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Escobar. La Catedral della coca
Il titolo originale è Loving Pablo, che ci dice molto di più del sottotitolo Il fascino del male, chiaramente riferibile a qualsiasi criminale di vasta portata come Pablo Escobar, capo del Cartello di Medellin in Colombia che dalla fine degli anni '70 fino ai '90, rappresentò il principale distributore della cocaina tra Stati Uniti e America Latina, arrivando fino in Spagna. Fernando León de Aranoa dirige questo film su impulso di Javier Bardem che lo produce ed impersona Pablo Escobar accanto alla moglie Penélope Cruz nei panni di Virginia Vallejo, giornalista colombiana amante di Escobar per svariati anni.
Uno degli uomini più ricchi del mondo Escobar tra anni '80 e '90, e che, per evitare l'estradizione negli Stati Uniti dove esportava cocaina a tutto spiano, fece uccidere il Ministro della Giustizia Rodrigo Lara Bonilla, diversi magistrati ed il direttore del quotidiano El Espectador, Hélmer Herrera Buitrago, tra 1984 e 1986, finché la Corte Suprema non annullò il trattato lasciando completamente libero Escobar di scorrazzare senza temere nulla o quasi dal governo colombiano. E' di questi anni che si parla nel film che inizia con la relazione di Escobar con Virginia Vallejo coniosciuta nel 1983, giornalista d'attualità e volto celebre della tv colombiana. La giornalista si innamora di Escobar e ne diventa l'amante per tutto questo periodo finché non comincia a pagare anche lei la rovina del trafficante in guerra col Cartello di Cali e le stragi che lo portano ad essere braccato costantemente dentro e fuori della Colombia.
Nel film è mostrato un doppio aspetto di Escobar, di finto salvatore delle favelas colombiane da una parte e spacciatore crudele dall'altra: impersonato molto efficacemente da Bardem, che si rivela quell'attore degno di un Oscar vinto con Non è un paese per vecchi dei fratelli Cohen nel 2008 ed ancora di più con Mare dentro nel 2004, Coppa Volti a Venezia, dove impersonava un vecchio alla sua fine vita. Con sua moglie Penélope Cruz c'è un'intesa totale sul set e lei recita perfettamente la parte della giornalista in carriera senza scrupoli ed attenta al denaro quanto alla moda.
Ci viene in mente allora il quasi omonimo ma diverso per la trama, film diretto e scritto da Andrea Di Stefano con Benicio Del Toro nella parte principale, intitolato Escobar (Escobar: Paradise Lost) del 2014, e troviamo anche lì la stessa efferatezza dimostrata dal criminale, seppur in una storia diversa.
Premio Goya 2018 al film di Aranoa, girato quasi interamente nel territorio della Colombia, e basato sul bestseller di Virginia Vallejo, Amando Pablo, odiando Escobar, questa pellicola è ben costruita, ottimamente diretta, scenari e sceneggiatura credibili con uno sguardo dentro La Catedral, la prigione palazzo costruita da Escobar per farsi rinchiudere “in bellezza”, e finiamo col chiederci, nonostante sia morto nel 1993 in una battuta di caccia della polizia colombiana supportata dagli americani e con le informazioni fornite dalla stessa Vallejo, quale è questo fascino?
Risposta retorica: i soldi, le macchine costose, gli abiti alla moda, una vita facile? Quanto facile? Sembrerebbe piuttosto una vita difficile che si riassume in fughe lontano dalla famiglia, stragi pilotate, paura costante, senza coscienza, in preda ad una follia che accoglie i negletti della società, chi non riesce piuttosto a sbarcare il lunario perché continua a coprire col vuoto un'assenza di senso profonda innestata sotto cute, come una protesi imprescindibile dalla quale si è pilotati senza accorgersene.