Galaad. Lermontov, l'Albatro russo di Roberto Michilli

Articolo di: 
Livia Bidoli
Il prigioniero Lermontov

Alla fine di un viaggio si raccolgono i remi che, prima, muovevano il flusso dell'acqua e con loro tutto quel catalogo di emozioni e nozioni che si sono apprese durante il movimento dal noi verso il tu, il voi, l'Altro: questo Altro per Roberto Michilli è stato Michail Jur'evič Lermontov (Mosca, 1814 - 1841, Pjatigorsk). Il cammino di questo scrittore è stato ora racchiuso in una biografia prima di tutto poetica, delle gesta e dei versi, che vanno di pari passo, in questa perla russa, dal titolo emblematico di Il prigioniero, ed edito da Galaad, una casa editrice molto attenta alla cura dei dettagli, proprio come i suoi scrittori.

Poco più di un anno fa, a firma Roberto Michilli, e sempre per Galaad edizioni, è comparso un volume altrettanto portentoso, di poesie di Michail Jur'evič Lermontov, dal titolo Quaranta poesie (2014), che abbiamo ascoltato presentare dal suo autore al Centro Russo di Scienza e Cultura, per commemorare i 200 anni dalla nascita del poeta. Questo libro, come la raccolta di poesie, parte giustamente dalla morte di un altro poeta, il poeta di tutte le Russie: Aleksandr Puškin (1799-1937),  cui Lermontov dedica la poesia La morte del poeta, che stabilisce da quel momento in poi il legame con quest'ultimo e la sua stessa maturazione letteraria. Il destino avverso a lui come a  Puškin, lo condurrà alla morte in un duello esattamente quattro anni dopo la morte di Puškin, nel 1841. Accomunati anche dall'esilio/peregrinazione nel Caucaso, Puškin scriverà Il prigioniero del Caucaso (1820-21), omonimo titolo nel 1872 per quello di Tolstoj, e materiale intorno al rapporto conflittuale tra russi e Ceceni, che Lermontov racconta invece in Un eroe del nostro tempo (1840): prigionieri, in ultima analisi, appaiono entrambi i nostri poeti che, come rammenta Tolstoj riguardo a Lermontov: “Se fosse vissuto lui, non ci sarebbe stato bisogno né di me né di Dostoevskij” (Il prigioniero, di Roberto Michilli, p. 34).

Per Lermontov si tratta poi di una prigionia doppia ed anche postuma a livello biografico, constatata la difficoltà nel reperimento delle fonti dirette, per lo più andate disperse – solo 54 lettere sono giunte fino a noi (Ibid, p.26), molte bruciate da fidanzati, genitori, amanti, la Russia in cui viveva vietava anche la semplice espressione del desiderio femminile e la poesia Demone,a firma del poeta, suscitando tanto scandalo, ne è la prova – e le sue opere saranno pubblicate interamente da Boris Ejchenbàum solo fra 1935 e 1937. Questa di Roberto Michilli quindi, si può considerare la prima, esaustiva, biografia, ricca di fonti e di dettagli, al Byron russo e, nel suo modo di traversare le lande lermontoviane, ha la capacità del prosatore e del poeta che “come un soave angelo” fa risuonare le corde dell'anima dell'uno e dell'altro, del Lermontov poeta prima di tutto, e del Lermontov romanziere “del nostro tempo”.La Preghiera di Lermotov, pubblicata nel 1839 in Memorie patrie (Ibid, p. 429), descrive con levità questo coincidere fatale:

Vi è una forza benefica
nella consonanza di parole vive,
e si respira in esse
una incomprensibile e sacra grazia.

Michilli, come era desiderio di Lermontov, riesce a scacciare quella folla fatale che ritroviamo ne La morte del poeta (1837), il suo atto di consacrazione al verso come stigma di una vita:

Spesso, circondato da una folla etereogenea,
quando davanti a me, come in un sogno,
al suono della musica e della danza,
nel furioso mormorio di frasi fatte,
tremolano immagini di persone senz'anima,
maschere contratte dalla distinzione.

(Ibid, p. 438).

Quelle “maschere” che sovveniva nell'alta società, che tanto tormentavano il poeta, arruolatosi per sfuggire loro e la loro ipocrisia vacillante che: “spaventa il sogno mio, ospite intruso nella festa”. Un albatros dalle ali russe Lermontov, che nella sua imperitura dignità dipinse una speranza, già da adolescente (Quando nella rassegnazione dell'ignoranza..., 1831, pp. 624-625) forse adombrando un sentiero di disgrazia quanto di avventura:

Ma in noi esiste un sentimento santo:
la Speranza, divinità dei giorni futuri;
nell'anima in cui tutto è terrestre,
ella vive, a dispetto delle passioni;
ella è garanzia che esiste ancora
in Cielo o in un altro deserto
un luogo dove l'amore
ci compaia dinanzi come un soave angelo
e dove il suo ribelle struggimento
l'anima non possa più sentire.

(Trad. di Wolf Giusti).

L'ho citata a lungo perché, a mio avviso, riassume molto abilmente quelle due tensioni che connaturavano l'uomo ed il poeta Lermontov, verso il Cielo e verso l'Inferno, in un matrimonio di stampo blakiano che solo altri poeti e l'uomo elevato dall'amore, possono comprendere, in una visione alchemica che tutto traduce in un fermento di vita, come le pagine di Roberto Michilli sprigionano, liberando per sempre il Poeta dal suo stesso giogo.

Le traduzioni, se non esplicitato diversamente, sono tutte a cura di Roberto Michilli.

Pubblicato in: 
GN13 Anno VIII 4 febbraio 2016
Scheda
Autore: 
Roberto Michilli
Titolo completo: 

Il prigioniero
La vita, il tempo e le opere di Michail Jur'evič Lermontov
Galaad Edizioni
800 pagine
15x23 cm
30 €