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Genova GOG. Il puro linguaggio di Tom Koopman
Lunedì 24 novembre, nell'ambito della Stagione 2014/2015 della GOG, al Teatro Carlo Felice di Genova, Tom Koopman, alla guida dell'Amsterdam Baroque Orchestra & Choir, ha regalato al pubblico che riempiva il teatro in ogni spazio disponibile uno straordinario concerto mozartiano.
La sola lettura del programma provoca un fremito di emozione: il Requiem K626, L'Ave Verum Corpus K618 e la Messa K317 “dell'Incoronazione”.
Ascoltando il concerto, in particolar modo con un'esecuzione così bella e coinvolgente, emerge un pensiero: quale dev'essere, o meglio “può” essere l'atteggiamento di colui che, ascoltando, deve in qualche modo “criticare”, nell'accezione tipica del termine, relazionare cioè sull'esecuzione di uno o più brani ed esprimere una valutazione sulla perizia degli esecutori.
Un atteggiamento del genere con Mozart è già molto complicato, diventa molto difficile, se non impossibile, se la sua musica è proposta da artisti del calibro di Koopman.
Il procedimento “critico” allora potrebbe forse diventare un tentativo di trasmettere e condividere l'emozione che esecuzioni del genere hanno prodotto nel pubblico, e cercare di trovare, nell'ascolto, elementi che possano generare queste emozioni.
Sarebbe facile ricordare e sottolineare la genesi del Requiem, diventata quasi leggendaria, e creare un atteggiamento di malinconico stupore sull'ulltima composizione del maestro in fin di vita, ma Mozart non merita un atteggiamento del genere. La sua musica è in ogni caso puro linguaggio dell'anima che parla all'anima dell'ascoltatore.
Koopman appartiene a quella categoria di musicisti che per molto tempo sono stati identificati e legati, a ragione e con merito, ad un determinato repertorio, quello barocco, nel quale ha lasciato testimonianze interpretative che hanno fatto scuola.
Così come altri protagonisti del barocco (Hogwood, Harnoncourt, i Freiburger) ad un certo momento della propria carriera si sono avvicinati, o hanno ritenuto di potersi avvicinare, ad un autore come Mozart, in ogni occasione con risultati straordinari.
Noi amiamo molto la lettura che questi artisti, così come ha fatto Koopman in questo concerto, fanno del repertorio mozartiano. La frequentazione del linguaggio strumentale e timbrico del barocco porta ad un gusto per una pulizia di suono, di chiarezza nel fraseggio, sia strumentale che vocale, che probabilmente è molto più vicino alla sensibilità dello stesso autore e degli esecutori del suo tempo di quanto non siano letture condizionate da quanto, dopo Mozart, il linguaggio musicale aveva prodotto.
L'apparente e disarmante semplicità mozartiana diventa così, con una visione come quella che Koopman ha proposto, evidente in tutta la sua geniale unicità, senza perdere nulla in termini di freschezza, bellezza ed emozione.
Ecco allora che composizioni senza dubbio votate ad una pensierosa visione dell'esistenza terrena e di quanto ci attende al termine del percorso di vita come può essere un Requiem, ed in particolar modo il Requiem mozartiano, con un'esecuzione del genere sono ancora più emozionanti, ed ogni sezione (senza cadere nella sterile elencazione di quante battute siano effettivamente originali o ricostruite) diventa un passo di un percorso, di un cammino di un pellegrino che riflette sulla propria esistenza di fronte al giudizio divino, senza dimenticare che Mozart, pur avendo scritto brani straordinari di musica sacra e pur essendo molto attratto da questo genere, aveva e viveva una religiosità particolare e personale, in apparenza distaccata ma molto profonda nella sua considerazione dei valori essenziali dell'animo umano e della spiritualità e del rapporto con la morte.
Ottimi i solisti Johannette Zomer, soprano, Bogna Bartosz, contralto, Jörg Dürmüller, tenore e Klaus Mertens, basso, perfettamente calibrati timbricamente e protagonisti delle loro sezioni con sorridente e gioiosa consapevolezza.
L'orchestra, con un organico essenziale per quanto riguarda gli archi e con l'aggiunta dei fiati in raddoppio come richiesto da questo genere di partiture, ha esaltato quella visione nitida e e pulita del fraseggio e delle dinamiche al quale si accennava in precedenza, guidata da un Koopman trascinante, sorridente e con gesto personalissimo. E difficile fare graduatorie di valore per le varie sezioni del Requiem con esecuzioni come questa, ma non si può non sottolineare la carica emotiva e l'efficacia del “Domine Jesu Christe”, eseguito più velocemente di quanto forse ci si aspetta, abituati ad altre esecuzioni, ma proprio per questo ancor più esaltante per la precisione ed il nitore.
Con una prima parte così importante e splendidamente eseguita qualsiasi altra scelta avrebbe vissuto di luce riflessa. Koopman ha voluto invece continuare ad inebriare il pubblico con l'esecuzione del magico “Ave Verum Corpus” K618, anch'esso scritto pochi mesi prima della morte, nel quale la capacità mozartiana di utilizzare le voci umane in un tessuto armonico e timbrico inconfondibile ed inimitabile raggiunge vertici assoluti.
Koopman ha guidato gli esecutori in un'esecuzione emozionante, nella quale il coro ha confermato le qualità e la bravura che lo collocano ai vertici mondiali.
Ultimo brano in programma la Messa K317 “Dell'incoronazione”, opera del 1779 e destinata al pubblico salisburghese, che ha stemperato ed allentato le forti emozioni degli altri brani con la sua visione positiva del sentimento religioso, pervasa da un clima sonoro corposo ma non assordante, in perfetta sintonia con la concezione mozartiana della possibilità di rapportarsi al divino con gioia e non necessariamente con un sentimento di contrita soggezione, salvo rivelare, nell'unico adagio della messa, l'”Et incarnatus est”, come sia possibile scavare nell'intimo senza eccessi retorici.
Pubblico entusiasta al termine del concerto, dieci minuti applausi, ripetute chiamate in scena per direttore e solisti e concessione come bis di un'ulteriore esecuzione dell'Ave Verum, eseguito in questo caso con dinamiche ancor più rarefatte e, se mai possibile, ancor più affascinante dell'esecuzione sentita poco prima in concerto.
Mozart è così: ti conduce per mano nel suo universo e ti fa sentire partecipe ogni volta di un sentimento di gratitudine che l'umanità ha nei suoi confronti per aver dimostrato che è possibile parlare direttamente all'anima, e concerti come questo lo confermano.