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Jerome Enrico. Paulette e la sua erba
Paulette vive la sua pensione nella periferia multietnica di Parigi dove deve combattere contro gli odiati extracomunitari per accaparrarsi qualche avanzo tra i bidoni della spazzatura e arrivar a stento a fine mese. Dopo aver capito che lo spaccio di marijuana rappresenta un ottimo investimento, decide di entrare in contatto con il piccolo boss di quartiere.
Il suo fiuto per gli affari accumulato in tanti anni di pasticceria le permetteranno di diventare una vera esperta; ma Paulette dovrà fare i conti con le conseguenze della sua scelta…
Bernadette Lafont prende questo film per mano e fa da mattatrice nel corso della narrazione. Il suo personaggio, oltre a dar nome al film stesso è il cardine attorno a cui si muove l’intera narrazione. La vecchietta odiosa e scorbutica, macchietta di tante “Paulette” sparse nelle periferie delle nostre città, diventa il comico crocevia di tante tendenze contemporanee: una xenofobia feroce, una religiosità formale che nasconde tanta generosità, un difficile rapporto familiare, un’affannata paura di sbarcare il lunario.
Paulette porta tutto questo sullo schermo e ci porta in una favola d’oltralpe in cui i cattivi non fanno così tanta paura e l’allegria della compagnia è un sogno ricercato. L’accostamento al tema della droga sembra essere più che altro un pretesto per creare un’atmosfera perfetta per una commedia.
Senza mai scendere nei temi ruvidi che la droga può rappresentare, il film gioca questa carta per dare vita ad una lunga serie di opposti che stridono e provocano tante sincere risate: la terza età saggia e la gioventù sciagurata, la legalità protettiva e l’illegalità come eccitante trasgressione, la delicatezza dell’anzianità e la brutalità del razzismo senza mezze misure.
Paulette cerca di essere semplicemente una commedia senza la pretesa di interpretare un filone sociologico o generazionale; certamente tra le righe del film si possono cogliere tanti stimoli che aprono parentesi su temi quali la riscoperta dei legami familiari o il “proibizionismo” delle droghe leggere in Europa, ma sono tematiche che nella trama non hanno uno spessore tale da essere considerate portanti del film. Jerome Enrico, il regista, dirige un film certamente non nuovo (gli echi a “L’erba di Grace” sono molti), ma divertente, sincero e semplice che merita di accompagnarci per una serata all’insegna del riso spensierato.