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IUC. Gli effervescenti Ballets Russes al double piano
Um duo eccezionale per i concerti della IUC: Antonio Ballista e Bruno Canino per una serata dedicata a Diaghilev ed ai Ballets Russes che infiammarono Parigi nei primi venti anni del Novecento. Il 19 febbraio in concerto con un pianoforte per due, un'intera kermesse russa con touches francesi e spagnoli, im un vagabondare coloristico ricco di impressioni fugaci e percussive (Le sacre di Strawinskij) per un'affascinante serata assieme a Debussy, Ravel, Satie, De Falla e la straripante Sagra della primavera strawinskiana.
Il Prélude à l'après-midi d'un faune di Claude Debussy data 1894 per la composizione ispirata al poema omonimo di Mallarmé, con un fauno sedotto dalle ninfe mentre si aggira nel bosco: un respiro pagano che si stempera nelle note prima in pianissimo poi recuperando ritmo, valorizzato dal duo di Ballista e Canino al piano. L'evanescente soavità della prima trascrizione per piano si conserva completamente insieme all'ambiguità tipica del brano ricco d'impressioni e colori del maestro francese. Ed i passi più lenti del fauno vengono come cadenzati dai martelletti del doppio strumento per evocarne in pieno il movimento.
Il meraviglioso interludio iberico da Manuel De Falla con La Danza del Mugnaio da El sombrero de tres picos (Il cappello a tre punte) è eseguito con svettante maestria da Antonio Ballista da solo, per essere presto sostituito da Bruno Canino per il Prélude da Jack in the Box di Erik Satie. Quest'ultimo è un bijou d'espressione coloristica, iroinico in modo meno tradizionale del Mugnaio di De Falla, è sottilmente gioioso.
In questo panegirico di balletti in cui sembra di veder brillare le punte dei ballerini di Diaghilev, a cominciare da Nijinskij, che rese un fenomeno nel 1913 il debutto di Le Sacre du Printemps di Strawinskij, La Valse di Ravel riporta i due campioni insieme al piano, ognuno con la propria tastiera ai de lati del double piano, innescando strane connessioni nella testa di chi ascolta. Il femminile francese di valzer, composto da Ravel, è un brano misterico e ondeggiante tra armonie disarmonie improvvise, decantando un'animosità appena sussurrata dal ritmo, per poi ripiegare su tenebrose soglie gravi, riconducendo ad un'ambiguità mai dissimulata. I due pianoforti mimano un valzer che, pantomima di sé stesso, continua a perder colpi, deliziandoci con le sue melodie verosimilmente incoerenti.
Il rito pagano messo in musica, questo è Le Sacre di Strawinskij, ballato da Nijinskij in quel famoso 1913, sullo stesso palcoscenico affrescato da Chagall de l'Opéra de Paris nel 1964: le quattro mani di Canino e Ballista confermano quel senso di abissale pericolo cui rimanda la “sacralità del rito”, incombendo fin dalle prime battute. I rullanti percussivi del genio russo percuotono con le loro evocazioni inquiete. Nel secondo quadro si immagina la potenza del balletto che ha solcato il palco parigino, una musica così moderna e tempestosa che il pubblico ne fu completamente sconvolto. Un rito sacrificale sulle punte dell'Eletta che nelle nostre orecchie rimanda anche a La Valse, e che ha trovato nel russo sfuggito al regime di Stalin una gloriosa temperatura “eretica”. Di sapore estremamente intenso la lettura del duo, anche negli intervalli lenti, dinamizzati da una sincronia di elevata raffinatezza, che ha concluso con un bis da una Polka giocosa dello stesso autore.