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Giunti. Il rumore della pioggia, thriller in salsa fiorentina
Arriva, per la gioia dei culturi di thriller e giallo, un nuovo investigatore, stavolta non un poliziotto, carabiniere o avvocato, ma un giornalista esperto in cronaca giudiziaria: Carlo Alberto Marchi, ideato da Gigi Paoli, autore che ha varie cose in comune con il suo eroe simpatico e poco eroico.
Il primo romanzo sulle avventure di Carlo Alberto Marchi, che fa i salti mortali tra il suo lavoro e lo stare dietro alla figlia di dieci anni, alla gatta e ad uno straccio di vita sociale, è uscito per Giunti ed è Il rumore della pioggia.
E di pioggia si parla, in una Firenze che la teme sempre e che è anche paralizzata dalla visita del premier israeliano. Carlo Alberto Marchi è sempre in cerca di scoop e sente alla radio dell'omicidio dell'anziano commesso del negozio di antichità religiose più amato di Firenze, nella prestigiosa via Maggio, dove si concentrano antiquari amati e visitati da tutto il mondo.
Un omicidio molto intrigante, perché il palazzo dove c'è il negozio è di proprietà della Curia e che sopra al negozio ha sede l'Economato. Marchi si butta in cerca di notizie e novità, scoprendo un pasticciaccio di passioni anche omosessuali, di rapporti con la massoneria, di antiche vendette, di traffico di oggetti d'arte, che lo coinvolgerà ma da cui dovrà avere il necessario distacco per capire chi è l'assassino di una persona all'apparenza innocua.
Firenze, una delle città più amate del mondo, emerge dalle pagine in una luce insolita, lontana da quella di città turistica, che racconta la sua vita di luogo di politica, di affari, di commerci, tra l'altro sua vocazione fin dai tempi dei Medici. La pioggia, che avvolge tutto, è l'altra grande protagonista della storia, un thriller che decolla da subito, scritto da un autore che ha creato in Marchi il suo alter ego (Gigi Paoli è giornalista e papà di un'adolescente) e che mette nelle pagine della sua storia tanta esperienza fatta sul campo.
Il risultato è interessante, una storia thriller con tante piste, con al centro un detective poco noto e frequentato, un giornalista, in un'epoca in cui la categoria professionale viene sminuita e siamo lontani dai tempi di storie come Tutti gli uomini del presidente. Tra poliziotti, agenti federali, commissari, carabinieri, investigatori privati, scrittrici che si improvvisano investigatrici, si sentiva il bisogno di un esponente di quelli che una volta sono stati definiti i cani da guardia della democrazia.
La storia è autoconclusiva, ma c'è da credere che ritroveremo Carlo Alberto Marchi in altre avventure. Anzi, c'è da sperarlo, possibilmente si spera sempre a Firenze.