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Teatro Regio di Torino. La casa fluttuante dell'Olandese
A Torino è tornato Der fliegende Holländer (L’Olandese volante) di Richard Wagner nell’allestimento simbolico del 2012 a cura di Willy Decker. Allora lo aveva diretto il Maestro Gianandrea Noseda, che per ben undici anni è stato il direttore musicale dell'opera torinese (fino al 2018), in questa particolare versione il podio dell’Orchestra e Coro Teatro Regio e del Coro Maghini sono nel baton di Nathalie Stutzmann. La prima del 17 maggio è stata affollata e le repliche sono andate avanti fino al 26 maggio.
La prima stesura di Der fliegende Holländer (L’Olandese volante), Richard Wagner la stese nel 1840, ultimandola nel 1841, sottoponendola a cambiamenti fino alla prima del 1843 a Dresda il 2 gennaio. Questa versione originale fu rimaneggiata per almeno vent'anni, finchè non si incatenò a quel percorso di “redenzione” che afferma il suo apice col Tristan und Isolde e la trasfigurazione finale nel sacrificio ultimo di lei, esattamente come abbiamo visto nella versione di Decker: quello scelto da Senta gettandosi dalle rocce in mare per salvare il “dannato” Olandese dalla sua maledizione.
La condanna, che Senta, la protagonista, presagisce in quella che, prima cantata da Mary a lei, poi cantata da lei sul palcoscenico, diverrà la sua Ballata, è riflessa dall'uomo che le è destinato, che è in realtà uno spergiuro (un crimine inappellabile meglio identificato con esso) che si perde nella notte dei tempi, dal “Wandering Jew” della Bibbia, all'”Ancient Mariner” di Coleridge (1798), un eretico che sfida Dio (e non gli crede), la cui pena è vagare per sempre alla ricerca di una donna che abbia “fede in lui”, o meglio “gli sia fedele”.
Il nocciolo dell'Olandese volante ruota intorno al villain che si presenta su una gotica nave fantasma, appostata accanto a quella del Capitano Daland, che non vede l'ora di tornare a casa da sua figlia Senta. Un mito affascinante che si perde tra le onde del mare e fa intonare ai cori dei marinai, dopo lo Steuermann (il timoniere) che li guida e li incita, degli impetuosi, fragorosi quanto orecchiabili canti popolari. Il tenore americano Robert Watson ha una voce limpida e trainante, commovuendo tutti nel ruolo di un innamorato Erik, noto per la parte recitata sia a Chicago sia ala Deustche Oper Berlin a piu' riprese nell'ultimo anno; ed ha anche interpretato Števa Buryja nella Jenůfa di Leoš Janáček, che ho appena visto all'Opera di Roma lo scorso 9 maggio con la direzione del Maestro slovacco Juraj Valčuha e la premiata regia di Claus Guth. Il potente baritono americano Brian Mulligan ha fatto tremare l'intera platea con la voce dell'Olandese, non appena un drappo rosso sulla porta della "casa-nave" lo ha annunciato.
Wolfgang Gussmann alle scene ha immaginato una sorta di casa attrezzata con vele ed alberi come una nave: si entra e si esce da questo spazio enorme ed in bilico, come una nave attaccata dalla tempesta. Una finestra sul mare e sull'orizzonte occupa tutto il fondo del palcoscenico: Decker e Gussmann devono aver ideato una "casa dell'anima", dove poter approdare sia per i marinai sia per l'Olandese, dopo tanto viaggiare, in cerca di un "perdono" alla propria superbia demoniaca.
Nel ruolo di Senta il soprano sudafricano Johanni Van Oostrum, la cuì voce è di una drammaticità perforante che colpisce nel profondo: l'estremo atto di compassione si intravede già nella vocalità delle prime note. La grandezza di questa Senta - grandissima voce come Elsa von Brabant all'Opéra de Paris e alla Bayerische Staatsoper nel Lohengrin - fa sembrare ancora piu' mercenario il padre Daland nell'atto di darla in sposa all'Olandese affascinato dalla promessa dei suoi tesori; nella parte, eccezzionale Gidon Saks che ha recitato in Hagen nel Götterdämmerung del 2021 alla Deutsche Oper di Berlino.
Il richiamo di Daland alla figlia fanciulla che lo attende nel porto norvegese, insieme all'episodio della tempesta venne in mente a Wagner da una bufera che lui e Minna sopportarono nello stretto norvegese dello Skagerrak fuggendo nel 1839 da Riga pieni di debiti (come al solito, sic!), e si sente tutta le veridicità del trambusto effettivo di una nave preda delle onde.
Il primo coro del Vascello fantasma su cui si trova l'olandese è terrorizzante, è il sottocanto della voce unica mefistofelica, quella del maledetto Olandese sovracitato, la cui voce scura quanto grave che abbiamo trovato in piena forma dall'inizio alla fine, fa trasalire però con una vena di sentimentale rimorso. Ascoltiamo le parole di questo satanico personaggio in cerca della salvezza:
Passato è il termine, e ancora una volta trascorsi
sono sette anni: - pieno di tedio, mi getta
il mare alla spiaggia. Ah! Superbo Oceano!
Tra breve mi dovrai nuovamente portare!
Cedevole è la tua tracotanza, ma eterno il mio
tormento.
Die Frist ist um, und abermals verstrichen
sind sieben Jahr‘: - voll Überdruss wirft mich
das Meer ans Land. Ha, Stolzer Ozean!
In kurzer Frist sollst du mich wieder tragen!
Dein Trotz ist beugsam, doch ewig meine Qual.
Das Heil, das auf dem Land ich suche, nie
werd ich es finden!
Senta è destinata a questo compito della redenzione e lo dichiara lei stessa quanto il suo innamorato Erik che giunge commovente da lei dopo un sogno in cui ha presagito quello che avverrà a breve. Nella Ballata che ce la presenta è commovente quanto struggente, con il suo fraseggio marciante perfettamente ed in afflato con la direzione: voce dalla ricchezza di colori bruniti, torniti, riuscendo perfettamente a calibrare le virate verso l'alto per descrivere l'intesa aulica ed esoterica con l'Olandese per cui agirà come in una metempsicosi spirituale. Il destino imprescindibile risuona ad ogni ribattuta e ci convince che la possanza anche scenica della Van Oostrum la ascolteremo vibrare a lungo sulla scena. Suggestivo il connubio col coro femminile e profonda e scura la voce di Mary, Annely Peebo, mezzosoprano estone molto brava e dalla caratura modulabile nelle espressioni e che ha già ricoperto questo ruolo a La Fenice di Venezia l'anno scorso.
Nel flusso continuo tra secondo e terzo atto vi è la ripresa del coro dei marinai norvegesi che chiama il timoniere (Steuermann), interpretato dal trascinante tenore teutonico Matthew Swensen a rilassarsi e a divertirsi con loro e le ragazze, che presto si uniscono come controcanto, in risposta giuliva ai marinai. Su questo tappeto gioioso si abbassa l'ombra funesta del coro dei marinai del vascello fantasma: lugubre e pauroso, come se i marinai fossero usciti dalla nave fantasma dell'Ancient Mariner di Coleridge, dove stazionavano Death and Life-in-Death (Morte e Morte in Vita).
Sulla scogliera vicino alla casa di Erik si dibattono le voci dell'Olandese, di Senta e di Erik con l'attesa trasfigurazione finale aggiunta da Wagner dopo aver concepito il Tristano (come abbiamo ricordato prima). L'immemore virata verso l'alto dopo la discesa nelle acque della vittima innocente che sceglie di immolarsi per la salvezza di colui che non lo merita, l'Olandese; garantirà la redenzione ad entrambi, come quella di Brunilde a Siegfried, Isolde a Tristan, e così la messe di eroine wagneriane che celano sotto una sorte comune una medesima sostanza di beatificazione molto simile a quella che vediamo trasfigurata nell'estasi di Santa Teresa del Bernini (Roma, Santa Maria della Vittoria). La vittoria della luce sulle tenebre è raggiunta e la nave con l'Olandese si inabissa col suo carico demoniaco per sempre nei flutti.
Un finale che è degno della sua direttrice: Nathalie Stutzmann e che in stato di grazia ha governato l'Orchestra del Regio – attentissima a seguirlo in ritmo ed indicazioni di lettura - e cantanti con piglio sicuro, mordente e perfettamente coadiuvato dal Coro istruito, come di consueto, da Ulisse Trabacchin.
Lodiamo in particolare Nathalie Stutzmann, che da wagneriana doc tornerà al Bayreuther Festspiele fondato da Richard Wagner dopo il grande successo con il Tannhäuser della scorsa edizione, grazie al quale ha vinto il prestigioso Oper! Award 2024 come Miglior Direttore d’orchestra.
Il pubblico ha applaudito a piu' riprese sia il Maestro Stutzmann, sia i cantanti ed ha nondimeno affollato la platea del Regio con grande e meritata vivacità.