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Julieta. Almodóvar e le sottigliezze della Munro
Non è del tutto chiaro ciò che Pedro Almodóvar avesse in mente con questa rilettura dei racconti di In fuga di Alice Munro: ciò che ci viene in mente, conoscendo la Munro, è che le sue sottigliezze forse poco si adattano alla mentalità piuttosto burrascosa di Almodóvar, e che nella sua trasposizione attraverso Julieta, quell'accento così flebile, denso di patetismo della Munro, non venga del tutto tradotto per il pubblico che, a nostro avviso, rimarrà stupito quanto noi da questo film.
La sceneggiatura è stata riscritta da Pedro Almodóvar, e alle musiche abbiamo il collaboratore di sempre Alberto Iglesias, che ha fatto un lavoro da certosino per l'inserimento ed il commentario musicale ai tanti dialoghi e silenzi che danno la voce a Julieta. Dalla fotografia di Jean-Claude Larrieu, che per la prima volta lavora con Almodóvar, notiamo un omaggio a Ryūichi Sakamoto, autore delle musiche di Tacchi a spillo del 1991, per un ritorno a quegli anni nel minimalismo bianco della casa di Julieta. Bianco che cancella tutto il passato insieme al dolore per la figlia perduta, Antìa, che Julieta rielabora a suo modo, in un flashback che ci racconta tutta la storia, dal 1985 ad oggi.
Le due protagoniste, intense entrambe, sono Emma Suárez, per Julieta adulta mentre la biondissima
Adriana Ugarte interpreta la giovane professoressa di filologia greca che incontra Xoan (Daniel Grao) sul treno, dove comincia un sentiero misterioso per la vita, insieme a strani episodi mai spiegati dalla storia, fino all'ultimo frame.
Si rimane infatti quasi a bocca asciutta alla fine, il troncamento della storia è improvviso e nell'auto con Julieta grande (Emma Suárez) e Darío Grandinetti nel ruolo di Lorenzo Gentile - che aveva conosciuto attraverso Ava (Inma Cuesta), la scultrice amica di Xoan – ci si chiede non solo come andrà a finire, ma il senso di tutta questa esplorazione nell'intimità diacronica di una donna attraverso due età della vita: la giovinezza e la maturità.