L’estasi di Santa Teresa. Il restauro della berniniana Cappella Cornaro

Articolo di: 
Nica Fiori
Profilo di S. Teresa

Quando il cardinale Federico Cornaro chiese ai padri Carmelitani scalzi di Santa Maria della Vittoria di concedergli la parte sinistra del transetto della chiesa per realizzare la cappella di famiglia, Gian Lorenzo Bernini aveva 50 anni. Era quindi all’apice della sua carriera e in effetti egli creò uno dei massimi capolavori dell’arte barocca, la Transverberazione (trafittura del cuore) di Santa Teresa alla quale assistono, da due palchetti laterali, i membri della famiglia Cornaro, compreso lo stesso cardinale Federico. Così come allora la Cappella Cornaro (inaugurata nel 1651) lasciò tutti a bocca aperta per l’incredibile ricchezza dei marmi e per l’invenzione artistica, altrettanto avviene oggi dopo un restauro che l’ha riportata all’originario splendore.

L’intervento, diretto da Lia Di Giacomo, si era reso necessario per rimuovere la patina di grasso e di sporco che ne anneriva le superfici, e ha riguardato non solo i gruppi scultorei, ma anche il pavimento, il paliotto d’altare e l’oculo sovrastante l’Estasi della santa, che di norma sfuggono all’attenzione dei visitatori. La presentazione del restauro coincide con il cinquecentenario della nascita di Santa Teresa d’Avila (1515-1582), fondatrice dell’Ordine delle Carmelitane scalze e in seguito del ramo maschile, canonizzata nel 1622 e proclamata Dottore della Chiesa nel 1970 per l’alto contenuto spirituale dei suoi scritti, tra cui l’Autobiografia e Il castello interiore. Come ha precisato Daniela Porro, ex Soprintendente del Polo Museale romano e ora Segretario regionale per il Lazio, la chiesa venne intitolata a Santa Maria della Vittoria dai Carmelitani per accogliere l’immagine della Madonna che, esposta da un carmelitano, miracolosamente aveva fatto vincere l’esercito dei pontifici contro l’elettore Federico di Sassonia nella Battaglia della Montagna Bianca (1620) relativa alla Guerra dei 30 anni.

Tutto l’insieme, decorato da Carlo Maderno, è sontuoso e la chiesa ospita diversi capolavori (in particolare un San Francesco del Domenichino e una Trinità del Guercino), ma ciò che attrae i visitatori è proprio quell’esperienza mistica di Santa Teresa, estasi dell’amor divino e non profano, come Bernini ben sapeva, avendo letto l’Autobiografia della Santa. Tanto che, trafitta dall’amor di Dio, la santa muore durante l’estasi. I cieli si aprono e gli angeli la accolgono con una corona e un cartiglio che reca la scritta “Nisi coelum creassem ob te solam crearem” (se non avessi creato il paradiso, ora lo creerei soltanto per te): indubbiamente una bellissima dichiarazione d’amore dal suo sposo celeste.

Grazie ad una presa di luce dall’esterno che illumina una raggiera dorata, si allude alla luce del Paradiso. E in effetti anche gli scheletri raffigurati sul pavimento in due tondi salgono al cielo, mentre i cardinali che assistono alla transverberazione che si svolge sull’altare fanno da intermediari tra noi e la scena paradisiaca. La santa è distesa su delle nuvole coperta da un panneggio estremamente mosso, con un piede nudo (era carmelitana scalza), e la testa riversa all’indietro con le palpebre abbassate e la bocca aperta. Davanti a lei è un meraviglioso giovane angelo con i capelli ricci e la veste mossa dal vento con in mano una freccia dorata (non è più quella originale: un tempo dalla punta scaturivano delle fiamme perché si trattava di un dardo infuocato) che sta per penetrarle il cuore.

Quest’estasi appariva a molti contemporanei troppo sensuale. In effetti sembra rifarsi al tipo iconografico della Danae che riceve la pioggia d’oro (un soggetto decisamente erotico), ma Bernini prese alla lettera le parole di Teresa d’Avila, che è stata definita “la più santa tra le donne e la più donna tra le sante”. E in effetti morì consunta dall’amore più che dalla malattia, dopo numerose visioni e rivelazioni delle grazie celesti.

L’intervento di manutenzione straordinaria, a distanza di 19 anni dall’ultimo memorabile restauro, è stato l’occasione per studiare nuovamente l’opera berniniana e di fare una campagna fotografica e di indagini diagnostiche. La novità di questo restauro, come ha raccontato Lia Di Giacomo, è che alla base del gruppo dell’Estasi sono state rimosse ridipinture e stuccature non originali che alteravano la percezione visiva dello spettatore e sulle quali nessuno fino ad oggi era mai intervenuto. È stata così rimessa in luce una nuvola berniniana che era stata nascosta da una ridipintura a finto marmo che replicava i colori della specchiatura a cornice nella parete di fondo (giallo antico e nero d’Aquitania), recuperando perfettamente l’originario effetto d’insieme. In effetti le nuvole che invadono, con una libertà tipicamente berniniana, le superfici a specchiature marmoree del fondo rendono teatrale l’azione senza tempo a cui assistiamo ancora oggi con rinnovata meraviglia.

Pubblicato in: 
GN5 Anno VIII 3 dicembre 2015
Scheda
Titolo completo: 

“Lo splendore di un’estasi”

Restauro della Cappella Cornaro

Promosso dall’ex Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il polo Museale della città di Roma

Chiesa di Santa Maria della Vittoria, Via XX Settembre, 17 Roma