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The Grandmaster. Wong Kar-wai e l'essenza del kung fu
Presentato in apertura del 63. Internationale Filmfestspiele Berlin, The Grandmaster è il nuovo estetico prodotto di Wong Kar-wai sul magico periodo di evoluzione del kung fu in Cina tra 1911 e 1952: a gloria di Bruce Lee, che ad Hong Kong trovò il suo primo grande maestro sulla scia dell'antica dinastia Manciù, ovvero Ip Man, interpretato dalla musa al maschile di Wong Kar-wai, Tony Leung. L'attrice che impersona Gong Er è invece Zhang Ziyi, che conosciamo bene per aver collaborato sia con Wong Kar-wai, che con Ang Lee e Zhang Yimou.
La vita di un Maestro di kung fu è legata anche alle vicende storiche della propria nazione, soprattutto se quest'ultime riguardano prima le suddivisioni tra Nord e Sud e poi la celebre e sanguinosa invasione giapponese. A Foshan, Ip Man incontrerà uno dei più grandi maestri, che governa il Nord: Gong Baosen, che vuole lasciare per la vecchiaia incombente ed ha una figlia, Gong Er, interpretata da Zhang Ziyi, che però vuole sposare e far diventare medico, nonostante sia l'unica ereditiera di quell'arte delle 64 mani del Bagua, un particolare tipo di kung fu, fluido quanto letale. Il padre di Gong Er viene ucciso a tradimento da Ma San, (Zhang Jin), cui Gong Er promette vendetta, malgrado il padre chiede che non ve ne sia, poco prima di morire. Ip Man (Tony Leung) la incrocerà nel suo percorso più volte, e gli ricorderà anche la moglie, amante dell'opera. A tal proposito, è notevole la colonna sonora, oltre a Casta Diva dalla Norma di Bellini – un leitmotiv per Wong Kar-wai, che l'ha introdotta come commento ad una delle scene più drammatiche di 2046, film del 2004 con Tony Leung e Gong Li -, apprezziamo notevolmente il nuovo Stabat Mater (soprano Sandra Pastrana) di Stefano Lentini, composto appositamente per la colonna sonora, altrimenti curata da un altro inossidabile collaboratore di Wong Kar-wai, Shigeru Umebayashi, qui in collaborazione con Nathaniel Mechaly.
Il film, esteticamente perfetto, sia nelle scenografie sia nelle azioni, è però a volte didascalico: sottolineiamo il fatto che gli attori si sono esercitati per quattro anni nell'antica arte del kung fu e che sono stati guidati, nei movimenti coreografici, da Yuen Wo Ping; il direttore della fotografia è Philippe Le Sourd, che ha enfatizzato sia i primi piani sia le riprese “volanti” degli attori in combattimento. Meravigliose le scene “fumé” e sotto la pioggia, con cui il film introduce la sua storia.
Bruce Lee, cui il film è dedicato, non compare, quasi invisibile, che alla fine, come uno dei partecipanti al corso di kung fu che Ip Man insegnerà ad Hong Kong, dove si è trasferito alla fine della guerra col Giappone nel 1950. Un inno al kung fu dell'ultimo Novecento, con delle regole che continuano ad intessere di eleganza gli stili attuali, sebbene di molti si è perduto il novero, nonché i maestri, che ne tramandino la tradizione e l'intima, calibrata, essenza.