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Giovanni Bellucci. Intervista sul virtuosismo "integrale" tra Beethoven e Liszt
L’incontro con Giovanni Bellucci è nello storico atelier di Alfonsi Pianoforti a Roma, in occasione della prossima uscita del primo cofanetto dell’integrale delle Sonate per pianoforte di Ludwig van Beethoven. Giovanni Bellucci, classe 1965, è considerato tra i più autorevoli pianisti del nostro tempo: “destinato a continuare la grande tradizione italiana storicamente rappresentata da Zecchi, Busoni, Michelangeli, Ciani” (Gramophone). Il suo mèntore, il pianista russo Lazar Berman, parla di Giovanni Bellucci come di “uno dei più grandi talenti che io abbia mai ascoltato. Attraverso un fenomenale virtuosismo sa realizzare un discorso musicale altamente innovativo”.
Il pianista romano sta incidendo in Francia, per la Brilliant Classics, una poderosa opera integrale che, oltre le Sonate, comprende anche le nove Sinfonie di Beethoven trascritte per pianoforte da Franz Liszt.
È una registrazione monumentale…quasi una follia! Un lavoro complesso non solo dal punto di vista tecnico.
È una ”prima mondiale”: "ma credo che il tutto non vada affrontato come uno sforzo psicofisico. È un modo per conoscere interamente il pensiero del compositore", dice subito Bellucci.
Il progetto discografico accompagna un ciclo di concerti che si svolgono in Francia.
Il progetto si chiama “Tout sur moi: Ludwig van Beethoven”, e prevede 15 talk-récitals in luoghi rari e insoliti con ospiti del mondo dello spettacolo, dello sport, della musica per le 32 Sonate di Beethoven e le 9 Sinfonie, trascritte per pianoforte da Liszt. Ad oggi il tour ha toccato alcune città del sud della Francia e ultimamente la Valle dell’Orgère dove la Sinfonia n. 6, “Pastorale”, è stata diffusa in diretta per tutto il Parco della Vanoise. Un’esperienza entusiasmante!
Alla conferenza stampa di presentazione del progetto, lo scorso anno a Parigi, Giovanni Bellucci aveva spiegato la sua idea di talk-récital: “una serata durante la quale suono e discuto con i miei ospiti di letteratura, sport, danza, cinema… Anche se all’apparenza può sembrare molto erudito, in realtà è alla portata di chiunque; il pubblico interviene nei nostri discorsi scoprendo che la musica è per tutti…si può venire anche in jeans!” Un progetto imponente che Bellucci non vive come una sfida ma come la “realizzazione di un momento importante della mia carriera, la concretizzazione concertistica di un lavoro che è anche discografico”.
In questi primi mesi di lavoro discografico Lei ha inciso le prime dieci sonate e due sinfonie. Nella trascrizione di Liszt esse vanno molto al di là della partitura.
Liszt non traduce pedissequamente il testo originale sinfonico ma lo trasferisce all’interno del linguaggio pianistico reinventandolo completamente.
Che rapporto c’è allora tra la trascrizione di Liszt e l’originale di Beethoven?
Busoni diceva che ogni scrittura è una trascrizione del pensiero musicale astratto. Le idee di Beethoven che troviamo nelle 32 Sonate sono all’origine delle 9 Sinfonie. I materiali musicali sono spesso gli stessi nelle due forme musicali: pensiamo ad esempio al tema del “destino che bussa alla porta”, un incipit lapidario che troviamo nella Quinta Sinfonia ma anche nell’“Appassionata” e ne “La Tempesta”.
Oggi si considera Beethoven come il compositore titanico delle grandi forme. È giusto secondo lei dividere le sue opere in stili diversi?
Da giovane Beethoven ha studiato stili differenti, si è avvicinato alla vocalità italiana attraverso Salieri e ha studiato Bach, la polifonia di Händel e il teatro di Mozart. Tutti questi elementi, còlti e lavorati dalla sensibilità di Beethoven, hanno dato luogo a uno stile molto raffinato nella creazione delle sue opere.
Quindi in Beethoven c’è un po’ di ognuno di questi compositori?
Solo per fare un esempio: l’inizio della prima sonata di Beethoven comincia con un arpeggio ascendente di sei note, il cosiddetto Razzo di Mannheim, che richiama una certa analogia con Mozart. Il compositore salisburghese lo utilizza spesso: nel tema iniziale dell'ultimo movimento della Sinfonia n. 40, nell’incipit del terzo movimento del Concerto per pianoforte e orchestra K466. Anche l’Allegro della Sonata op.111 di Beethoven sembra che provenga da una fuga di Giulio Caccini.
Una delle sue prime e più importanti preoccupazioni è rispettare la volontà del compositore. Ci può fornire qualche esempio di come riesce a realizzare ciò?
Un esempio è l’uso del pedale di risonanza. Nella Sonata “Al chiaro di luna” Beethoven scrive che si deve suonare tutto questo pezzo delicatissimamente e senza sordino. Spesso questa indicazione è stata fraintesa nella storia dell’interpretazione perché si è creduto che il sordino fosse in realtà la sordina. È invece certo che senza sordino significhi con il pedale di risonanza.
Il sordino, dunque, era un pedale tipico dei pianoforti del tempo di Beethoven?
Sì, e consentiva diversi effetti timbrici ed espressivi. Ho avuto occasione di suonare su una copia perfetta, realizzata con gli stessi materiali, del pianoforte di Beethoven: un fortepiano che nel 1817 Broadwood regalò al compositore tedesco.
Un’emozione particolare, dunque?
Sicuramente! Però ci sono vantaggi e svantaggi che sta all’interprete affrontare, per risolvere l’esecuzione nel miglior modo possibile. Le potenzialità espressive dello strumento moderno sono indubbiamente superiori: il registro medio è molto più asciutto. Lo strumento ha meno risonanza e questo permette agli sforzati di emergere in modo più nitido, al contrario dello strumento d’epoca che invece possiede una quantità di risonanze nella zona media tendenti a inglobare un po' tutto. Di conseguenza si percepisce una minore chiarezza che però viene recuperata attraverso dei bassi che sono molto più intellegibili.
Prima di salutarci, nell’attesa di ascoltarla in questa prossima uscita discografica, ci direbbe qualcosa dei suoi impegni futuri?
Beh, sicuramente c’è la conclusione del lavoro di incisione nel 2015 e intanto il Portogallo dove sto portando il ciclo delle 9 Sinfonie trascritte da Liszt, la Germania, il Festival di Praga, la Francia con i recital su Beethoven.
E in Italia?
Un mio nuovissimo progetto con Giancarlo Giannini: si intitola Sogno di una notte di mezza estate, connubio tra recitazione e musica per augurare a Shakespeare buon 450° compleanno.
Allora complimenti!... e in bocca al lupo per il suo futuro.