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IUC. Il Quartetto di Cremona conclude il ciclo beethoveniano
Lo scorso sabato 18 marzo, dopo quattro anni dall'inizio, nel 2013, il Quartetto di Cremona ha portato a termine il lungo ciclo dedicato ai Quartetti di Beethoven, una splendida formazione dalla quale speriamo di ascoltare altri cicli, a Milano hanno portato a compimento oltre all'integrale beethoveniana anche quella mozartiana, o comunque altre interessanti proposte.
I Quartetti per archi di Beethoven sono sedici, più la Grande fuga, che in origine era il finale dell'op. 133, generalmente gli studiosi li dividono in tre grandi gruppi: i sei Quartetti dell'op. 18 (1798-1800),vicini al modello haydniano e mozartiano; i Quartetti del secondo periodo e della maturità, quelli dell'op. 59, n. 1-3, (1805-1806), dell'op. 74 (1809) e dell'op. 95, (1810) e infine gli ultimi Quartetti scritti tra il 1822 e il 1826, comprendenti le op. 127, 130, 131, 132, 133 e 135, che ben descrivono tutta la parabola della produzione di Beethoven.
Il programma dell'ultimo concerto del ciclo come negli altri ha presentato tre quartetti appartenenti ai tre diversi periodi, secondo il modello ben collaudato di tutto il ciclo. I sei Quartetti dell'op. 18 furono pubblicati nel 1801 e dedicati al principe Lichnowsky, nel Quartetto in si bemolle maggiore op. 18 n. 6, che ha aperto il concerto i primi due movimenti l' Allegro con brio e l' Adagio ma non troppo seguono i modelli dell'epoca, ma già si manifesta la dirompente personalità del giovane musicista, come nello Scherzo, in cui Carli Ballola, nel suo libro dedicato a Beethoven individua nello «scontro di due strutture ritmiche diverse: quella della frase, in sei ottavi, e quella della misura, in tre quarti» un preludio alle tensioni che pervadono le composizioni successive. L'introduzione all'ultimo tempo ha come titolo “La malinconia”, la melodia del breve tema in pianissimo è interrotta da modulazioni interrogative, poi si passa al sereno danzante Allegretto durante il quale a tratti si riaffaccia la “La malinconia”.
L'occasione di dedicarsi nuovamente al quartetto per archi venne dalla commissione di una figura di primo piano nella Vienna di inizio secolo, il conte Andreas Rasumovskij, un grande ammiratore di Beethoven, che li scrisse tra il 1805-1806, per pubblicarli un paio d'anni più tardi, con dedica al committente. Erano passati cinque anni, dunque, ma altri orizzonti si erano aperti, infatti questi nuovi Quartetti furono scritti contemporaneamente alla Sinfonia "Eroica" e alla Sonata "Appassionata".
Il secondo Quartetto è mi minore, tonalità che conferisce alla composizione un carattere intimo e passionale, nell'Allegro iniziale si confrontano il teso e frammentario tema iniziale e la serenità del secondo diviso fra violoncello e violino, per arrivare alla concitazione della coda dell'esposizione, mentre nello sviluppo c'è un rapido mutare delle situazioni. Al secondo movimento il musicista premise l'indicazione “Si tratta questo pezzo con molto di sentimento”, nella tonalità di mi maggiore, non ci sono contrapposizioni bensì un susseguirsi di idee, il corale, l'effervescenza ritmica, lo staccato, il canto soave del violino. Lo Scherzo è un malinconico Allegretto che si ricollega al movimento iniziale, ha un ritmo spezzato e contrasti dinamici, mentre nel Trio c'è il tema popolare russo, in omaggio al committente, celeberrimo per essere stato usato da Musorgskij nel Boris Godunov e da Cajkovskij nella Ouverture 1812. Nel Finale, un Presto le tensioni sfociano in una vorticosa e rapida conclusione, pervasa di tensione patetica in una modulazione continua tra maggiore e minore.
L'ultimo brano eseguito è anche l'ultimo sommo capolavoro il Quartetto in fa maggiore op. 135, fu composto nel 1827, l'anno della morte di Beethoven. L'articolazione sembrerebbe un ritorno al passato: quattro movimenti, forma sonata, scherzo, tempo lento, finale, invece nel primo tempo Allegretto, la forma sonata non c'è più, non c'è un conflitto fra i temi. Le molte differenti idee si susseguono senza contrapporsi, lo Scherzo, un cristallino Vivace è denotato dai cambiamenti ritmici e il Trio dal protagonismo del primo violino. Il Lento assai, cantante e tranquillo, meditativo e cantabile ha una breve sezione centrale in minore, dal fraseggio spezzato. L'ultimo movimento in tempo Grave ha all'inizio un enigma insoluto, Beethoven ha infatti scritto "Muss es sein? Es muss sein!" (Deve essere? Deve essere!) sulla cui soluzione non c'è convergenza tra gli studiosi. L'introduzione è lenta, meditativa e drammatica, con i suoi ritmi insistiti e le armonie dissonanti si contrappone all'Allegro in cui scorrono le varie idee melodiche in una trasparente levità di scrittura. Riappare il Grave nello sviluppo, ma poi la conclusione è sfavillante e ironica, con il pizzicato e una rapida chiusura.
L'armonia interpretativa, la bellezza del suono, il virtuosismo, la capacità di variare la dinamica e la sorprendente tavolozza timbrica del Quartetto di Cremona sono qualità rare e preziose che hanno ancora una volta deliziato il pubblico presente, che gli ha tributato una vera e propria ovazione. Speriamo di tornare presto ad ascoltarli.