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Gli Indifferenti. Parole e musiche da un Ventennio
Il 27 gennaio 2012, in occasione della Giornata della memoria, alla Sala Casella, è andata in scena la prima esecuzione assoluta de Gli indifferenti. Parole e musiche di un Ventennio, interpreti e autori dello spettacolo sono stati Fabrizio Gifuni, che ha dato vita ai testi, mentre la parte musicale è stata affidata al canto di Monica Bacelli e al pianoforte di Luisa Prayer.
I tre artisti hanno preso come inizio della loro analisi di quel periodo l’articolo di fondo del 25 luglio 1943 che Raffaello Ramat, critico letterario, professore di lettere nell’Università di Firenze e partigiano scrisse per il n. 10 della rivista “Argomenti”: “Si era arrivati a una situazione non so più se tragica o se grottesca : di un blocco di milioni e milioni di uomini i quali acconsentirono di obbedire ad un branco di ladri e di avventurieri sapendo che essi erano avventurieri e ladri, e non riuscivano a sperarne la liberazione se non da forze esterne a loro. E dimostravano la loro dissidenza o col pauroso parlottare segreto e vano o peggio con la barzelletta. Povera arma e segno interiore di debolezza.
Bisogna dire chiaramente che di questo avvilimento generale una classe sopra tutte è responsabile: quella degli scrittori. E non si venga fuori con l’autonomia dell’arte: quello è un altro discorso e chi lo incominciasse vorrebbe imbrogliare le carte. Il saggio critico, l’articolo di giornale, l’informazione politica, etc., insomma il 90% di quanto si scrive, esula dal campo della fantasia pura: ed ha per fine l’orientamento del pubblico, la diffusione di principi, di idee, di opinioni che formano la cultura media di una nazione. Gli scrittori hanno per gran parte tradito questo loro compito e han mostrato quale terribile arma di diseducazione politica può essere la penna. Essi sono stati servi pagati per diffondere la menzogna, obbedirla con la più sporca retorica, insinuarla con le arti mezzane così potenti presso gli ingenui”.
Il contenuto dell'articolo potrebbe riferirsi benissimo anche all'attuale situazione italiana e proprio per questo è quanto mai necessario ricordare ciò che è avvenuto, in quanto senza la conoscenza del passato non è possibile vivere consapevolmente nel presente e progettare il futuro. Il dipanarsi dello spettacolo ha dimostrato la lucida capacità di analisi degli autori che sono riusciti a creare un perfetto equilibrio tra il contenuto dei documenti e la parte musicale. Alla sequenza dei testi si affianca la musica di quei musicisti che aderirono o non reagirono al Regime e quella di chi fu costretto a fuggire.
In Musica e Regime, Harvey Sachs, storico della musica, dimostra, con un ampia e accurata documentazione, che nell'ambiente musicale italiano a parte quelli che fuggirono all'estero come Mario Castelnuovo Tedesco, solo tre si opposero chiaramente al Regime: due sono personaggi mitici Arturo Toscanini, nella direzione d'orchestra e il baritono, Titta Ruffo di cui è celeberrimo il quadro al Metropolitan che lo ritrae insieme a Caruso e Chaliapin (Šaljapin) e il critico musicale Massimo Mila. È veramente troppo poco.
Di Titta Ruffo pochi sanno che ebbe come cognato Giacomo Matteotti, a cui fu profondamente legato e di cui portò il feretro al funerale. Dopo l'assassinio non volle più cantare in Italia e fu vittima di aggressioni, minacce ed intimidazioni anche all'estero. Pochi sono a conoscenza che fu Leo Longanesi, il celebre giornalista, a schiaffeggiare Arturo Toscanini e questo accade in quanto c'è stata la precisa volontà di far cadere nell'oblio il passato, come premessa all'attuale disgustoso revisionismo.
Per questo la proposta di questo doloroso percorso nelle abominevoli infamie testimoniate anche dai diversi testi di quel periodo è necessario, perché come dicono gli autori: “Perché autonomia dell’Arte non significhi mai più indifferenza dell’Arte”. Fabrizio Gifuni non è nuovo nel proporre un teatro, che spinga, anche provocatoriamente, il pubblico a uscire dallo stordimento mediatico e a riflettere e aveva già dato vita a tutta la rabbia contenuta nell'invettiva feroce del pamphlet Eros e Priapo (Da furore a cenere) di Carlo Emilio Gadda ne L'ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro.
Il contrappunto musicale ai testi è stato particolarmente efficace: dal servilismo reso con l'amara e sferzante ironia di Gifuni e con il canto beffardo di M’ama non m’ama di Mascagni della Bacelli, all'agghiacciante contenuto delle leggi razziali, sottolineato con il disperato Vocalise Juif di Castelnuovo Tedesco o alla giustificazione ed esaltazione della violenza con Due ricercari sul nome Bach di Casella, interpretati con grande bravura dalla Prayer, che hanno evidenziato la disumanità dei contenuti.
Bravissimi gli interpreti che hanno trasmesso il contenuto dei diversi testi e le musiche in modo eccellente; Fabrizio Gifuni ha scelto i toni e le sfumature più incisive per la parte recitata. La parte musicale di autori molto diversi è stata resa egregiamente dall'intelligenza e dalla duttilità interpretativa di Monica Bacelli e di Luisa Prayer. Al termine il pubblico che ha gremito la Sala Casella ha tributato agli interpreti un lungo scrosciante e meritatissimo applauso.