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God is Astronaut a Villa Ada. Come si esplora l'universo in musica
Il 10 luglio del 2017 il tradizionale palcoscenico di Roma incontra il mondo, allestito, come ogni estate, nella bella cornice di Villa Ada, si è riempito di sonorità piuttosto inusuali. Hanno infatti fatto la loro apparizione i God is Astronaut, una delle più interessanti formazioni di quel genere etichettato come post rock, di origine irlandese e ormai attivi dal 2002.
Che cosa sia il post rock non è qualcosa di spiegabile in modo univoco e preciso. Per certi versi, si potrebbe dire che sia nato come una sorta di evoluzione del progressive, e un modo semplificatorio per definirlo potrebbe essere: il progressive senza quasi parti vocali e con un maggior numero di assoli chitarristici fino a creare quel caratteristico wall of sound che è la sua più forte cifra stilistica. Va peraltro rilevato che l'uso insistito degli effetti chitarristici era già riscontrabile nei primi Pink Floyd e nelle sperimentazioni con le cosiddette Frippertronics dei King Crimson. E l'effetto "muro del suono" può anche essere la cifra di molti pezzi di gruppi neoprogressive come i Porcupine Tree o prog metal come i Dream Theater. Del resto, gli assoli prolungatissimi hanno molto a che fare sia con il minimalismo americano (quindi musica colta, al postutto, più che pop) di Philip Glass e Terry Riley, sia con le lunghissime suites dei corrieri cosmici del cosiddetto Krautrock tedesco degli anni '70, come i Tangerine Dream o gli Amon Düul.
I God Is an Astronaut provengono da Glen of the Downs, non lontana da Wicklow, capoluogo dell'omonima contea irlandese, e sono stati originati da un'idea dei gemelli Niels e Torsten Kinsella. Hanno avuto un'intuizione geniale nella scelta del nome: immaginare Dio come una sorta di astronauta vuol dire attribuirgli l'esplorazione di spazi interstellari infiniti: quindi non tanto un Dio panteista alla Spinoza, ma un Dio che si erge sopra l'universo infinito e lo percorre con il suo sguardo altrettanto infinito, come in Giordano Bruno. E che ci sia qualche spunto filosofico nella loro musica, peraltro quasi integralmente strumentale, lo attesta anche il titolo del loro primo lavoro, The End of the Beginning, uscito per la loro etichetta Revive Records nel 2002. Le loro pièces cominciano con introduzioni lente e atmosferiche, salvo poi esplodere in decisi riff di chitarra, accompagnati con molta discrezione dal sintetizzatore. A Villa Ada hanno sfoderato molti pezzi del loro repertorio, tratti anche da altri album, come All Is Violent, All Is Bright del 2005, che segue la scia del primo, Far from Refuge, dell'aprile 2007, l'omonimo God Is an Astronaut, uscito il 7 novembre 2008, Age of the Fifth Sun, uscito nel 2010 e Origins del 26 agosto 2013.
Per molti versi la loro musica sarebbe ideale per la colonna sonora di film come Interstellar. E non a caso definiscono ciascuno dei loro album una fotografia sonora o un'istantanea di quello che sono in un certo momento del tempo.
Dei brani, citiamo per la particolare resa esecutiva, "Red Moon Lagoon": si comincia con vigorosi impulsi elettronici su cui si innestano prima arpeggi delicati delle chitarre che immergono l’ascoltatore in un’atmosfera eterea e sognante, fino poi all'esplosione finale dei riffs di ben quattro chitarre. In altri brani, come "All is violent, all is bright", le melodie sono più liquide e l'intervento delle tastiere fa da efficace contrappunto alle chitarre, che danno vita a melodie sempre più complesso, finché non entra in scena la batteria, che suggella il crescendo finale del brano, spasmodico e ritmicamente incalzante.
In conclusione, un concerto di grande effetto: maestria strumentale, perizia esecutiva, melodie raffinate, armonie elaborate. Si sente però la mancanza di parti vocali (tranne in un caso) e soprattutto di testi cantati: cosa in cui la band, grazie anche alle sue ascendenze irlandesi, potrebbe senza dubbio cimentarsi. La aspettiamo al varco per il futuro.