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IUC. L'addio metafisico dell'Hilliard Ensemble
Sabato 9 novembre 2014 l’Aula Magna dell’Università di Roma “La Sapienza” ha visto l’esibizione dello Hilliard Ensemble, un gruppo vocale britannico di grande fama e prestigio, con un repertorio che spazia dalla musica medievale a quella contemporanea per la stagione 2014-2015 della IUC, l'Istituzione Universitaria dei Concerti. Lo Hilliard Ensemble ha cominciato la sua carriera nel 1974, mutuando il nome dal pittore miniaturista dell'età elisabettiana Nicholas Hilliard. Nel 1988 l’ensemble, registrando Passio di Arvo Pärt, ha inaugurato una stagione di collaborazione con la musica contemporanea e con la celebre etichetta discografica ECM, fondata a Monaco di Baviera da Manfred Eicher. Collaborazione poi culminata con due dischi registrati insieme al grande sassofonista jazz Jan Garbarek, Officium e Mnemosyne.
Nell’Aula magna della Sapienza si sono esibiti nella loro versione “pura”, ossia a cappella, senza accompagnamento strumentale, alternando alcuni mottetti di Johann Sebastian Bach con alcune composizioni di Arvo Pärt.
I Mottetti rientrano tra i grandi capolavori di musica sacra che Bach scrisse nel corso della sua vita, componendoli sia per le funzioni religiose, sia per cerimonie commemorative, riti funebri o celebrazioni, e sono tra i pochi a venir ancor oggi eseguiti regolarmente. Del resto, il mottetto costituisce la forma più antica della musica polifonica europea, fin dall’inizio del Basso Medioevo, ossia dal XII secolo. Nel Settecento divenne una componente fissa delle cerimonie religiose, e veniva collocato di solito dopo il preludio organistico che introduceva il servizio.
I quattro mottetti, "Der Geist hilft unsrer Schwachheit" auf BWV 226, "Jesu meine Freude" BWV 227, "Komm, Jesu, komm" BWV 229, "Ich lasse dich nicht" BWV Anh. 159, "Singet dem Herrn ein neues Lied" BWV 225, sono stati eseguiti con grande maestria e partecipazione. Pur senza l'accompagnamento del basso continuo (formato da organo, viola da gamba e violone), i mottetti emamano una suggestione notevole, che trascende l'occasione liturgica a cui sono espressamente destinati.
Ogni mottetto bachiano è strutturato secondo un'articolazione formale che rimanda a una accuratata suddivisione interna in vari movimenti, in cui si assiste a una perfetta mediazione tra la melodia e il contrappunto, che serve a fornire un contrasto ritmico, melodico e armonico al tema principale, in modo tale che tutte le linee musicali funzionino come "figure" ricorsive.
Il primo mottetto, "Der Geist hilft unsrer Schwachheit" (Lo spirito aiuta la nostra debolezza) è a otto voci suddivise in due cori. Il testo si basa su due versetti della Lettera ai Romani di San Paolo e su un Corale di Martin Lutero (rientra quindi nella piena atmosfera della Riforma protestante). Particolarmente commovente il verso: "sondern der Geist selbst vertritt uns aufs beste mit unaussprechlichem Seufzen" (ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con sospiri inesprimibili).
Il secondo mottetto, "Jesu, meine Freude" (Gesù, mia gioia) si basa su un testo di Johann Franck, alternato ad alcuni versi della Lettera ai Romani. Inquietanti i versi: "Gottes Macht hält mich in acht;/Erd und Abgrund muss verstummen,/Ob sie noch so brummen" (La potenza di Dio mi mette in guardia;/la terra e gli abissi dovranno tacere/per quanto possano ora rumoreggiare).
I brani di Pärt, in latino e in inglese, si sono perfettamente armonizzati con quelli bachiani, senza che il pubblico avvertisse più di tanto la distanza temporale. I brani appartengono alla fase in cui Pärt, dopo esperienze dodecafoniche e sperimentali, riscopre Bach, il canto gregoriano, l'Ars Nova francese e il contrappunto fiammingo. Egli individuò nel principio dei cosiddetti "tintinnaboli", ossia in un metodo che trae origine dalle risonanze delle campane per produrre atmosfere ripetitive e statiche, il modello di una musica austera ed essenziale, basata su triadi e scale tonali, che, nel caso delle composizioni corali, mira a una polifonia con le strutture armoniche radicalmente semplificate.
Il primo brano in latino, "Summa", usa il testo latino del Credo. In esso l'eternità di Dio viene evocata dall'accordo finale, che anticipa il silenzio, forse paradossalmente il più importante dei suoni, come già John Cage aveva sottolineato.
Il brano a tre voci "And One of the Pharisees", risalente al 1992, si basa sul Vangelo di Luca e sulla scena della peccatrice che subisce la lavanda dei piedi. Si conclude con il verso: "Thy faith hath saved thee; go in peace" (La tua fede ti ha salvata; va' in pace).
Peculiarissimo è invece il brano "Most Holy Mother of God" (2003), in cui il semplice titolo viene ripetuto diciassette volte, sì da produrre l'effetto di incantamento che scaturisce da impercettibili variazioni formali, con il trapassare da assolo enfatici a sussurri e mormorii omofonici.
Il pubblico applaude convinto, forse perché consapevole di aver assistitito all'ultima performance dell'ensemble, che ha annunciato il ritiro dalle scene per la fine di quest'anno.