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Un giorno di regno di Verdi a Montepulciano. Il brioso Belfiore diretto da Böer
Il 15 luglio 2010 è iniziato il 35° Cantiere Internazionale d'arte di Montepulciano al Teatro Poliziano con la rappresentazione di Un giorno di regno ossia Il finto Stanislao di Giuseppe Verdi; Roland Böer ha magistralmente diretto l'orchestra del Royal Northen College of Music Manchester riscuotendo un trionfale successo.
Un giorno di regno è la seconda opera composta da Verdi ed è raramente rappresentata a causa di una ingenerosa valutazione critica e dell'aura sinistra che la circonda causata dai luttuosi eventi che, in successione in due anni, colpirono Verdi: la morte prima dei due figli ancora molto piccoli ed in seguito della moglie.
Un giorno di regno ossia Il finto Stanislao, melodramma giocoso su libretto di Felice Romani, tratto da Le faux Stanislas di Alexandre Pineux-Duval, andò in scena alla Scala di Milano il 5 settembre 1840 e fu un fiasco clamoroso, ebbe una sola recita e fu sostituita dalla prima opera di Verdi, l'Oberto conte di San Bonifacio. Successivamente l'opera ebbe successo a Venezia (1845), Roma (1846) e Napoli (1859). I fattori che concorsero a all'insuccesso scaligero sono diversi: il libretto di Romani, ben lontano dalla raffinata comicità del suo Il turco in Italia scritto per Rossini, il fatto che lo stesso testo era già stato musicato con scarso successo e soprattutto i cantanti non adatti ad interpretare ol genere buffo. A questo si aggiunge che Verdi fu costretto dalle nuove esigenze dell'impresario a comporre un' opera comica in tre mesi.
Il libretto si basa su un fatto realmente accaduto, legato alle vicende di Stanislao Lezczynski, che nel 1733 attraversò in incognito la Polonia per poi rivelarsi e diventare re. Il protagonista, il cavaliere di Belfiore, si finge re, su ordine reale, per sviare i sospetti sul ritorno in incognito del sovrano e si fa ospitare dal barone di Kelbar. Le circostanze e la sua astuzia gli consentiranno di favorire il matrimonio suo e con la marchesa del Poggio, nipote del barone, e quello di Giulietta, figlia di Kelbar e di Edoardo.
L'opera è molto interessante in quanto, nonostante le innegabili influenze, provenienti da Rossini e Donizetti, emergono già evidenti le caratteristiche musicali e drammaturgiche che Verdi poi svilupperà nelle successive partiture. Dopo una sinfonia vivace che dà inizio alla vicenda, l'opera si svolge con una prevalenza numerica dei pezzi di insieme sulle arie, che imprimono ritmo alla vicenda. Nel duetto tra Belfiore, baritono con caratteristiche già tipicamente verdiane ed Edoardo (tenore) 'Proverò che degno io sono' del primo atto, c'è quell'irruenza tipica del periodo giovanile, come nel terzetto Giulietta (mezzosoprano), Edoardo e la marchesa 'Bella speranza invero', troviamo tutta la forza espressiva e l'impeto delle opere successive.
La vocalità del tenore con l'aria e la cabaletta del secondo atto in cui nella cadenza c'è un raro Do scritto dal musicista è legata al Bel Canto ma con la tensione e l'irruenza del giovane Verdi, anche quella della marchesa del Poggio (soprano), con le agilità di forza e l'ampiezza della tessitura, anticipa quella di Abigaille del successivo Nabucco e delle eroine del primo periodo verdiano. C'è già, inoltre, l'attenzione ad una vocalità che si adatta al dialogo presente nella schermaglia amorosa tra Belfiore e la marchesa., così come l'abilità drammaturgica già emerge nell'interessante quintetto in cui Belfiore, il barone e il tesoriere discutono di strategia militare mentre Giulietta ed Edoardo parlano del loro amore.
Verdi non scrisse più opere buffe fino al Falstaff ma la sua ironia non nasce con l'ultima opera ma è già presente, come nel duetto tra il barone e il tesoriere del primo atto 'Diletto genero a voi ne vengo'. Il sestetto che chiude l'atto primo 'In qual punto il re ci ha colto', anticipa le scene di forte tensione drammatica come quella che chiude il primo atto di Ernani (quinta opera). Un giorno di regno è un opera che presenta motivi di interesse, in quanto non solo si intravede il successivo sviluppo artistico, ma è anche divertente e di piacevole ascolto.
La regia dello spettacolo è stato un sicuro punto di forza grazie anche alla scena, di Guia Buzzi, funzionale ed essenziale, bianca con specchi, su cui risaltavano i bei costumi di Caterina Visconti di Modrone. L'opera si è avvalsa della regia coinvolgente ed ironica di Nicola Berloffa, ricca di trovate che hanno abilmente aggirato il problema dello spazio ristretto e dei mezzi economici limitati. C'è stato un grande affiatamento tra regista e direttore d'orchestra manifestatosi anche in piccoli episodi come quando Böer ha cantato, con grande ironia, la brevissima parte del messaggero e ha lanciato il messaggio come un aeroplanino.
Roland Böer ha esaltato e sottolineato tutti gli aspetti della partitura verdiana con una direzione briosa, ricca di impeto e vivacità; avendolo ascoltato l'anno scorso nell'interpretazione delle danze del Macbeth, riteniamo che il suo temperamento artistico lo renda particolarmente adatto all'esecuzione delle opere di Verdi. Il cast dei cantanti, selezionato con numerose audizioni effettuate da Böer, è risultato di buon livello e omogeneo. Segnaliamo: Marco di Sapia perfettamente a suo agio nel ruolo di Belfiore e le interessanti voci di Yun Jung Choi nel difficile ruolo marchesa del Poggio e Romolo Tisano in quello di Edoardo. Abbiamo ascoltato il debutto e anche la seconda replica del 18 luglio in cui Francesco Paqualetti ha ben figurato sostituendo Böer; il grande successo riportato ha spinto, in entrambe le recite a bissare il finale, evento molto apprezzato dal pubblico presente.