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Jesi. Lo Frate ‘nnamorato di Giovanni Battista Pergolesi
Al Teatro Pergolesi di Jesi, il 30 settembre 2011 (replica 2 ottobre) il nuovo allestimento della commedia per musica Lo Frate ‘nnamorato (Il fratello innamorato) di Giovanni Battista Pergolesi, con l'orchestra barocca Europa Galante ottimamente diretta da Fabio Biondi, ha inaugurato la 44° Stagione Lirica di Tradizione ottenendo un grande successo.
Lo Frate ‘nnamorato è la prima commedia per musica di Pergolesi ed è l'inizio della collaborazione con il librettista Gennarantonio Federico che poi scrisse per il musicista quelli per la Serva padrona e Il Flaminio. Tra la fine del '600 e l'inizio del '700 a Napoli si verificò una profonda trasformazione culturale favorita anche dal cambiamento politico che si verificò nel 1707 con l'avvento del governo asburgico che durò fino 1734 quando il Regno di Napoli passò ai Borbone.
Un rinnovamento che fu influenzato da Pietro Metastasio che esordì a Napoli nel 1724 con la Didone abbandonata messa in musica da Domenico Sarro. Metastasio introdusse personaggi caratterizzati psicologicamente e un linguaggio più vicino alla vita quotidiana a differenza dello stereotipato dramma barocco in cui i protagonisti si esprimevano attraverso gli affetti, categorie astratte e universali. Questo fenomeno interessò tutto il teatro rinnovando profondamente la commedia, sia in lingua italiana che in vernacolo, che aveva sempre attinto alla ricca letteratura in dialetto napoletano di cui Basile (1575-1632), autore de il Cunto de li cunti, è un celebre esponente.
La nascita della commedia per musica si pone in questo contesto con testi che attingono non solo al teatro ma anche agli Intermezzi e ai canovacci della commedia dell'arte per le situazioni comiche, come in Livietta e Tracollo di Pergolesi. Gennarantonio Federico aderì con convinzione al rinnovamento di Metastasio e creò un libretto ben congegnato in cui i personaggi con una psicologia ben delineata si esprimono sia in toscano, quelli provenienti da Roma, che in napoletano, con un linguaggio che si adatta perfettamente alle diverse situazioni con scene comiche dotate di un ritmo incalzante.
La vicenda tratta di una serie di matrimoni combinati da Don Carlo, romano, e Marcaniello, popolano napoletano, senza consultare le dirette interessate. Don Carlo vorrebbe sposare Luggrezia figlia di Marcaniello che vorrebbe per sé, Nina una delle nipoti di Don Carlo mentre l'altra Nena dovrebbe sposare suo figlio Don Pietro. Le donne, però, sono tutte innamorate di Ascanio, un trovatello accolto da Marcaniello, che è attratto da tutte e tre, mentre due servette Vannella e Cardella complicano le cose divertendosi alle spalle dei padroni. L'agnizione, attraverso un segno particolare sul corpo di Ascanio, rivelerà che è il fratello di Nina e Nena, rapito da bambino dai briganti, sciogliendo artificiosamente l'ingarbugliato intrigo. Ascanio sposerà Luggrezia lasciando inesauditi i desideri degli altri personaggi.
La vicenda è una scusa per offrire una serie di situazioni che dettero l'opportunità a Pergolesi di manifestare per la prima volta la sua attitudine per la commedia che già si era intravveduta ne il dramma sacro Li prodigi della divina grazia nella conversione di San Guglielmo d'Aquitania. Nella commedia per musica la trama che trae spunto dalla realtà portò un maggiore realismo nella scelta delle voci per cui non ci sono i castrati, mentre rimangono i ruoli en travesti delle donne che interpretano uomini, come in questo caso il ruolo di Ascanio sostenuto da un soprano.
Pergolesi compose una musica all'insegna della contaminazione dei generi: dall'opera seria alla canzone che evoca lo stile popolare. La sua creatività musicale aderisce perfettamente al testo, sottolineando tutte le sfumature teatrali, malinconiche e comiche dei diversi personaggi ed esaltando il ritmo drammatico del testo con una libertà che il genere consentiva. La felicità creativa nella parodia, genere particolarmente adatto alle capacità del giovanissimo musicista, si manifesta particolarmente nel personaggio di don Pietro, popolano che ha studiato e ostenta il suo sapere, passando dal dialetto al toscano a un francese reinventato, tra l'altro con una deliziosa arietta alla francese Mon Dieu, combien de sciarm.
Il grande successo che arrise a Lo Frate ‘nnamorato ebbe come conseguenza una ripresa nel 1734 in cui ci furono cambiamenti dovuti, secondo Francesco Degrada, illustre studioso di Pergolesi, che ha curato la revisione critica, non solo al cambiamento dei cantanti in alcuni ruoli, ma anche ad esigenze artistiche. Non esiste la partitura autografa ma le quattro copie pervenute hanno il primo atto della edizione del 1734 mentre il secondo e il terzo quella del 1732. Degrada ritiene che la fretta, dovuta anche alla contemporanea composizione dell'Olimpiade, non avrebbe permesso la stampa di tutti gli atti bensì l'inserimento delle varianti come fascicoli, poi andati perduti, all'interno della prima edizione.
Fabio Biondi, che è un esperto studioso oltre che valente musicista, ha seguito la copia di Napoli in quanto la ritiene quella più prossima alla rappresentazione del 1734, a cui seguì visto il perdurante favore del pubblico una ripresa documentata nel 1748. Biondi ha anche inserito nell'orchestra la chitarra e il mandoloncello per evidenziare il colore popolare che alcuni brani possiedono; suo grande merito è di avere sottolineato con la sua direzione, al violino e alla viola d'amore, assecondato dalla bravura dei musicisti dell'Europa Galante, la grande teatralità della partitura di Pergolesi con il fraseggio, il ritmo e il colore dell'orchestra.
L'esecuzione della commedia per musica ha il vantaggio sull'opera seria di non avere parti, costruite su misura, per castrati e quindi il problema di trovare una soluzione adatta. Ha però, il grande svantaggio di prevedere cantanti-attori che all'epoca erano specializzati, cosa che nel tempo si è persa. Oggi nella formazione dei cantanti è prevista una specifica preparazione vocale ma non come attori e quindi l'interpretazione teatrale dipende dall'attitudine dei singoli.
Il regista Willy Landin, autore anche delle funzionali scene, ha trasferito l'azione alla fine del 1940 stabilendo una continuità delle caratteristiche della commedia da quella settecentesca per musica quella dei film in cui certi topoi della commedia dell'arte perdurarono; esemplari in questo senso quelli di Totò. Le proiezioni di spezzoni dell'epoca non ci hanno convinto, in quanto distraevano dalla fruizione della commedia, mentre le indicazioni registiche date ai cantanti sono state efficaci e lo spettacolo è andato in crescendo dal primo atto, meno convincente ai successivi più riusciti.
Laura Cherici è stata una Vannella spiritosa e brava, riuscendo intrigante nella parte sentenziosa e briosa nella parte a ritmo di tarantella, nell'aria che Stravinskji usò per il suo Pulcinella Chi disse ca la femmena; bene la Cardella di Rosa Bove; divertente anche la scena a contrasto della lite delle due servette. Il vecchio innamorato, altro topos transitato poi all'opera buffa, Marcaniello di Nicola Alaimo è stato convincente, senza eccessi nella parte buffa, vocalmente e come attore, nel rendere credibili le disavventure del personaggio per di più affetto dalla gotta con le classiche esilaranti conseguenze. L'altra parte buffa del vanesio Don Pietro è stata sostenuta da Filippo Morace che si è disimpegnato bene non eccedendo nella caricatura del personaggio. Patrizia Biccirè è stata efficace nell'interpretazione di Nena a cui è affidata la virtuosistica aria di bravura, con flauto obbligato nello stile dell'opera seria, Va solcando il mare d'amore, convincente anche Jurgita Adamonyte come Nina e Barbara Di Castri come Luggrezia.