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La tenera favola GGG (In originale: The BFG: the Big Friendly Giant) di Roald Dahl trova nelle mani di Steven Spielberg e della produzione Disney una tavolozza di colori e di azioni che è andata ben aldilà delle nostre aspettative: un film che racconta di come un “piccolo” gigante avversato dai “bulli” e brutti titani della sua stessa etnia, giganti alti e grossi il doppio di lui,  si ribella e viene aiutato da una piccola bambina che di notte lo ha portato in questa terra non tanto distante dalla Londra che conosciamo.

Un grande attore di provenienza teatrale come Mark Rylance è il GGG, il Grande Gigante Gentile che la piccola Sophie, interpretata dalla simpatica bambina di 9 anni Ruby Barnhill, incontra di notte mentre si aggira intorno all'orfanotrofio che la ospita. Un enorme ombra si staglia e poi compare questo vecchietto spilungone che agilmente si introduce nelle case dei dormienti per introdurvi qualcosa che solo più tardi Sophie scoprirà, nella sua fucina laboratorio di sogni.

A differenza dei suoi compagni giganti, GGG, chiamato così da un altro piccolo amico “umano”, non si ciba di bambini bensì di cetrionzoli, ovvero grossi cetrioloni ammuffiti e parla – grazie alla discinta e divertente linguisticamente, sceneggiatura di Melissa Mathison – il Gobblefunk, un dialetto che “stropiccia” l'inglese moderno e fa ridere la bambina che invece legge Nicholas Nickelby di Charles Dickens.

In questo pot-pourri fiabesco che si nutre di benevolenza, generosità, fantasy lanciata all'ennnesima potenza e tante lucine colorate in tema strettamente natalizio, questo libriccino di Dahl del 1982 – che nel 1989 era diventato un film di animazione intitolato Il mio amico gigante - per bimbi ed adulti non troppo inariditi dall'attualità e dalla contingenza, rivive tra personaggi umani e virtuali, e la presenza della Regina interpretata gustosamente da Penelope Wilton, per un classico scioglimento e citazioni dal regno di Brobdinag creato dai Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift. Estremamente godibile per tutti: da vedere in compagnia di adulti ancora incantati dalla “sospensione dall'incredulità”, tipica delle persone naïf che si godono la vita a piene mani.