L'abbaglio. La spedizione dei Mille riletta da Roberto Andò

Articolo di: 
Teo Orlando
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L'abbaglio di Roberto Andò, presentato nel 2024, si propone come un'opera cinematografica che coniuga storia e finzione per indagare i paradossi e le contraddizioni dell'identità italiana. Ambientato nel 1860, durante la spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi, il film offre un affresco che mescola dramma, comicità e riflessione storica, grazie a una narrazione in bilico tra epica e ironia.

Il film si concentra su un episodio poco conosciuto, ma cruciale, della spedizione garibaldina: una manovra diversiva orchestrata da Garibaldi e realizzata dal colonnello Vincenzo Giordano Orsini. La missione, finalizzata a confondere l'esercito borbonico, diventa il pretesto per esplorare il contrasto tra idealismo e compromessi politici. A questo si intrecciano le vicende di due personaggi inventati, Domenico Tricò e Rosario Spitale, interpretati rispettivamente da Salvo Ficarra e Valentino Picone. Entrambi siciliani, ma motivati da interessi personali più che patriottici, i due portano una ventata di umanità e umorismo in una storia altrimenti dominata da tensioni epiche.

Roberto Andò, noto per il suo approccio sofisticato e spesso teatrale, confeziona un'opera che bilancia momenti di introspezione con situazioni di grande impatto visivo. Toni Servillo offre un'interpretazione impeccabile nel ruolo del colonnello Orsini, incarnando l'aristocratico palermitano con il carisma e la complessità emotiva che contraddistinguono l'attore. Ficarra e Picone, pur mantenendo il loro tratto comico, dimostrano una sorprendente versatilità, aggiungendo profondità ai loro personaggi.

Il cast di supporto, che include Tommaso Ragno nel ruolo di Giuseppe Garibaldi e Pascal Greggory nei panni del generale borbonico Jean-Luc Von Mechel, arricchisce ulteriormente la narrazione con performance intense e convincenti (anche se Greggory ha palesemente recitato a memoria la sua parte, a causa della sua conoscenza sommaria della lingua italiana).

La fotografia di Maurizio Calvesi cattura magnificamente i paesaggi siciliani, evocando una Sicilia arcaica e misteriosa, mentre le musiche di Michele Braga e Emanuele Bossi contribuiscono a sottolineare l'atmosfera drammatica e, al contempo, ironica della vicenda. La scenografia e i costumi ricostruiscono con cura l'epoca risorgimentale, aggiungendo autenticità al racconto.

Andò utilizza l'episodio storico per riflettere sui paradossi dell'identità nazionale italiana: un popolo diviso tra furbizia e generosità, opportunismo e idealismo. Il regista inserisce elementi meta-cinematografici, evidenziando come la Storia, spesso, sia plasmata non solo dagli eroi, ma anche da figure marginali e apparentemente insignificanti. Il tema della manipolazione – esplicitato dal titolo – diventa centrale, richiamando l'arte della strategia militare e della narrazione stessa. Garibaldi, Orsini e persino i due protagonisti fittizi si muovono in un gioco di illusioni e verità che rispecchia il complesso processo di unificazione italiana.

La pellicola si presenta così come un’opera che cerca di intrecciare la Storia nazionale con le sue contraddizioni, offrendoci un ritratto insieme epico e ironico dell’Italia risorgimentale. Tuttavia, alcune scelte narrative e interpretative sollevano interrogativi che meritano una riflessione critica più approfondita. Innanzitutto, il film rischia di cadere in un registro troppo agiografico, soprattutto nel modo in cui rappresenta il colonnello Vincenzo Giordano Orsini. La figura di Orsini, pur tratteggiata con cura, sembra eccessivamente idealizzata, quasi al punto di oscurare Giuseppe Garibaldi, che rimane un personaggio secondario rispetto al carisma del colonnello (comunque ben interpretato da Tommaso Ragno). Questa scelta narrativa risulta discutibile, considerando il ruolo centrale di Garibaldi nella spedizione dei Mille, benché trovi una spiegazione nell'ambito dell'economia general del film.

Un altro aspetto critico è l’assenza, o almeno l’omissione, di riferimenti significativi al ruolo dei servizi segreti inglesi e della Royal Navy, elementi storici fondamentali che hanno contribuito al successo dell’impresa garibaldina. Allo stesso modo, il film evita di affrontare apertamente il tema della corruzione tra gli ufficiali borbonici, che fu determinante per superare la sproporzione numerica tra i due eserciti. Questo silenzio storico potrebbe far apparire la vittoria di Garibaldi come un dato scontato, privandola della complessità reale.

Inoltre, l’esclusione di qualsiasi accenno a una possibile intesa tra Orsini e i capimafia locali appare come un’altra semplificazione significativa. Sebbene non ci siano prove storiche incontrovertibili, questo elemento avrebbe potuto essere utilizzato per esplorare le ambiguità e i compromessi del Risorgimento, invece di idealizzarlo. Ma Roberto Andò, nella conferenza stampa, ha sostenuto che Vincenzo Giordano Orsini rifiutò effettivamente la collaborazione con i capimafia durante la spedizione garibaldina, una scelta che avrebbe sottolineato l’integrità morale e il senso di giustizia del personaggio.

Inoltre, pur menzionati da Andò in conferenza stampa, i fatti di Bronte – con il luogotenente di Garibaldi, Nino Bixio, che decide di fucilare dei contadini rivoltosi: un episodio chiave per comprendere le contraddizioni sociali della spedizione garibaldina – non trovano spazio nel film. Questa omissione priva il racconto di una dimensione sociale e politica che avrebbe reso l’opera più completa e incisiva.

Peraltro, Andò ha dichiarato di essere stato ispirato dal racconto Il silenzio di Leonardo Sciascia, ora pubblicato nella raccolta Il fuoco nel mare. Sebbene Sciascia fosse spesso critico nei confronti delle mitologie risorgimentali, potrebbe aver lasciato tracce interpretative sulla condotta morale di figure come Orsini. Quest'ultimo potrebbe essere stato confrontato con altri capi garibaldini che, al contrario, accettarono compromessi con i poteri locali, rafforzando l’immagine del colonnello come figura integra.

Nonostante le dichiarazioni di Andò, l’assenza di un consenso storico su questo aspetto rende la sua interpretazione aperta a discussioni. Il contesto siciliano del 1860 era caratterizzato da una complessa rete di poteri locali, e Garibaldi stesso si avvalse di alleanze strategiche, talvolta implicite, con figure influenti. L'idea che Orsini abbia agito in totale autonomia potrebbe dunque apparire come una semplificazione o una scelta narrativa più che un fatto storicamente accertato.

Sarebbe interessante conoscere più dettagli sui riscontri storici che Andò sostiene di avere, poiché questo aspetto potrebbe arricchire il dibattito attorno a L’abbaglio e al ruolo di Orsini. In ogni caso, il rifiuto del colonnello di collaborare con i capimafia resta un elemento che aggiunge fascino alla sua figura, ma che rischia di rimanere confinato nella sfera del mito cinematografico.

La scena finale con il colonnello, ormai a riposo, che allude alle speranze tradite del Risorgimento, risultano vaghe poco incisive. Andò sembra voler trasmettere un messaggio, ma la sua ambiguità rischia di lasciare lo spettatore insoddisfatto. Una rappresentazione più diretta e coraggiosa di questa disillusione avrebbe dato maggiore spessore all’opera.

In realtà a leggere tra le righe, siamo in presenza di un duplice l’abbaglio: il primo si verifica quando i garibaldini depistano le truppe borboniche. Qui Andò indulge molto al romanzesco, pur ambientando fedelmente l'azione nei luoghi siciliani dove è effettivamente avvenuta. I due personaggi immaginari inseriti nel film, Domenico Tricò e Rosario Spitale (Salvo Ficarra e Valentino Picone), riescono inaspettatamente a salvare la colonna. Viene suggerito che probabilmente l'esito positivo della spedizione è dovuto proprio a loro, in fondo disertori "pentiti", per uno strano paradosso della Storia. L'azione parallela dei due impostori si rivela fondamentale, come anche la loro abilità nel fingere e simulare. Si può dire che il loro destino venga cambiato da quegli stessi eventi della Storia che essi stessi hanno contribuito a cambiare. Salvo Ficarra e Valentino Picone si confermano interpreti versatili, capaci di aggiungere leggerezza e umanità al racconto. Tuttavia, il loro registro tragicomico rischia di sfiorare la caricatura, evocando a tratti la comicità slapstick di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, loro modelli riconosciuti.. Questo approccio, sebbene efficace in alcune scene, potrebbe risultare fuori luogo in un contesto che si propone di mescolare il comico e il drammatico con maggiore equilibrio.

Il secondo abbaglio è quello tipico di tutti i rivoluzionari che sperano in una palingenesi e rigenerazione della società. Orsini non ne è esente. E all’indomani dell’unità d’Italia si accorge che «se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», per citare la celebre frase pronunciata da Tancredi Salina nel Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

L'abbaglio rimane un’opera significativa e ambiziosa, ma la sua rappresentazione appare talvolta troppo semplificata. Se da un lato offre un ritratto vivido e coinvolgente del Risorgimento italiano, dall’altro si affida a una narrazione che evita di approfondire le zone d’ombra della Storia. Per chi cerca una riflessione più complessa e problematica sui paradossi dell’identità nazionale, il film potrebbe risultare incompleto. Tuttavia, il valore artistico complessivo, insieme alle eccellenti interpretazioni di Toni Servillo e del cast, lo rende comunque un’opera meritevole di attenzione.

L'abbaglio è un film ambizioso che riesce a intrattenere, emozionare e far riflettere. Con un cast di alto livello, una regia ispirata e una sceneggiatura che bilancia sapientemente storicità e invenzione, Roberto Andò realizza un'opera capace di parlare sia al passato sia al presente dell'Italia. Consigliato a chi ama il cinema che unisce spettacolo e pensiero, L'abbaglio si distingue come uno dei film più significativi dell'anno, capace di lasciare un segno indelebile nello spettatore.

Pubblicato in: 
GN9 Anno XVII 11 gennaio 2025
Scheda
Titolo completo: 

L'abbaglio
Regia: Roberto Andò

CAST

TONI SERVILLO Vincenzo Giordano Orsini
SALVO FICARRA Domenico Tricò
VALENTINO PICONE Rosario Spitale
TOMMASO RAGNO Giuseppe Garibaldi
GIULIA ANDÒ Assuntina
LEONARDO MALTESE Ragusìn
VINCENZO PIRROTTA Sovrastante
CLARA PONSOT Rose
AURORA QUATTROCCHI La madre che piange
FILIPPO LUNA Sindaco di Sambuca
ROSARIO LISMA Parroco di Sambuca
GIOVANNI ANZALDO Bosco
CLAUDIO COLLOVÀ Giuseppe La Masa
ANDREA GHERPELLI Veterano Bergamasco
FEDERICO PASQUALI Giovane ligure
MATTEO BIANCHI Giovane toscano
DAVID MEDEN Giovane veneto
DANIELE GONCIARUK Nino Bixio
con la partecipazione straordinaria di
PASCAL GREGGORY Jean Luc Von Mechel
GIULIA LAZZARINI Maddalena Orsini

Soggetto e sceneggiatura ROBERTO ANDÒ, UGO CHITI,
MASSIMO GAUDIOSO
direttore della fotografia MAURIZIO CALVESI
montaggio ESMERALDA CALABRIA
produttore delegato Tramp Limited NICOLA PICONE
prodotto da ANGELO BARBAGALLO e ATTILIO DE RAZZA
una produzione TRAMP LTD e BIBI FILM
con RAI CINEMA e MEDUSA FILM

Distribuzione: 01 distribution

Uscita al cinema 16 gennaio 2025