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Festival di Salisburgo 2017. Barenboim ed il fato secondo Čajkovskij
Il Festival di Salisburgo ha accolto una serie di notabili concerti tra cui due diretti da Daniel Barenboim con la sua Orchestra West-Eastern Divan: quello che abbiamo seguito il 18 agosto nella Großes Festspielhaus presenta un programma che unisce la tradizione austriaca a quella russa con in programma il Don Quixote di Richard Strauss e la Sinfonia n. 5 di Pëtr Il'ič Čajkovskij. L'Orchestra diretta da Barenboim si avvale per la prima parte dei due solisti Miriam Manasherov, alla viola e Kian Soltani al violoncello.
Il Don Quixote (Introduzione, Tema con variazioni e Finale), ovvero le Variazioni fantastiche sul tema di un cavaliere come l'ha denominato Strauss dietro Miguel de Cervantes, ovvero il cavaliere folle per i suoi sogni, i suoi mulini a vento, l'inguaribile amore per Dulcinea, si traduce, nel poema sinfonico di Richard Strauss terminato un anno dopo Also sprach Zarathustra, ovvero nel 1897, in una sfarzosa orchestrazione ove forte riecheggia il filo diretto con Wagner sia per la partitura sia per la necessità di avere ben 97 esecutori.
Il tema satirico o meglio la parodia tragicomica dell'eroe Don Chisciotte è chiaramente delineato dalla musica in cui il viaggio fantastico dell'eroe e le sue peripezie insieme al fido scudiero Sancho si articola in un tema e dieci variazioni, incorniciate da introduzione e finale. Il tema principale che delinea il carattere del protagonista, è affidato al violoncello solista, in questo caso Kian Soltani, nato a Bregenz nel 1992 da una famiglia persiana. Molto dotato, nel 2013 ha vinto l'International Paulo Cello Competition ad Helsinki e fa tournée con la West-Eastern Divan Orchestra e con Anne-Sophie Mutter, questo solo per citare due delle sue più importanti collaborazioni.
La solista alla viola è Miriam Manasherov, israeliana, classe 1981 e che dal 1999 collabora regolarmente con la West-Eastern Divan Orchestra come con la Israel Philarmonic Orchestra e che naturalmente gira per i festival più rinomati come il Luzerne Festival, per esempio. Non sono solo i due solisti però a sfoggiare un acceso virtuosismo, bensì, come vuole la partitura, tutta l'orchestra che, saldamente guidata da Barenboim, ci conduce nei viaggi astrali del cavaliere sognante.
L'ostinato del tema tragico principale che si ripete per tutto il tempo, digrada poi calmo e denso come per un mancato ristoro: il re minore sostanzia Don Chisciotte e la sua triste quanto onirica traversata; mentre il re maggiore, risuona attraverso la viola solista, il clarinetto basso e la tuba tenore, descrivendo il più logico, concreto e compassionevole Sancho Panza. Le variazioni essendo molte, riflettono sfaccettature tra lo scherzo ed il delirio, tra il sogno e l'incubo. Gli stridii violenti come il contrappunto vengono esaltati da Barenboim quanto dai solisti ed a tutta orchestra, virando quasi nella caotica atonalità. Grandissima prova per tutti, compreso il primo violino che ha apportato il suo raffinato sostegno riconosciuto da Barenboim insieme a quello dovuto agli altri solisti.
La Sinfonia No. 5 in E minor, Op. 64 di Pëtr Il'ič Čajkovskij è indimenticabile anche solo per il suo primo movimento: un Andante – Allegro con anima che fa rabbrividire, soprattutto nell'interpretazione così accurata, dai toni misterici per come distilla le sue lievi sfumature a cura di Daniel Barenboim: il tema melanconico del fato in mi minore, che si ravviva con il tema dipinto dal clarinetto e dal fagotto, in tonalità maggiore, semplice e pastorale, tornerà in rimandi successivi fino alla fine. L'Andante cantabile, con alcuna licenza, segue con l'intervento dialettico e in grazia di oboe e corno, illuminando serenamente la melodia: il grazioso trillo del clarinetto verrà riverberato dal tema del destino senza troppo turbamento. Nel Valse, Allegro moderato, del terzo movimento si nota la connessione stretta con le altre due opere del periodo (1888), il precedente poema sinfonico Manfred (1885); ed il balletto tratto dalla più famosa tra le fiabe di Perrault, ovvero La Bella addormentata. Qui infatti risuonano lievi, con partecipazione le danze che ammireremo sui palcoscenici di tutto il mondo con le coreografie di Petipa. In sordina, il tema del fato ancora risuona come memento che però si apre ad una speranza risolutiva nel quarto movimento Finale, qui l'Andante maestoso coniugato all'Allegro vivace chiosano come episodio felice la sinfonia prima della fine: la Patetica sesta ed ultima sinfonia foriera della scomparsa del più lirico tra i compositori russi.
Scrosci di applausi hanno richiamato più volte l'Orchestra tutta e Barenboim che generosamente ha offerto due bis da brivido: il primo era il Valse triste di Jan Sibelius ed il secondo dal nostro russo con la Polonaise tratta da Evgenij Onegin: un concerto maestosamente lirico.