Festival Čajkovskij a Santa Cecilia tra i sogni russi di Gergiev

Articolo di: 
Livia Bidoli
Valery Gergiev e Orchestra del Marinskij

Valery Gergiev conduce per tre sere la sua Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo per il Festival Čajkovskij nella Sala Santa Cecilia presso l'Auditorium Parco della Musica. Tre appuntamenti, il 14, il 15 ed il 16 gennaio con l'esecuzione di tutte le sinfonie del noto compositore russo "occidentale" Pëtr Il'ič Čajkovskij, in occasione del 125° anniversario della sua morte. Le prime due ad essere eseguite sono state la Prima e la Sesta la sera del 14 gennaio.

Pëtr Il'ič Čajkovskij (1840-1893) ha scritto la sua prima sinfonia a 25 anni, tra il 1866 e il1867, la Sinfonia n. 1 in sol min. op. 13 sottotitolata “Sogni d’inverno”, e fu una delle sue angustie principali il vederla ostacolata nella sua realizzazione e non apprezzata dai suoi maestri di composizione, Anton Grigorevič Rubinštejn e Nikolaj Zaremba. La diresse nella sua prima esecuzione a Mosca nel 1868 Nikolaj Rubinštejn, fratello di Anton, e fu rielaborata dal compositore nel 1874.

La scrittura è magnifica e la fiabesca soavità del primo movimento, l’Allegro tranquillo, intitolato "Visioni di un un viaggio invernale", è brillante e perfetta nella sua armonia fra le parti: vivacemente colorata, dai timbri risonanti nell’intera strumentazione, in cui un tema lirico viene ricondotto dai violini in superiore ricercatezza.

L’Adagio cantabile ma non tanto, ovvero la “Terra desolata, terra di brume”, si tempra di una maggiore stabilità ed una sorta di riappacificazione languida, assomigliando in fondo ad un quartetto d’archi, e con il tema elargito dall’oboe con il supporto di flauto e fagotto. La maggiore circospezione con cui si muove il suono ordina una tessitura in fortissimo dei corni, che ricade sul vibrato di tutti gli archi per poi riallacciarsi all’iniziale quartetto. Vicino alle notturne melanconicità del Lago dei cigni e di altri notorii balletti, è brano eseguito anche a sestante e rimembra sinesteticamente i paesaggi invernali di Isaac Il'ič Levitan (1860-1900) che piacquero tanto al compositore e dove ravvisò lui stesso un’intima connessione con le oniriche variazioni della sua prima sinfonia.

Lo Scherzo – Allegro scherzando giocoso prende il materiale dalla Sonata in do diesis minore per pianoforte del 1865 (op. 80). Dopo una serie di rimpasti tra archi e legni entra raffinatamente il valzer, la danza preferita da Čajkovskij: la scrittura ed il suono sono cristallini e di estrema coerenza oltreché contraddistinti da un fervore alare. Affiora un tempo di mazurka tramite i timpani che evidenzia ancora di più la scrittura adamantina.

Il quarto movimento Andante lugubre – Allegro maestoso procede da un’iniziale atmosfera grave e ridondante, ricca di esplosioni, fino a rimandi continui tra le diverse parti dell’orchestra interrotti solo dalla canzone tipica russa “I giardini fioriti” che fa rassomigliare il clima ad una festa popolare. Gli arditi passaggi ed una roboante coda che riprende il tema in modo munifico danno esito ad un grandioso finale, che la  direzione di Sokhiev sottolinea abilmente ed impeccabilmente mostrando un coinvolgimento pieno e di esperta qualità.

Tra le registrazioni migliori c'è proprio quella di Valery Gergiev con l’Orchestra del Teatro Mariinskij alla Salle Pleyel di Parigi nel 2010 (che al link aggiunto è ascoltabile nella sua interezza), poi quelle di Bernard Haitink nel 1994 con la Royal Concertgebouw di Amsterdam e Mariss Jansons nel 2000 con la Oslo Philarmonic Orchestra, oltre ad Abbado, Karajan, Mehta e Markevitch.

La seconda parte del concerto prosegue con l'ultima sinfonia di Pëtr Il'ič Čajkovskij (1840-1893), la n. 6 in si minore op.74 (1893), ultimata pochi giorni prima della sua scomparsa e, sebbene oggi venga rigettata la tesi del suicidio per la futura e sicura onta della sua relazione – ormai divenuta di dominio pubblico – con il nipote del duca Stenbock-Thurmor –, dei dubbi sulla distrazione che lo portò a bere acqua non bollita nella San Pietroburgo dove imperversava il colera angosciano chi scrive, soprattutto dopo questo ascolto dal vivo che rivela quel senso di “smarrimento” medesimo che colpì il pubblico della prima esecuzione assoluta e che a più di un secolo di distanza non si affievolisce affatto.

La Patetica infatti, titolo più che appropriato conferito alla sinfonia dal fratello Modest, avviluppa immediatamente nelle sue cadenze dalle precipitose aperture liriche, fin dal primo movimento, Adagio. Alllegro non troppo (il più lungo); continuando nellAllegro con grazia, nello strepitoso attacco di reboante percussività coadiuvata dagli archi gravi, mentre gli altri “staffilano” il suono; quell’espressività conduce ad episodi la cui rutilanza muta raffinatamente in un valzer impossibile nell’Alllegro molto vivace. Qui il colore trionfa in tutta la sua sinuosa marcia lasciando spazio poi al tema silenzioso, che torna inaugurando il dialogo tra le parti di andamento brillante.

Nel quarto movimento, l’Adagio lamentoso. Andante, si respira la malinconia della fine che, se vogliamo seguire la trasposizione biografica del fratello Modest, traduce i movimenti con i quattro stadi della vita di Pëtr Il'ič: l’ultimo movimento rappresenta la mesta consapevolezza della caducità, di quel nulla che ha cercato di sconfiggere con la musica, seppur non essendogli mai sfuggito del tutto.

L’ultimo Adagio è quindi estremamente eloquente e concentrato, ed i tagli marcati ed improvvisi, che poi convogliano verso il tema lirico centrale già sviluppato, non fanno che spingere in quel vortice che ha trasportato Čajkovskij nella scrittura di uno dei suoi vertici, in cui il lirismo e la precisione della scrittura sono talmente sincronici da lasciare sbigottiti. Essi svelano l’afflato dell’eternità (la Sehnsucht romantica) insieme al senso di fugacità, irretendo e consentendo di dire che il capolavoro della Sesta ha conquistato uno status di eccellenza, pienamente orientato su quell’infinito che traduce nel cuore il sentimento lirico, ed effonde un anelito che sconquassa ad ogni ascolto.

La musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij, in tutte le sue varianti, sinfoniche, operistiche, di balletto, è ricca di quel dono della cum passio patetica che ha coronato l'ultima sua prodigiosa fatica riascoltata stasera prima di dileguarsi nel suo corpo di luce. Esattamente la stessa luminosità che ha conferito Gergiev con la sua Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo in modo particolarmente riuscito alla Prima Sinfonia ed ai suoi sogni innevati, mentre si è adagiato su una ricchezza di precisione meno partecipativa proprio in quella più liricamente drammatica. L'unità di suono, la precisione e l'accuratezza nella sincronia sono assolutamente ineffabili, e gli scroscianti applausi di un pubblico festante insieme all'intera Delegazione Russa con l'Ambasciatore ed il MInistro della Cultura in prima fila insieme al Presidente di Santa Cecilia Dall'Ongaro, ad inaugurare il festival Le stagioni russe in giro per l'Italia, al quale partecipano i Teatri Bolscioi, Mariinskij e Aleksandrijaskij, le Orchestre Filarmonica di Mosca di San Pietroburgo e il Museo Ermitage.

Pubblicato in: 
GN10 Anno X 16 gennaio 2018
Scheda
Titolo completo: 

Festival Čajkovskij - Valery Gergiev
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Auditorium Parco della Musica - Sala Santa Cecilia
Stagione Sinfonica

Domenica 14 gennaio ore 20.30 – lunedì 15 ore 20.30 – martedì 16 ore 20.30
Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo
Valery Gergiev 
direttore
 

Čajkovskij Le Sinfonie
 
14 gennaio  Čajkovskij Sinfonia n. 1 e n. 6 Concerto fuori abbonamento
15 gennaio  Čajkovskij Sinfonia n. 2 e n. 5 Concerto fuori abbonamento
16 gennaio  Čajkovskij Sinfonia n. 3 e n. 4 Concerto fuori abbonamento

Biglietti da 19 a 52 Euro
I biglietti possono essere acquistati anche presso:
Botteghino Auditorium Parco della Musica
Viale Pietro De Coubertin Infoline: tel. 068082058
Prevendita telefonica con carta di credito:
Call Center TicketOne Tel. 892.101