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Kubrick Revisited. Eyes Wide Shut ed il covid-19
E se Kubrick avesse previsto o avesse “saputo” della diffusione planetaria del covid-19 e ne avesse lasciato traccia nel suo ultimo film? Analizzeremo Eyes Wide Shut (1999), uno dei suoi capolavori, basandoci sulle sue stesse immagini, che rivelano molto piu’ di quello che direbbero ai nostri “occhi completamente chiusi”, instaurando già dal senso, un signifcato ambivalente attraverso il termine "wide", largo, spianato, aperto; e "shut", chiuso/i, come quegli occhi con i quali abbiamo probabilmente visto il film 23 nni fa.
Rivedendo il film dopo vent’anni si fa caso in particolare ad una scena, susseguente alla partecipazione di Bill Harford (Tom Cruise) alla soirée nella villa en masque: lui infatti è alla ricerca della modella che aveva incontrato la sera prima, la stessa che aveva salvato la sera della festa presso Victor Ziegler perché andata in overdose. Purtroppo la troverà in un ospedale, che ritrae l’esistente Mount Sinai West o Roosevelt Hospital di Manhattan, New York. In obitorio giace la modella Amanda Curran (Julianne Davis): un pianosequenza mirato ruota attorno alla camera mortuaria mostrando tre radiografie ai polmoni; due, una accanto all’altra ed una da sola: poi la camera riprende il numero sopra il cassetto dove riposa la modella, si legge il numero, 19. Cruise/Harford riconosce la ragazza e poi esce: una carrellata riprende l’attore con il cellulare in mano e due grosse C indicano gli altri reparti.
Altri aspetti “premonitori” sono la villa della soirèe en masque, la serata in maschera, che è una villa dei Rotschild, in particolare Mentmore nel Buckinghamshire. Naturalmente fa coppia con l’ospedale dei Roosevelt dove Harford/Cruise ritrova la modella che lo “salvato” da morte certa la sera prima per essersi intrufolato in una serata aperta a pochissimi invitati, estremamente lussuriosa e dall’aspetto di messa nera.
Harford/Cruise poi si recherà dall’amico Victor Ziegler, che gli conferma quanto è stato pericoloso per lui introdursi alla festa e che la vita della modella, sostanzialmente, “non valeva nulla”, era una merce, nient’altro. Ci viene in mente però che esiste un altro Ziegler, di nome Jean, svizzero (nato nel 1934) che è sociologo e politico, oltrechè professore allì’Università di Ginevra, ed ha scritto molto sulla deriva della disuguaglianza crescente, cito dalla presentazione de L’impero della vergogna (Marco Tropea, 2006), che sembra essere staro scritto ieri:
“Assistiamo oggi a un movimento di rifeudalizzazione del mondo, che permette alle grandi multinazionali del Nord di sfruttare sistematicamente il resto del pianeta. Per poter imporre questo inedito regime in grado di sottomettere i popoli agli interessi delle compagnie private, i nuovi signori dell'impero della vergogna si servono di due straordinarie armi di distruzione di massa: il debito e la fame. Debito che obbliga gli stati alla rinuncia dell'autonomia, fame che costringe i popoli alla perdita della libertà. Le tradizionali limitazioni stabilite dal diritto internazionale nei rapporti tra stato e individuo non bastano più a opporsi al regime di violenza strutturale e permanente che oggi governa il globo.” Aggiungiamo poi che nel 2011 ha pubblicato, in francese, Destruction massive: Géopolitique de la faim.
Nel film sono rappresentate quindi due delle famiglie piu’ ricche del pianeta attraverso due luoghi: i Rotschild per quanto riguarda la soriée nella villa in maschera; i Roosevelt per l’ospedale dove viene dichiarata morta la modella che ha offerto la sua vita per Harford/Cruise.
Se ripensiamo poi alle incredibili somiglianze con uno dei party del jet-set mondiale in una delle ville della coppia piu’ celebre del casato Rotschild, ovvero di Guy & Marie-Hélène de Rothschild, lo Chateau de Ferrères il 12 dicembre 1972, esattamente 50 anni fa, e che la serata fosse a tema surrealista con invito scritto all’inverso da leggere allo specchio, possiamo trovare ancora altre chiavi di lettura piu’ perniciosamente “connettive” all’orgia che Kubrick ha descritto elegantemente attraverso l’entrata in scena di Harford/Cruise con la parola “Fidelio”, titolo dell’unica opera di Beethoven in cui la moglie del protagonista lo salva proprio travestendosi da uomo per sottrarlo alla prigione ed alla morte certa.
Della festa mascherata dei Rotschild ci ha colpito in particolare il copricapo della Baronessa Marie-Hélène: ha la testa di un cervo imbalsamato in una, e solo le corna in un'altra, dove mostra il viso. Il cervo è un animale dai molteplici significati: dalla rigenerazione vitale, legata alla caduta e seguente ricrescita del suo palco al simbolo della resurrezione cristiana e dell'anima che anela a Dio. Inoltre Diana Spencer era simboleggiata con un cervo, e con la sua uccisione e la sua morte nel film The Queen (Stepehen Frears, 2006), ed in Il sacrificio del cervo sacro, film di Yorgos Lanthimos del 2017, rappresenta il cervo come sacrificio dell'innocente, e una dei protagonisti di quest'ultimo film è proprio Nicole Kidman.
Per ritornare a Kubrick, il regista ha sempre costruito i set nel modo piu' ossessivo, fornendo dettagli mai casuali: resta lo spazio aperto per le domande.
Dai una maschera ad un uomo e ti dirà la verità, Oscar Wilde, diceva; oggi potremmo dire: costringi un uomo ad indossare una maschera e negherà per sempre la verità.