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IUC. Trascinante virtuosità russo-viennese
Sabato 27 ottobre 2012 alla IUC un concerto straordinariamente virtuosistico ha allietato il pubblico dell'Aula Magna dell'Università di Roma: il violinista russo Dmitry Sitkovetsky accompagnato al piano da Roger Vignoles, con un programma che variava dal celebre Trillo del diavolo di Tartini fino alle trascrizioni per violino di Kreisler, nonché le sue composizioni più acclamate, da Liebesleid a Liebesfreud. A contorno la Sonata n. 3 di Grieg e la Sonata n. 8 di Beethoven, per un percorso struggente e trascinante al completo.
Dmitry Sitkovetsky, originario dell'Azerbaijan, si trasferisce a New York nel 1977, scappando al regime post-staliniano di Brežnev, e studiando alla nota Julliard School: da lì la sua carriera prende il volo e lo vede suonare con le più rinomate orchestre di tutto il mondo, da Berlino ad Amsterdam, nonché tornare a Mosca con l'incarico di Direttore Ospite Principale alla Russian National Orchestra dal 2002 al 2005. Solista eccezionale, è simbioticamente accompagnato da Vignoles, famoso per aver lavorato con Kiri Te Kanawa o Elisabeth Söderström.
Il programma è di completo equilibrio tra la struggenza della Sonata n. 3 in do minore op. 45 di Grieg, in cui Sitkovetsky sembra particolarmente a suo agio dal punto di vista emotivo, una lingua unica, quella sua russa, col pathos del norvegese cantore di Peer Gynt sulle punte: l'appassionato del primo movimento si rivela in tutto il suo contingente e coinvolgente incanto, e lui domina i momenti maggiormente rarefatti con estrema sicurezza, quasi ad evocare i sospiri che si celano dietro le poche note appena sussurrate. Gli echi russi del secondo movimento (Allegretto) si riverberano con qualche pizzicato ed in piena romanza, spostandosi nel terzo Allegro animato come danzando elegantemente e ritmicamente, sorta di volteggio alla Dvorák vicino a momenti di slancio lirico.
Tartini: qui non ci si aspettava che una perizia eccezzionale, esattamente come quella dimostrata dal brano virtuoso iniziale, completata da un'invenzione interpretativa di marca squisitamente romantica, che ci spiega anche la scelta dei brani seguenti: da Beethoven a Kreisler. L'estrema precisione nella Sonata n.8 di marca beethoveniana è di grande afflato ed il Kreisler che segue, con i tre dei brani più conosciuti, con cui si prese gioco dei critici facendoli passare come firmati dall'ottocentesco Joseph Lanner, ossia Liebsleid, Liebesfreud ed il Rondino (su quest'ultimo no, non mentì), descrivono una vivacità tutta zigana e di grande impatto sul pubblico.
L'esecuzione dei brani di Kreisler, comprese le due trascrizioni da Brahms e da Cyril Meir Scott, sono deliziose: successi evergreen che sono seguiti da scrosci di applausi e due calorosi bis: il primo, un tango da Albéniz su trascrizione di Kreisler, il secondo la Marche Miniature Viennoise, perfetto coronamento ad una serata trascinante nello spirito della virtuosità.