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IUC. Esplorando Schubert, una splendida conclusione
Il Quartetto di Cremona ha magnificamente concluso il ciclo dedicato a Franz Schubert (1797- 1828) con l’esecuzione del Quartetto in re minore D 810 “La Morte e la Fanciulla” e del Quintetto in do maggiore op. post. 163 D 956, ultima opera composta prima della morte del trentunenne compositore, a quest’ultimo brano ha partecipato il valente violoncellista Eckart Runge. Il concerto si è tenuto lo scorso 19 novembre nell'Aula Magna dell'Istituzione Universitaria dei Concerti.
In una lettera a Leopold Kupelwieser del 31 marzo del 1824, Schubert scriveva di un ciclo di quartetti appena iniziato, che si sarebbe concretizzato nei Quartetti: in la minore D. 804, in re minore D. 810 e in sol maggiore D. 887, che sarebbero stati gli ultimi composti. Il primo fu pubblicato nell'autunno del 1824 come opera 29 n. 1, il Quartetto in re minore "La Morte e la fanciulla" fu pubblicato postumo nel 1831 e l'ultimo nel 1850 come opera 161.
Il quartetto per archi è il genere compositivo considerato il più complesso e raffinato, che Haydn, Mozart e Beethoven avevano portato a un livello eccelso di perfezione; Schubert negli ultimi tre quartetti, che sono la sua estrema e più matura espressione creativa in questo genere, non sentì più il peso dei grandi che lo avevano preceduto ma libero nelle sua sensibilità compositiva. Negli ultimi quartetti pur rimanendo la costruzione classica emerge la sua propensione verso il canto, nella nostalgia del ricordo e nel rimpianto non esente da risvolti drammatici.
Il Quartetto in re minore, il più celebre del gruppo, rappresenta la composizione che riassume perfettamente questi aspetti; deve il suo nome al Lied Der Tod und das Mädchen (La morte e la fanciulla) D. 531, su testo di Matthias Claudius del 1817, che è la base su cui si sviluppa il secondo movimento, a confermare l’inclinazione lirica dell'autore. Il Lied canta il dialogo fra la Morte e una fanciulla, i due elementi peculiari del Lied, la tonalità in re minore e il ritmo dattilico (lunga-breve-breve), divengono gli elementi su cui Schubert costruisce l'intera partitura. La tonalità minore è alla base di tutti i movimenti, il ritmo è trasformato in frammenti ritmici simili ed estremamente incisivi in ciascuno dei movimenti realizzando con la coerenza, il rigore e la drammaticità una unità ciclica della partitura.
L'Allegro iniziale, nello schema della forma sonata, introduce nella drammaticità del contenuto con la contrapposizione dei due temi, drammaticità mantenuta nell'elaborazione tematica, con continue variazioni timbriche in funzione espressiva. Nell’Andante con moto basato sul Lied il tema viene esposto con cinque variazioni; il terzo movimento presenta lo Scherzo, Allegro molto, tempestoso e dal ritmo incalzante che si alterna alla cantabilità del Trio e ha la funzione di raccordo fra il carattere riflessivo del precedente movimento e quello drammatico del Presto conclusivo.
Il Quintetto in do maggiore D. 956 op. post. 163 fu l'ultima opera composta nel tragico e prematuro crepuscolo della vita di Schubert, scritta nel 1828 fu pubblicata postuma. Il compositore scelse di raddoppiare il violoncello, il primo usa la tessitura acuta a cui si affida l’espressione melodica mentre al secondo, grave, il sostegno e il ritmo. Fu una decisione inconsueta per l'epoca, precedentemente era stata adottata da Boccherini ma non da Mozart, che preferì la viola. Un'opzione che evidenzia i contrasti timbrici ed è adatta ai divergenti stati emotivi che la musica suggerisce in un alternanza drammatica e complessa.
I due violoncelli nell’Allegro ma non troppo, iniziale intonano un canto soave e incantatore, invece nell'Adagio, sono il secondo violino, la viola e il primo violoncello a creare una delicata e malinconica melodia su accordi, mentre il primo violino e il secondo violoncello si uniscono a creare un intenso e raffinato contrappunto. La tensione rimasta sospesa nell'Adagio, nel successivo movimento, Scherzo. Presto-Trio. Andante sostenuto si acuisce nei contrasti ritmici e timbrici. Il conclusivo Allegretto è aperto da un tema ispirato al folklore ungherese, poi il dialogo tra i diversi strumenti prosegue in un contrasto di struggente drammaticità, con pochi sprazzi luminosi.
Il Quartetto di Cremona è uno straordinario strumento perfettamente accordato, che unisce al suono vigorosamente espressivo e policromo una acuta duttilità interpretativa, magistrale nel dosare l’intensità sonora da una trama delicata, trasparente quasi impalpabile a una pienezza energica e intensa. Eckart Runge, come secondo violoncello si è inserito armoniosamente contribuendo efficacemente alla esecuzione del quintetto. Gli scroscianti applausi del pubblico che affollava l’Aula Magna hanno salutato la conclusione dei due brani e il loro entusiastico protrarsi alla fine del secondo hanno indottogli artisti a concedere un bis, una scelta difficile dopo queste composizioni, che è caduta su un seducente adattamento per quintetto del lied di Gustav Mahler Ich bin der Welt abhanden gekommen (Perduto ormai io sono per il mondo), che per la sua atmosfera è affine alla sensibilità schubertiana.