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Filarmonica Romana. Tra fiori di loto e unicorni
Desideria, la rassegna estiva nei Giardini dell’Accademia Filarmonica Romana, che proseguirà fino al 15 luglio prossimo, ha presentato una doppia serata di concerti: il primo con l’omaggio al Giappone e alla sua musica con il Trio Kanon e il chitarrista Emiliano Gentili ed in collaborazione con l’Istituto Giapponese di Cultura. Il secondo, con le Chansons d’amour cantate dal soprano Damiana Mizzi, il violoncellista Roberto Mansueto e il pianista Marcos Madrigal.
Il primo concerto, intervallato se gradite con un aperitivo o post-aperitivo nel giardino della Filarmonica di Via Casella 118, ad una passeggiata da Piazzale Flaminio, si intitola Fiori di Loto, a prendere il titolo dal primo brano in scaletta di uno dei più celebri autori di musica classica contemporanea giapponesi: Toru Takemitsu (Tokyo 1930-1996), che compose questi Folios per chitarra solista nel 1974, interpretati da Emiliano Gentili, che si è diplomato al Conservatorio di Ferrara, sotto la guida di Stefano Cardi ed ha partecipato fra l'altro ad uno dei festival più notori per chitarra, il Festival Internacional Andrés Segovia, debutta su cd con Map Classics l'anno a venire.
I Folios di Takemitsu, che in inglese si riferiscono sia alle pagine numerate sia agli antichi libri in folio, scorrono proprio come pagine di haiku musicali appena sussurrati all'orecchio del vento che ne trasporta le parole. Il senso, tutto rivolto alla natura, di queste “impressioni” vivaci nel timbro e nel fraseggio, suggeriscono l'influenza dei colori di Debussy, financo nel terzo Folio, dove il ritmo si impenna quasi a profilare l'incertezza nella sintassi.
Il Trio Kanon, formato da violino, violoncello e pianoforte: rispettivamente la violinista giapponese Lena Yokoyama, il violoncellista Alessandro Copia ed il pianista Diego Maccagnola, è una sorta di “fiore musicale in bocciolo”, dato il significato delle due parole giapponesi Ka (fiore) e On (musica), i Fiori di Loto che danno il titolo al primo dei due concerti della serata. Il compositore che hanno scelto è giapponese, Toshio Hosokawa, nato a Hiroshima nel ‘55 ma con profonde influenze del primo Novecento più all'avanguardia: d'altronde ha studiato alla scuola di Darmstadt ed al Centre Pompidou, l'Ircam, ed i suoi autori di riferimenti – oltre ai classici – sono sicuramente Cage, Nono e Webern. Il suo Trio per violino, violoncello e pianoforte fa venire letteralmente i brividi per le dissonanze lancinanti del suo percorso, a delineare una ferita aperta dai glissando degli archi per finire in un rincorrersi caudato e proporre una sorta di horror vacui che i tre solisti presentano con una precisione quasi ossessiva.
Coraggiosamente, il trio di strumentisti ha affrontato un altro trio, del tutto classico, ovvero il Trio
in do maggioren. 2 op. 87 (1882) di Johannes Brahms, altrettanto difficoltoso da eseguire per dettagli e precisione: affiatati soprattutto nei due movimenti interni, ricchi di contrappunto, hanno offerto, all'accoglienza calorosa del pubblico, uno splendido bis da Dvorak: la sesta danza del Trio op. 90 Dumky (1891), un Lento maestoso che finisce in Vivace e che John Williams, ci informano, ha quasi copiato del tutto nel tema di E.T.
Il secondo concerto assume tutto un altro profilo per la dote canora e virtuosa della cantante, il soprano Damiana Mizzi, che ha studiato con Mariella Devìa e Renata Scotto ed ancora presso l’Accademia Rossiniana tenuta da Alberto Zedda. Ha debuttato con direttori come Muti e Renzetti in vari festival cantando come Lauretta in Gianni Schicchi e Despina in Così fan tutte, ha interpretato inoltre Rosina ne Il medico dei pazzi di Giorgio Battistelli.
Il repertorio che ha proposto insieme al violoncellista Roberto Mansueto, che suona un violoncello Gaetano Sgarabotto del 1929 ed il pianista Marcos Madrigal, è un excursus tra le Chanson d'amour, partendo da Alfredo Piatti, celebre per i suoi Capricci per violoncello e per essere virtuoso dello strumento. In questo caso Damiana Mizzi ha scelto The Lover's Appeal, che abbiamo tutti riconosciuto, ma il clou c'è stato con il Chant d'amour de la Dame à la Licorne, opera da camera con versi di Etienne de Sadeleer (1995) della compositrice rumena contemporanea Alexandra Liana (1947-2011), che trae le sue radici dall'amor cortese, riarrangiando perfettamente il materiale per una cantata moderna – anche Liana ha studiato a Darmstadt negli anni '80 come Hosokawa, ma c'è una rielaborazione completamente diversa degli stessi principi di quella scuola.
La virtuosità di Mizzi si è profondamente esposta in questa composizione divisa in sei parti, come ha spiegato all'inizio, con una prima parte introduttiva, la seconda dedicata alla vista, la terza all'udito, la quarta all'olfatto, la quinta al gusto e la sesta al tatto. Il famoso ciclo di sei arazzi medievali fiamminghi ed anonimi dipinti alla fine del 1500 e che rappresentano il mito dell'amor cortese per antonomasia con i suoi simboli precipui, della dama vergine con il casto ed eburneo unicorno, ha affascinato il poeta Rainer Maria Rilke – a livello pittorico vi sono pitture da Leonardo a Raffaello che raffigurano il soggetto – che ne scrisse nei Sonetti ad Orfeo: “Candido venne a una fanciulla incontro. E fu - per lei - nel suo specchio d’argento."
La parte canora della serata è proseguita con Daniele Carnini (1974) ed il suo The October night comes down scritto dall'autore, presente in sala, nel 2002 e con il Vocalise di André Previn, seguito dalle Four Songs (1994) che il compositore e celebre direttore d'orchestra ha tratto da quattro poesie della Nobel (1993) Toni Morrison: pietessa afroamericana. Le Four Songs sono state scritte appositamente per il violoncellista Yo Yo Ma e la cantate Sylvia McNeill: si compongono come in un percorso dalla mesta Mercy, passando la brilllante Stones, il sognante Shelter ed il lento e sospirato The Lacemaker. Come ultimo brano la romantica Chanson d'amour di Amy Beach (1867-1944), compositrice americana, avversata all'inizio dai suoi genitori nello studio della musica e che poi si è rivelata nel suo fulgore lirico.
I due bis acclamati da scroscianti applausi sono stati: A' vucchella di Tosti, tipica canzone napoletana ed un altro da un compositore tedesco di fine '800