Teatro Vascello. Moby Dick, il Daimòn Bianco

Articolo di: 
Livia Bidoli
Moby Dick

Dal testo Moby Dick alla prova che Orson Welles ha riadattato dal romanzo di Herman Melville Moby Dick (Moby-Dick; or, The Whale) pubblicato nel 1851, il demiurgo Elio De Capitani ha riformulato, per il palcoscenico dell'Elfo Puccini di MIlano, questo romanzo dedicato alla relazione tra il mare ed il Capitano Achab, e tra lui e la grande balena bianca, soprannominata Moby Dick. La produzione di questo spettacolo di dimensioni corali vede associati il Teatro dell’Elfo e il Teatro Stabile di TorinoTeatro Nazionale, ed è approdato al Teatro Vascello di Roma per un sold out dall'11 al 16 marzo.

Dedicato da Melville all'amico e scrittore Nathaniel Hawthorne, Moby Dick deriva da due episodi cruenti che videro un primo capodoglio urtarsi contro la baleniera Essex a Nantucket – da dove proviene la nave Pequod governata dal capitano Achab –  e le leggendarie nonché feroci aggressioni alle baleniere da parte di un capodoglio albino di nome Mocha Dick. Su quest'ultima balena ha infatti documentato l'esploratore Jeremiah N. Reynolds in un resoconto, Mocha Dick or the White Whale of the Pacific, che potete leggere qui in originale. Il nome Mocha proviene da un'omonima isola del Cile.

La scelta di Elio De Capitani sulla versione di Orson Welles del 1955 è basata sul testo Moby Dick alla prova che Welles ha riadattato dal romanzo di Hermann Melville Moby Dick (Moby-Dick; or, The Whale) pubblicato nel 1851; il demiurgo Elio De Capitani ha riformulato, per il palcoscenico dell'Elfo Puccini di MIlano, questo romanzo dedicato alla relazione tra il mare ed il Capitano Achab, e tra lui e la grande balena bianca soprannominata Moby Dick. La produzione di questo spettacolo di dimensioni corali vede associati il Teatro dell’Elfo e il Teatro Stabile di TorinoTeatro Nazionale, ed è approdato al Teatro Vascello di Roma per un sold out dall'11 al 16 marzo.igmatica: Welles stesso fu ossessionato dal romanzo di Melville e ne scrisse un adattamento che inizia con parafrasi dal King Lear di Shakespeare in una sorta di "recitazione a soggetto" di stampo pirandelliano. Chi è quind Moby Dick, per Welles, per Achab, per Elio De Capitani?

Un mostro, un Daìmòn bianco che risiede come un'ombra massiccia che spunta tra le vele del Pequod, la baleniera del Capitano armata soltanto per darle la caccia, oppure un messaggero divino della sua stessa morte, come fece la tempesta con Re Lear?

La nave Pequod, il cui nome proviene da un'altra stirpe di emarginati, i nativi americani, ovvero gli indigeni la cui origine è stata espropriata financo nel nome - bisogna aggiungere "nativi" poichè si identificano gli statunitensi come "americani" - accoglie una stirpe di "dannati", di esuli come il nome stesso del narratore in prima persona Ishmael, racconta: il figlio rigettato da Abramo poichè avuto dalla schiava Agar; e lo stesso Achab, che si emargina da sé dalla moglie e dal figlio che lo attendono a Nantucket, perfettamente incarnando la maledizione che porta nel suo nome, l'idea ossessiva ed incurabile della vendetta contro la Bestia, il Pesce, come chiamato dal primo ufficiale Starbuck. Quest'ultimo perseguita Achab col suo contrapporsi, in veste di ragione, rimproverandogli di inseguire un animale, un grosso capodoglio che sta solo difendendosi istitntivamente mentre lui, Achab lo vede come la personificazione del Male. 

Tradotto dalla poetessa Cristina Viti, il copione di Welles emerge come dai flutti, citando la prima scena el Re Lear con Cordelia che ribatte a suo padre che "lo ama secondo ciò che gli deve come figlia", rispondendo alla divisione del regno come deve, senza lustrarlo solo per un pezzo di regno in piu'. E lui che non comprende e le risponde: "Dal niente nasce niente!, livellando sullo stesso piano l'amore e la gerarchia nel regno, due sistemi incompatibili. Lear è un pò Achab e viceversa: Achab è un capitano gerarca, che pretende la lealtà all'estremo sulla caccia alla balena e promette dobloni d'oro a chi l'avvista e la cattura insieme a lui. In fondo però ha un cuore, e lo chiama Pip, il giovane mozzo impazzito per un incidente quasi mortale e che somiglia tanto a Edgar, il figlio legittimo e amorevole del Duca di Gloucester in Re Lear, colui che segue il padre e Lear nella tempesta travestito da Povero Tom, un barbone scemo e povero.

Nella resa scenica dell'Elfo Puccini con De Capitani si respira un clima da primi del Novecento, quando gli scioperi erano vietati e si rischiava la vita sul luogo di lavoro e per i propri diritti e la dignità lavorativa: e così ad un certo punto sembra quasi di sentire il famoso canto dello sciopero degli operai del tessile del New England, Bread and Roses che fu duramente represso e causò la morte di tre lavoratori tra i canti marinari, i Sea Shanties che cantano in oirignale gli attori della compagnia, immergendo lo spettatore in seno al trambusto di una nave nei flutti dell'Oceano Pacifico. Ed anche il canto marinaio rivisto e e attualizzato da Nathan Evans ne dà, di converso, un'idea con The Wellerman .(canzone tradizionale neozelandese del 1860-1870 cantata dai marinai sulle navi baleniere). In proposito lodiamo il merito per le canzoni dal vivo di Mario Arcari diretti da Francesca Breschi (vibranti rielaborazioni degli sea shanties).

D'altronde come non pensare ai Four Sea Interludes dall'opera capitale di Benjamin Britten, Peter Grimes, eseguita per la prima volta nel 1945, che è ispirata al poema The Borough (1810) di George Crabbe: altro outcast, emarginato che lavora come pescatore cui è morto il giovane mozzo, - un "Pip", quello di Moby Dick, ante literam che ci fa pensare anche al Pip di Great Expectations (1861) di Charles Dickens - e contro il quale si indice un processo. Peter Grimes però non è un dterminato "sterminatore" come Achab, e per questo bisogna richiamare Der fliegende Holländer (L’Olandese volante) di Richard Wagner, il cui mito trae ispirazione dal Wandering Jew, l'ebreo errante che rise in faccia a Cristo sulla via della Passione, che prima di Wagner fu tradotto in poema romantico da Samuel Taylor Coleridge in "The Rime of the Ancient Mariner" (1798), che viene alfine redento con l'espiazione della colpa ripetendo la sua storia, mentre l'Olandese volante, essere demoniaco, si perde tra i flutti di un maelström come Achab dietro alla sua balena.

In fondo Achab cerca la morte, quello stesso segno bianco che porta come gamba di legno, essendo stata tranciata da Moby Dick in una lotta contro l'arpione: e colore della morte per la tradizione orientale, come in Cina, Giappone e Corea è il bianco, colore che riflette tutti gli altri, come spiega il prisma di Goethe.

Moby Dick domina la scena anche in absentia fin dall'inizio, ed è alla fine però che agita il fondale con il roboare della sua cinetica fluttuante con i drappi su scala di grigio: un modo di evocare l'enorme balena con tutti gli attori sul palco a riempire la Pequod degli ultimi canti e urla prima di essere inghiottiti nell'abisso.

Una lode cum passione al dominatore Achab/Mapple- Elio De Capitani ed alla sua perizia nello scegliere e guidare gli straordinari attori del suo seguito: Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile, Giulia Viana, Vincenzo Zampa.

Il pubblico ha riempito il Teatro Vascello per tutte le rappresentazioni, in particolare quella di sabato 15 marzo ed ha applaudito per almeno dieci minuti di fila la performance assolutamente d'eccellenza per un capolavoro tale quale. 

Pubblicato in: 
GN19 Anno XVII 17 marzo 2025
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Vascello - Roma
stagione 2024-25

dall’11 al 16 marzo
dal martedì al venerdì h 21, sabato h 19 e domenica h 17
MOBY DICK ALLA PROVA
di Orson Welles

adattato – prevalentemente in versi sciolti – dal romanzo di Herman Melville
traduzione Cristina Viti
uno spettacolo di Elio De Capitani
costumi Ferdinando Bruni
musiche dal vivo Mario Arcari, direzione del coro Francesca Breschi
maschere Marco Bonadei, luci Michele Ceglia, suono Gianfranco Turco

con Elio De Capitani
e Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile, Giulia Viana, Vincenzo Zampa, Mario Arcari

coproduzione Teatro dell’Elfo e Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

durata 2 ore e 20 minuti + intervallo

Lo spettacolo è dedicato alla memoria di Gigi Dall’Aglio