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In grazia di Dio. Un film sulla crisi economica
Dopo avere assistito alla proiezione del film In grazia di Dio, che sta per approdare nelle sale cinematografiche, ho ripensato ad un giudizio storico che diede in un suo saggio Giorgio Bocca sullo sviluppo della società meridionale avvenuto nel Novecento. Per Bocca la modernizzazione del meridione - e questo fatto storico ne spiega sia i limiti sia la incompiutezza - è avvenuta su di una struttura economica di sostanziale povertà.
Questo film, di cui è regista Edoardo Winspeare, cha ha pure concepito e scritto la sceneggiatura in collaborazione con Alessandro Valenti, racconta il dramma di una famiglia meridionale, la cui serenità e sicurezza economica vengono sgretolate e annientate dagli effetti prodotti dalla crisi economica del nostro tempo. La vicenda è ambientata in un comune situato nel Salento, a Santa Maria di Leuca, un piccolo paese che il regista, dimostrando un grande amore per la sua terra, ha rappresentato nel film con uno sguardo penetrante e attento ad ogni aspetto della vita sociale di una piccola comunità meridionale.
Infatti il regista, che è nato e vive nel Salento, per accrescere la forza descrittiva delle situazioni che sono al centro del racconto, ha deciso di affidare i ruoli ad attori non professionisti, persone che vivono nei luoghi in cui il film è stato girato. Per questa ragione il film, che è stato accolto con giudizi lusinghieri alla 64° edizione del festival del cinema di Berlino, dai critici è stato paragonato alle grandi opere della stagione del neorealismo, che ha consentito al cinema italiano di raggiungere vette inarrivabili di perfezione artistica nel campo della cinematografia.
Nella prima scena compaiono due personaggi: si tratta di Vito e di sua sorella Adele, i quali hanno la responsabilità di gestire la piccola azienda di famiglia, che lavora nel settore in crisi del tessile. Prima della crisi, l’azienda a conduzione familiare riusciva mediante le commesse a produrre per alcune imprese del nord Italia. Con l’avvento della crisi economica gli ordinativi cominciano a scemare, fino ad indurre Vito ed Adele a contrarre un debito con una finanziaria.
Non riuscendo, a causa della mancanza di lavoro, a restituire il debito, per altro concesso con un tasso di interesse sproporzionato, Vito ed Adele sono costretti a chiudere l’azienda. Da questo momento nel film compaiono le altre protagoniste, tutte donne, anche se appartenenti a generazioni diverse. Vi è la nonna Salvatrice, una donna anziana che incarna l’atavica ed ancestrale cultura contadina. La sorella di Adele, Maria Concetta che, dopo essersi laureata, sogna di diventare un'attrice e per esercitarsi recita con passione indomita nella chiesa del suo piccolo Paese. Infine vi è la giovane Ina, una splendida e bellissima ragazza, figlia di Adele, che in modo spensierato e irresponsabile vive la sua giovinezza nel piccolo paese, contesa dai suoi tantissimi corteggiatori e fidanzati.
Adele si è sposata e poi separata con Crocefisso, un uomo che non è riuscito a realizzare nessuno dei suoi progetti. Colpisce nel film la capacità del regista di ritrarre i diversi personaggi femminili, il cui punto di vista è rappresentato in modo esemplare, sicché il loro profilo umano e psicologico è colto con grande realismo ed efficacia. Crocefisso convince Vito a partecipare ad una spedizione in mare con una barca per guadagnare una consistente cifra di denaro. Il progetto naufraga in modo esilarante, poiché entrambi rimangono in mare con il motore della barca guasto. Crocifisso finisce in carcere, Vito è costretto ad emigrare in Svizzera. Adele insieme con le altre donne della famiglia, per restituire i soldi avuti in prestito dalla finanziaria, è costretta a vendere la casa di famiglia, acquistata dal padre, che per anni aveva lavorato in Svizzera.
In questa parte del film con grande realismo il regista mostra la debolezza del tessuto produttivo meridionale, che soccombe sotto i colpi violenti e devastanti prodotti dalla crisi economica e dalla globalizzazione. Adele e sua madre Salvatrice, insieme a sua sorella Maria Concetta ed alla figlia Ina, si trasferiscono in una masseria diroccata, collocata e situata di fronte al mare limpido ed azzurro che lambisce la costa del Salento. Qui, in questo luogo meraviglioso e paradisiaco, per sopravvivere iniziano a coltivare la terra ed a produrre beni da vendere e scambiare. Questo snodo narrativo, nel film è fondamentale, poiché indica come con la crisi economica riemerge dal passato l'antica cultura contadina.
Infatti Adele e sua madre Salvatrice, quando ricevono una offerta d’acquisto da parte di un ricco signore del nord della loro masseria, situata in un luogo ameno ed incantevole, pur essendo povere, oppongono un netto rifiuto. Intanto, nel tentativo di evitare il pagamento di una cartella esattoriale di Equitalia, Adele incontra un ex compagno di scuola, Salvatore, un uomo per bene e serio. Salvatore, essendo innamorato di Adele dai tempi della scuola, frequenta la masseria con assiduità, ma non riesce ad intenerire ed a sedurre Adele, indurita e ferita dalla vicende della vita.
Ina, giovane e bella ragazza, rimane incinta, prima di avere concluso la scuola, ed ignora chi sia il padre del figlio che porta in grembo. Maria Concetta vede svanire il sogno di diventare un'attrice, e si rassegna con disperazione a vivere in campagna. Nella parte finale del racconto, accade un fatto, di cui è protagonista Salvatrice, la donna più anziana della famiglia, che stupisce e sorprende lo spettatore. Un film, questo girato da Edoardo Winspeare e prodotto da Rai Cinema, che appare bello e profondo, sia perché è basato nella recitazione sull’amalgama riuscito tra il dialetto del Salento e l’italiano, sia perché mostra con grande realismo gli effetti che la crisi economica ha sulla vita reale delle persone. Un’opera d’arte pienamente riuscita, che merita di essere vista.