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Girolamo De Simone. La pura trasparenza degli antichi Inni
Gli inni sono materiale primordiale come ben sapeva Marius Schneider (cfr. La filosofia della musica in edizione SE), qualcosa che vibra nelle corde più antiche dell'umanità: e non si può che confermarlo, sebbene tradotti alla modernità, ascoltando gli Inni e antichi canti di Girolamo De Simone pubblicati or ora per Hana Goori Music e distribuiti da Konsequenz.
Prodotto da Ferenc Liszt che trama nell'afflato del nome con il grande campione magiaro del piano, questi canti rimandano trasparentemente sia a panorami dei nostri azzurri cieli, come Ludovico Einaudi, sia a esperienze francesi ancora più tenui e anche popolareggianti ma sempre notevolmente curate.
Su piano Steinway e spinetta Neupert (modello Silbermann), come ci informa correttamente il cd, si snodano in un unicum sottilmente legati i brani: alcuni appena percebili e sussurrati come la Varatio Moran, altri quasi rapiti da un universo appena accennato, eppure bagnato dal fuoco, dal calore di un vulcano e di un sole accessi sul mare, come l'Organetto sul Somma-Vesuvio.
Come asserisce Schneider l'inno è un atto di purificazione in sé stesso, di conseguenza di rinascita: “Nel mondo del suono il dualismo si trasforma in risonanza amalgamante, mentre nel ritmo diventa tempo fluente”, esattamente quello che sembra una successione di momenti come su un orologio che batte in realtà il tempo di una stessa giornata.
Una purezza, quella di Girolamo De Simone, che si stempera nell'aria, elevando lodi alla natura stessa degli elementi: questa in fondo sembra essere l'essenza della sua religio.