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Hesher è stato qui’. Quando il racconto di formazione diventa heavy metal
‘Hesher è stato qui’ non è un film facilmente digeribile. Solitudini, incomunicabilità, eventi traumatici, elaborazione del lutto. E ancora: violenza verbale e fisica, bullismo, occasioni mancate e silenzi eloquenti. Il tutto condito da un’ironia pungente, piuttosto amara. La pellicola, opera prima di Spencer Susser distribuita da Bolero Film, è stata presentata al Sundance Film Festival nel 2010 e ha tutte le carte in regola per diventare un vero e proprio cult movie (sui social network, d’altronde, è già Hesher-mania).
Sì, perché ‘Hesher è stato qui’ rappresenta una discreta novità, anche nel panorama cinematografico indie-pendente. Elemento scatenante della trama: la perdita. Elemento risolutivo: la violenza. L’elaborazione del lutto e l’attraversamento/superamento del dolore in questo film non percorrono strade canoniche, e perciò si potrebbe parlare di ‘Hesher è stato qui’ come di una sorta di racconto di formazione cinematografico al contrario. Il fil rouge della pellicola corre su due binari, si sdoppia: da un lato le difficoltà comunicative, in particolar modo quella tra la figura genitoriale e il figlio, dall’altro la gratuità della violenza. Che però, e forse il dato nuovo sta tutto qui, stavolta non è fine a se stessa, anche se apparentemente potrebbe risultarlo. La violenza, in questo caso, è quasi ‘sensata’ (ovvero, ‘dotata di senso’).
T.J. (Devin Brochu) è un tredicenne che ha appena sperimentato il dolore della perdita. Quella della mamma, morta in un tragico incidente stradale. Insieme al padre (Paul), il ragazzo si trasferisce a casa della nonna, che con il suo affetto tenta di colmare (nei limiti del possibile) il vuoto lasciato dalla scomparsa prematura della donna. Quella di T.J. però, ormai, è una famiglia ‘spezzata’.
Il padre non riesce a fronteggiare e ad ‘elaborare’ la perdita: il massimo che riesce a fare è poltrire sul divano di casa, anestetizzando i sentimenti e le emozioni, avvolgendoli in una pellicola an-affettiva, fredda e rassicurante al tempo stesso. T.J., dal canto suo, è tornato alla vita di tutti i giorni, anche se nulla è più come prima. Ma ecco che un deus ex machina decisamente bizzarro fa il suo ingresso in scena: si tratta di Hesher (Joseph Gordon-Levitt), improbabile e ingestibile capellone tatuato.
Comparso dal nulla, Hesher è rozzo, volgare, piromane e, soprattutto, violento. E così, senza apparente motivo, piomba in casa di T.J., imponendo al ragazzo e alla sua famiglia una presenza scomoda e ingombrante. Tra i due inizia a prendere forma una relazione che non ha nulla di sano. Il metallaro però, anche se non può affatto rappresentare un punto di riferimento esemplare per T.J., sembra essere l’unica persona in grado di smuoverlo, di farlo sentire ancora ‘vivo’.
Davvero rimarchevole la caratterizzazione di Hesher, personaggio freak che sfugge a qualsiasi definizione, scivolando con agilità dall’abito del cattivo a quello del buono (e viceversa). A riprova di ciò, anche il fatto che, al di là della passione sfegatata per l’alcool, per la pornografia e per un linguaggio che di educato ha ben poco, Hesher riesca addirittura a fare amicizia (in maniera abbastanza curiosa e divertente) con la nonna di T.J., figura anch’essa piacevolmente sui generis, vuoi per l’imperturbabilità a dir poco sospetta, vuoi per la pazienza e la mitezza invidiabili.
Esordio alla regia promettente dunque, per Spencer Susser, che in passato ha collaborato con registi del calibro di Mark Romanek e David LaChapelle e diretto numerosi spot pubblicitari, video musicali e cortometraggi. Da sottolineare l’interpretazione magistrale di Joseph Gordon-Levitt (già visto in ‘500 Giorni Insieme’ e in ‘Inception’), che dà prova di essere perfettamente in grado di riscattarsi dal ruolo di bravo ragazzo per calarsi a pieno titolo in quello del personaggio disturbante. Indovinata anche la presenza della bravissima Natalie Portman, che con la sua dolcezza fa da perfetto contraltare all’irruenza e alla brutalità quasi indigeribile di Hesher (l’attrice, che veste i panni di Nicole, commessa precaria e maldestra di cui si innamora T.J., ha anche coprodotto il film).