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Klimt & Schiele. L'Arte al suo Tempo
Per soli tre giorni, il 22, 23 e 24 ottobre, Klimt & Schiele. Eros e Psiche approda nei cinema: un ritratto della Vienna tra fine Ottocento e inizio Novecento, ovvero la Finis Austriae: dal 1897, data della nascita della Secessione viennese fondata da Gustav Klimt, Kolomon Moser ed altri artisti austriaci che decisero di riformare l'arte viennese per cominciare, e finirono per creare un movimento vero e proprio che trasse il nome da loro ma che poi trovò in ogni paese un suo corrispettivo linguistico: dall'Art Nouveau in Francia, allo Jugendstil in Germania e Svizzera, al Liberty in Italia.
La scritta che campeggia sul monumento alla Secessione a Vienna, tra la Chiesa di San Carlo Borromeo ed il Theater an der Wien e fra le foglie dorate della facciata, è: “Der Zeit ihre Kunst, der Kunst ihre Freiheit”, ovvero “Ad ogni epoca la sua arte, all'arte la sua libertà”: questo è il motto della Secessione e di quegli artisti, come Egon Schiele e Gustav Klimt, che sfidarono ogni censura del loro tempo rappresentando quello che Freud avrebbe chiamato nel 1919 il “perturbante” (das Unheimliche), soprattutto nel campo della sessualità.
E 1900 è la data proprio di quell'opera, Die Traumdeutung (L'interpretazione dei sogni) che diede la stura alla scoperta principale di Sigmund Freud: la presenza dell'inconscio, di una parte celata alla nostra razionalità e che viveva indipendentemente da essa, potente nelle sue epsressioni ed azioni, e non conforme ai criteri stabiliti dalla borghesia viennese di derivazione asburgica.
Il film, scritto da Arianna Marelli e diretto da Michele Mally, è prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital con il sostegno di Intesa Sanpaolo e con la partecipazione straordinaria di Lorenzo Richelmy che, nella parte di un narratore atemporale che a tratti ci sembra Schiele ed a tratti Klimt, ci conduce nei meandri delle scoperte di un mondo in rigoglio prima di finire, nel 1918, insieme a tutta un'epoca ed un impero, quello austriaco, che dominò la Mitteleuropa per quattro secoli.
Tutto questo è raccontato anche da chi ricorda questi ultimi sprazzi imperiali e che allo stesso tempo visse un ribollire di sciami artistici che vanno dalla dodecafonia di Schönberg con la prima opera dedicata, Die Verklärte Nacht da una poesia di Richard Dehmel dal tema rischioso (un uomo che decide di unirsi alla donna che ama anche se lei attende il figlio di un altro), fino alla Salomé di Richard Strauss a teatro, riprodotta da Klimt in Judith II (1909); ad Arthur Schnitzler e la sua Signorina Else, come anche il suo Girotondo, nel quale si raccontano le storie intrecciate tra persone per bene, prostitute, saltimbanchi, che agitano le acque di un fiume ormai in tumulto.
Le sale dell’Albertina, del Belvedere, del Kunsthistorisches Museum, del Leopold Museum, del Sigmund Freud Museum e del Wien Museum, insieme alla Danza delle ore (1899) di Gaetano Previati – titolo fatidico! - ci accolgono in questa Traumnovelle (Doppiosogno) di Schnitzler in cui noi tutti facilmente ci ritroviamo protagonisti disincantati da un déjà vu tra le note di Beethoven suonate al piano da Rudolf Buchbinder.
Il salotto di Berta Zuckerkandl, come lo studio della fotografa Dora Kallmus, si aprono sotto gli archi di una Vienna così operosamente creativa, in fermento tra le dita contorte della Wilma di Schiele, tra La morte e la Fanciulla (lui e Wally) e gli ori pieghettati a mosaico di Klimt, tra i suoi ritratti dell'amata Emilie Louise Flöge e la sua Nuda veritas (1899): il marchio di un secolo che termina con la fine della prima grande guerra, lasciando una Terra desolata (1922, The Waste Land) come viene chiamata da Thomas Stearns Eliot, su cui il secolo breve, il Novecento, potrà riflettere.