass media.
Nella sua formazione - sottolinea Eco - hanno avuto un ruolo importante anche i fumetti: nel romanzo semiautobiografico La misteriosa fiamma della regina Loana il protagonista Yambo matura attraverso i fumetti.
Anche Eco conosce la libertà di stampa attraverso Topolino giornalista. E non a caso Flash Gordon combatteva contro un tiranno, l'imperatore Ming del pianeta Mongo: modello di resistenza al tiranno che nella scuola della fine dell'epoca fascista non insegnavano, nemmeno i classici Armodio e Aristogitone.
Sinibaldi chiede poi a Eco, che appartiene alla generazione per cui il principale organo di informazione è stato la carta stampata, quale sia la sua opinione sulla crisi della stampa: Eco risponde che la crisi dei giornali è cominciata nel 1953, con l'avvento della televisione. In precedenza, come amava dire Hegel, i giornali erano la preghiera del mattino dell’uomo moderno.
La stessa politica è stata influenzata da un’informazione che ha toccato sempre di più il privato. Il tema del suo ultimo romanzo, Numero zero, ambientato nel 1992, è la demistificazione dei complotti. Nel Cimitero di Praga era altresì la demistificazione del più clamoroso falso, quello dei Protocolli dei savi di Sion.
La tecnica dei complottardi si basa sul fatto di prendere due episodi sconnessi e poi connetterli in modo arbitrario: i complotti veri vengono alla luce, quelli falsi fluttuano nell'aria. Per cui, riprendendo il famoso paradosso di Epimenide cretese, come tutti i cretesi mentono, così tutti i complottardi sono paranoici.
Del resto, già Karl R. Popper aveva elaborato una raffinata Teoria della cospirazione, secondo la quale gli stessi dèi di Omero cospiravano. Si tratta della combinazione tra scarico delle responsabilità e tentativo di spiegazione globale: pretendiamo una trasparenza assoluta che è impossibile. Questo dovremmo imparare dalle sindromi dei complotti: tutte le teorie cospiratorie si basano su dati falsi.
Ad esempio, se gli americani non fossero mai andati sulla Luna, i sovietici lo avrebbero rivelato.
Un'ulteriore domanda riguarda il ruolo della televisione e se sia stata davvero una cattiva maestra come ci disse Popper. Eco risponde che sicuramente non la televisione dei primi 20 anni in Italia.
L'ultima domanda riguarda il ruolo di maestro che Eco ha ricoperto: il filosofo risponde che ha insegnato per 40 anni e che molti ex discepoli hanno di lui un ricordo affettuoso.
Ciò non toglie che ha scritto nel Diario minimo un "Elogio di Franti" e una paradossale lettera sulle armi giocattolo per suo figlio.
Mentre in una recente lettera al nipote sottolinea l'importanza dell'apprendimento a memoria. Il "muscolo" va tenuto in esercizio imparando un'ottava ariostesca ogni mattina. E ricorda per concludere un celebre racconto di fantascienza di Isaac Asimov ("Nove volte sette", originale "Feeling of Power", 1958) relativo a una società futura dominata dai calcolatori elettronici, dove chi sa le tabelline a memoria è considerato un genio: in una situazione problematica durante la guerra fredda, si è verificato un black out di tutti i computer, sicché il Pentagono è costretto a scovare nell'Oklahoma l'unica persona che conosca ancora le tabelline a memoria. Costui diventa in pratica prigioniero delle autorità militari, perché è l'unico surrogato del calcolatore di cui si possa disporre.
Il giorno dopo Eco tiene una sorta di lezione "dialogata" di filosofia, con Riccardo Fedriga, presentando la loro storia della filosofia pubblicata da Laterza (con contributi di vari autori rinomati. Ad esempio il capitolo su Hegel è dovuto a Remo Bodei, mentre lo stesso Eco firma quello su Kant).
Eco sottolinea come fu un proprio il professore di filosofia del liceo a influenzare la sua scelta, anche se la famiglia voleva che studiasse giurisprudenza.
Ricorda che ai suoi tempi si usava l'orribile manuale di Eustachio Paolo Lamanna, ma poi all'università trovò quello di Nicola Abbagnano, ben superiore (oggi ulteriormente rivisto ed aggiornato da Giovanni Fornero). Il suo nuovo manuale può essere letto in vari modi, anche concentrandosi particolarmente sui capitoli e sulle schede di storia della cultura. In un manuale di filosofia come questo, sottolinea da par suo Fedriga, hanno cercato di inserire anche la dimensione del "divertimento", ad esempio con lezioni dove ci si può limitare alla parte iconografica.
Così, se la famosa "casalinga di Voghera" non vuole approfondire il pensiero di Guglielmo di Ockham, potrà comunque leggere un testo sulle correnti ereticali nell'anno Mille. Eco ha chiosato poi la parte su Benedetto Croce, scrivendo un'estetica del guazzabuglio (ripresa di una recensione alla riedizione Adelphi dell'Estetica di Croce, apparsa nel 1991 sulla Rivista dei libri e poi ristampata come appendice a Kant e l'ornitorinco, Milano, Bompiani, 1997).
La voce su San Tommaso è del neoscolastico Alessandro Ghisalberti, ma Eco ha inserito una voce per sostenere che San Tommaso credeva nella pluralità dei mondi.
Ci può essere del resto una divulgazione alta e una bassa. Russell, Einstein e Heisenberg hanno fatto ottima divulgazione. Certo, quanto più ci si avvicina alla contemporaneità, tanto più difficile risulta divulgare con efficacia. E non è un caso che il terzo volume risulti più difficile, tant'è vero che la parte su Heidegger e quella sulla logica contemporanea sono state riscritte varie volte. In media, presentare didatticamente Descartes risulta più facile che presentare Husserl.
Gli autori hanno altresì cercato di superare la dicotomia analitici-continentali: in fondo quello che conta è il linguistic turn, che accomuna tanto Gadamer quanto Davidson. Si parla molto anche di letteratura e di musica, ad es. attraverso il Doktor Faustus di Thomas Mann (dove il protagonista Adrian Leverkühn ricorda la figura di Arnold Schönberg), Robert Musil e la Kakania, William James e James Joyce.
Eco conclude con la definizione della filosofia: il suo scopo è rispondere alle domande per cui non c'è risposta.