Itaca. Il ritorno. Un’Odissea senza dei: il ritorno all’essenza dell’umanità

Articolo di: 
Teo Orlando
Itaca Il ritorno

Con Itaca. Il ritorno, il regista Uberto Pasolini dall'Onda (già noto come produttore di Full Monty e per aver realizzato film come Still Life e Nowhere Special), ci offre una rilettura radicale dell’epopea di Omero, spogliandola di mostri, magie e interventi divini. Il regista compie una scelta ben precisa: preferisce concentrarsi sull’intima umanità dei protagonisti, riservando solo alla fine le scene d'azione e costruendo un dramma universale che parla di perdita, speranza e riconciliazione. L’assenza degli dèi, elemento centrale dell’Odissea, è qui una decisione programmatica che segna il distacco dalla tradizione epica: la storia si trasforma in un viaggio psicologico, privo di sovrannaturale, dove gli uomini affrontano il peso delle proprie decisioni senza il conforto o l’intromissione del divino.

L'assenza degli dèi non è priva di conseguenze, anche se nel vedere l'atteggiamento dei protagonisti verso la dimensione del soprannaturale viene in mente una battuta di un personaggio della commedia I cavalieri di Aristofane, citato, inter alios, da Søren Kierkegaard: interrogato sull'esistenza degli dèi, Nicia risponde positivamente, ma con una soluzione fulminante: gli dèi esistono "perché mi perseguitano ingiustamente" (v. 33). Del resto, lontano dalla protezione di Atena o dall'ira di Poseidone, Odisseo (splendidamente interpretato da un "sofferente" Ralph Fiennes) si presenta come un uomo distrutto dalla guerra, segnato da un senso di colpa che lo avvicina più ai protagonisti della tragedia shakespeariana che all’eroe invincibile cantato dai rapsodi. E per molti versi il film sembra un compromesso nobile tra lo spirito della tragedia antica, di marca sofoclea, e le tragedie di Shakespeare.

La Penelope di Juliette Binoche, tormentata da un'incertezza che non esiteremmo a definire "amletica", incarna una donna moderna, combattuta tra l’amore per un marito idealizzato e la dura realtà della sua lunga assenza. Telemaco, interpretato da Charlie Plummer, affronta la ricerca della propria identità senza il sostegno di un padre-eroe, rendendo il suo viaggio verso la maturità dolorosamente autentico, con toni che richiamano la sezione chiamata Telemachia nello Ulysses di James Joyce, dove il ruolo di Telemaco è affidato al giovane Stephen Dedalus, artista squattrinato alla ricerca della sua identità.

Un altro elemento distintivo del film è l’uso dell’inglese aulico, una scelta che eleva i dialoghi a un livello quasi teatrale. Questa lingua solenne e ritmica, che evoca le atmosfere delle tragedie shakespeariane, trasforma l’Odissea in un dramma quasi rinascimentale. I personaggi, pur calati in un contesto epico, sembrano animati da conflitti interiori e dilemmi morali che richiamano figure come Macbeth o Re Lear. La sceneggiatura, curata da Pasolini insieme a John Collee ed Edward Bond, abbraccia un registro che amplifica la tensione emotiva, senza mai scadere nell’enfasi gratuita.

Questo uso del linguaggio è particolarmente evidente nei confronti tra Odisseo e Penelope, dove ogni parola sembra carica di sottintesi, rimpianti e speranze represse. Le interpretazioni intense di Ralph Fiennes e Juliette Binoche riescono a dare vita a un dialogo che oscilla tra il rimprovero e la riconciliazione, restituendo la complessità di un rapporto segnato dalla distanza e dal tempo. E Penelope è l'unica figura femminile di rilievo. Nel film, l’assenza di Atena priva Odisseo di una guida divina, rendendolo vulnerabile e solo di fronte ai suoi nemici.

Anche le scene dell'effettivo ritorno sono prive di predestinazioni o di profezie: Odisseo torna solo grazie alla sua tenacia: il ritorno non è trionfo, ma riconquista dolorosa. Anche la celebre scena del riconoscimento tra Odisseo e il cane Argo, commovente nell’Odissea, è nel film un momento di intenso silenzio che sottolinea la fragilità del legame con il passato. Questo momento, inoltre, richiama con forza un passo della novella L'immortale di Jorge Luis Borges, dove un Omero eterno, tra le nebbie del ricordo, riscopre i versi su Argo che aveva scritto mille anni prima. La memoria del mito, in Borges come in Pasolini, si rivela un ponte fragile ma potente verso l’identità perduta.

Anche il famoso verso del libro XXI dell'Odissea (“Così senza sforzo tese il grande arco, Odisseo/Poi con la mano destra pizzicò e provò il nervo/che bene gli cantò sotto, simile a grido di rondine”, vv. 409-411), nel film, diventa una metafora della riconquista della propria identità da parte di Odisseo. Nel confronto con l’Odissea, il film richiama anche il mondo shakespeariano. Il duello tra Amleto e Laerte in Amleto (Atto V, Scena II) può essere accostato alla scena in cui Odisseo affronta i Proci. In entrambe le opere, il confronto fisico è il culmine di tensioni emotive e morali: “I am justly killed with mine own treachery” (Io sono stato giustamente ucciso dal mio tradimento), esclama Laerte riconoscendo il proprio errore. Nel film, la lotta con i Proci diventa una resa dei conti simbolica, in cui Odisseo deve affrontare non solo i suoi nemici, ma anche il senso di colpa e il peso delle proprie scelte.

La Penelope di Juliette Binoche si distingue per la sua modernità, rappresentando una donna intrappolata tra il desiderio di proteggere suo figlio e la speranza del ritorno del marito. Invece, la Penelope interpretata da Irene Papas nel classico L’Odissea (1968) è più fedele al modello omerico, incarnando con rigore la moglie paziente e devota, quasi un’allegoria della fedeltà. Paradossalmente, la fedeltà assoluta al testo originale di Irene Papas sembra smentire il principio metafisico di identità, sfidando con ironia l’idea che un personaggio debba evolversi per rimanere autentico. Questa differenza sottolinea il coraggio del film di Pasolini nell’adattare i personaggi alle esigenze narrative e psicologiche del pubblico contemporaneo. "ἀλλά μοι ὧδ' ἀνὰ θυμὸν ὀΐεται, ὡς ἔσεταί περ·/οὔτ' Ὀδυσεὺς ἔτι οἶκον ἐλεύσεται, οὔτε σὺ πομπῆς/τεύξῃ, ἐπεὶ οὐ τοῖοι σημάντορές εἰσ' ἐνὶ οἴκῳ, ("Ma così mi dice il cuore, e così sarà: / Odisseo non tornerà più a casa, né tu avrai una scorta, / poiché in questa casa non ci sono guide come lui.", Odissea, XIX, 312-315). Queste parole, pronunciate dalla nutrice Euriclea a Penelope, riflettono la disperazione e la rassegnazione che caratterizzano gran parte del film. Penelope incarna questa lotta tra speranza e disillusione, tra fede e realtà.

Il capitolo “Odisseo, o mito e illuminismo” della Dialettica dell'illuminismo di Theodor Wiesengrund Adorno e Max Horkheimer offre una lente critica per analizzare il film. Gli autori descrivono l’Odissea come un racconto di emancipazione: Odisseo incarna l’uomo moderno che si affranca dalla natura attraverso l’astuzia e il dominio della razionalità. Pasolini, tuttavia, sembra spingere questa interpretazione oltre,
presentando un Odisseo che ha perso anche l’illusione del controllo: la guerra lo ha disumanizzato, e il ritorno a casa non è una vittoria, ma un confronto con le macerie lasciate dietro di sé.

Questa lettura si inserisce nel progetto più ampio di Adorno e Horkheimer, secondo cui il progresso illuminista si accompagna a un processo di disincanto, in cui gli uomini perdono il contatto con il mito e con la dimensione trascendente dell’esistenza. In Itaca. Il ritorno, la sparizione degli dèi segna proprio questo disincanto, lasciando i protagonisti nudi di fronte alla crudezza della loro condizione
umana.

Itaca. Il ritorno è un film che osa sfidare le aspettative, reinterpretando un classico senza tempo con una sensibilità moderna. L’assenza degli dèi, l’uso di un linguaggio aulico e la centralità dei conflitti interiori trasformano l’Odissea in una tragedia contemporanea, che parla direttamente al nostro tempo. Uberto Pasolini ci invita a guardare oltre il mito, scoprendo l’umanità che si cela dietro la leggenda.

Pubblicato in: 
GN13 Anno XVII 3 febbraio 2025
Scheda
Titolo completo: 

Itaca. Il ritorno

Titolo originale:    The Return
Paese di produzione:    Italia, Regno Unito
Anno:    2024
Durata:    116 minuti
Genere:    drammatico
Regia:    Uberto Pasolini
Soggetto:    Odissea di Omero
Sceneggiatura:    Uberto Pasolini, John Collee, Edward Bond
Produttore:    Uberto Pasolini, James Clayton, Roberto Sessa, Konstantinos Kontovrakis
Produttore esecutivo:    Ralph Fiennes, Giorgos Karnavas, Torsten Poeck, Andrew Karpen, Kent Sanderson, Nicholas Sandler, Keith Kehoe
Distribuzione in italiano:    01 Distribution
Fotografia:    Marius Panduru
Montaggio:    David Charap
Musiche:    Rachel Portman
Scenografia:    Giuliano Pannuti
Costumi:    Sergio Ballo

Interpreti e personaggi

Ralph Fiennes: Odisseo
Juliette Binoche: Penelope
Charlie Plummer: Telemaco
Tom Rhys Harries: Pisandro
Marwan Kenzari: Antinoo
Claudio Santamaria: Eumeo
Ayman Al Aboud: Indio
Amir Wilson: Filezio
Francesco Bianchi: Anfimedonte
Nicolas Retrivi: Eleno
Adel Ahmed: Agelaus
Bruno Cassandra: Promaco
Maxim Gallozzi: Dulicheus
Stefano Santomauro: Thoas

Uscita al cinema 30 gennaio 2025