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Maria. L'immolazione di una Diva al tramonto
Il regista cileno Pablo Larraìn è conosciuto per No, il film sul referendum contro Pinochet, del 2012, e Neruda, come anche per Il Club - sulla pedofilia nella Chiesa -, entrambi del 2015. Ed è uscito alla ribalta con Post Mortem, del 2010, sui giorni del golpe contro il capo di stato socialista Salvador Allende nel 1973, ordito dal Generale Augusto Pinochet Ugarte e organizzato col supporto della CIA. Questo invece è un film su Maria Callas, gli ultimi giorni melanconici della diva a Parigi, in depressione e circondata dai suoi due intendenti italiani. Lei è interpretata da Angelina Jolie; la cameriera e cuoca da Alba Rohrwacher; il maggiordomo da Pierfrancesco Favino.
Il film Maria Callas sembra quasi un monito per l'Italia oppure ha una preveggenza in si minore come dire una Finis Italiae: Maria Callas infatti è impersonata dall'americana Angelina Jolie, invece i due servitori di casa, cioè la cameriera cuoca e il maggiordomo, sono impersonati da due attori famosi in Italia, come Alba Rohrwacher e Pierfrancesco Favino. La diva è nata a New York ed è stata in seguito naturalizzata greca (nata da famiglia greca e studi ivi) e poi italiana – 6 settembre 1949, in seguito al matrimonio con Giovanni Battista Meneghini, di ben 28 anni piu' grande –, però è conosciuta in tutto il mondo come DIva per eccellenza dell'opera italiana, che è altresì il Belcanto per antonomasia. Ci si chiede, sommessamente, e anche deluse, se fosse il caso di scegliere un'interprete italiana per lei.
Suona infatti molto strano il rapporto di sudditanza da parte dei due domestici nei confronti di Maria Callas – che sia la metafora del rapporto Italia - USA? – quanto anche l'affettività che viene nutrita da loro e da lei, vicendevolmente. Gli ultimi mesi della vita di Maria Callas sono stati la culla della sua depressione: dal crepacuore per l'abbandono da parte di Onassis, che dopo averla sedotta la porta via al marito impresario; per poi abbandonarla ed unirsi in matrimonio con Jacqueline Kennedy, un chiaro matrimonio politico. E tutto questo sembra quasi un preludio della fine: ciò che invece caratterizza un assist è l'amore per la patria greca condivisa. Una scena noumenica si svolge sull'eburneo yacht, dove l'armatore le mostra una statuetta di Ermes trafugata su suo incarico dal Museo Archeologico Nazionale di Atene: noto per rappresentare il mercurio, e psicopompo, è nota la sua affinità con il leggendario Ermete Trismegisto, assimilandolo quindi al Thot egizio, scriba di Osiride. La scena, commentata musicalmente dal preludio al Parsifal wagneriano, acquisisce dei toni tra il sacro ed il sincretico.
Angelina Jolie è molto cresciuta attorialmente, però è anni luce distante dalla dolcezza del viso originale della greca Callas: la durezza dei suoi zigomi ed il portamento di un corpo scheletrico non ricordano minimamente la morbidezza delle forme mediterranee, nemmeno dopo il dimagrimento della diva, quando calcava le scene di Covent Garden, dell'Opéra de Paris o della Scala di Milano, sia con Puccini sia con l'amato Bellini di Casta Diva.
Durante il film colpisce quindi la mancanza di empatia: al contrario delle ovazioni per la Divina, qui chi guarda sente il distacco di una diva al tramonto nei suoi ultimi sgangherati passi in una Parigi che lei sente ostile, tranne per un sensibile e giovanissimo intervistatore che la ama come potrebbe un bambino, di un sentimento platonico e adorante.
I due guardiani della casa, e di lei e delle sue pillole (ne abusava), sono gli unici che le riservano dell'affetto, insieme al pianista con cui esegue della fantomatiche prove su una voce stridula e quasi stonata. La musica, la sua voce, che ha prodotto il Mito Callas, è in sordina, in sottofondo, quasi un elenco di successi impossibili da riordinare.
Un film melanconico che a tratti sembra su commissione nonostante la caratura delle scenografie e dello sviluppo complesso delle vicende raccontate: una connaturata eleganza nonché alterigia di Jolie conferisce alla Callas una prosopopea nutrita probabilmente dal tanto soffrire fino al debuitto alla Scala nel 1947, prima tappa di una carriera folgorante.
Rimane per sempre la sua voce, quella di una Casta Diva, nonostante i suoi molteplici amori.