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Habemus Papam. La stanza del figlio papale
In attesa del prossimo primo maggio in cui a Roma verrà festeggiata la beatificazione di Papa Wojtyla (nato nel 1920, papa dal 1978 al 2005), il nuovo film di Nanni Moretti, Habemus Papam, ce ne presenta una variante "umana", data la rassomiglianza, fors’anche ci sembra caratteriale, tra il papa polacco e quello interpretato da Michel Piccoli, appena eletto nel film dal Conclave Vaticano.
La prima parte della pellicola è nostalgica: carrellata su Piazza San Pietro dove viene esposta la bara del papa precedente, che rimanda inesorabilmente all’ultimo papa morto, Giovanni Paolo II e, dopo una guizzosa ripresa del servilismo di alcuni giornalisti cui non viene data nessuna notizia e liquidati immediatamente prima dell’apertura del Conclave Vaticano, entriamo nel luogo proibito per l’elezione del nuovo papa.
I prelati sono preoccupati: nessuno di loro vuole essere eletto ad un compito di tale gravità come quello di guida della Chiesa cattolica. La scelta, dopo una fumata nera, ricade su Melville – Nanni Moretti ha scelto questo nome ispirandosi a Jean-Pierre Melville, regista cui è stata dedicata una retrospettiva quando è stato Presidente al Torino Film Festival nel 2008 (XXVI edizione) – che entra in crisi prima di affacciarsi dal balcone e salutare il popolo cattolico che, in attesa trepidante, lo acclama. In realtà nessuno sa, fuori del Conclave Vaticano, chi sia stato nominato papa, ed il Protodiacono (Cardinale Bollati) interpretato da Franco Graziosi, annuncia preoccupato che il papa, dopo la sua elezione, ha deciso di concentrarsi in preghiera per ottemperare meglio al suo compito.
In realtà Melville è ha avuto un attacco di panico e si sente completamente inadeguato alla missione cui è stato chiamato. In rocambolesche quanto malinconiche avventure alla ricerca di un equilibrio, viene a contatto con Nanni Moretti “il migliore psicanalista sulla piazza”, chiamato per tranquillizzarlo con una seduta omnia con i prelati presenti. Prima di parlargli gli verrà anche ricordato che: “Il concetto di anima e di inconscio non posso assolutamente coesistere”, e vietandogli qualsiasi domanda su sessualità, amore, sui sogni se possono turbarlo, e financo sull’infanzia vi sono dei limiti ben precisi da osservare.
Dalla seconda parte in poi il film si dilunga in un excursus sulle passioni giovanili del papa (il teatro) e sul suo abbandono dei sogni dell’adolescenza: una sorta di “stanza del figlio” papale che, nelle parole del regista indaga: “L’umanità di Melville, come andare sull’autobus, fare quattro chiacchiere con persone appena conosciute (la recita dell’attore nell’hotel, N. D. R.), prendere un caffè”.
Quasi tutte le scene, a cura di Paola Bizzarri, che per la prima volta lavora insieme a Moretti, sono state girate a Palazzo Farnese – sia gli interni sia la partita a pallavolo nel giardino - tranne la Cappella Sistina che è stata ricostruita invece a Cinecittà, e la scena riguardante il giuramento delle Guardie Svizzere, girata a Villa Lante a Bagnaia (VT).
Sicuramente “L’inferno è deserto: all’inferno non ci mandano più nessuno”, come dice un cardinale, però sulla terra è pieno di “tribolanti”, papi oppure no, con o senza problemi di fede. Da notare nella colonna sonora ad opera di Franco Piersanti, un brano liturgico di Arvo Pärt, lo spiritualmente denso Miserere e la dedica al giovane e compianto Stefano Benappi (1970-2009), production manager del precedente film di Moretti, Il Caimano (2006), e di tanti altri come La doppia ora e Le chiavi di casa.