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Leopardi e la sua poetica secondo Pietro Citati. L'immaginazione dell'infinito
L'ultimo libro di Pietro Citati, Leopardi, appena pubblicato da Mondadori, si presenta come una monografia critica che appartiene alla migliore tradizione della saggistica letteraria Italiana, dato che il critico interpreta e spiega con grande capacità di analisi l’opera poetica e filosofica del poeta e filosofo recanatese.
Nella cultura Italiana del nostro tempo la figura di Pietro Citati è straordinaria e singolare per i saggi letterari che ha pubblicato sui grandi scrittori, come quelli dedicati a Goethe, Tolstoj, Kafka, Proust. Si tratta di saggi critici nei quali Citati analizza i testi letterari di questi autori cogliendone il senso ed il significato estetico attraverso la ricognizione biografica delle loro vite, secondo il metodo esegetico che è stato inventato da Sainte-Beuve.
Nella prima parte dell’ampio e monumentale volume, l’autore racconta e descrive l’ambiente familiare di Giacomo Leopardi, i difficili rapporti con la madre, Adelaide Antici, donna posseduta da una sconfinata avarizia, e quelli con il padre Monaldo, che nel figlio vide un suo doppio, destinato a diventare ciò che lui avrebbe voluto essere, ossia uno scrittore colto e raffinato.
Il giovane Giacomo, asserragliato nel palazzo nobiliare di Recanati, studia e legge di notte e di giorno gli autori della grande cultura classica nella biblioteca familiare, scoprendo e lasciando che il suo animo sia invaso e dominato dal sentimento della bellezza e della poesia. Spesso il fratello Carlo, con cui condivideva la stanza da letto, svegliandosi nel cuore della notte, lo sorprendeva mentre leggeva i suoi amati libri. Come risulta dalle lettere che scrisse a Pietro Giordani, un intellettuale che divenne suo amico, Leopardi detestava e non amava Recanati, il paese in cui era nato. Nei primi anni di vita conobbe la malinconia e la depressione, a cui si aggiunse la turbercolosi, malattia che gli procurò una deformazione del corpo e dolori atroci, fino alla fine della sua tormentata esistenza.
Per comprendere la poetica di Leopardi, bisogna tenere presente il saggio che scrisse sulla poesia moderna, ossia il Discorso di un Italiano intorno alla poesia romantica. In questo saggio, nel quale colpisce la capacità del grande scrittore di sviluppare un'ampia riflessione oscillante e ondeggiante intorno ai temi della letteratura moderna, viene delineata una distinzione tra la poesia classica e quella moderna. Mentre la poesia antica era dominata dalla gioia e dalla solennità, la poesia moderna è intrisa di malinconia. La malinconia del poeta moderno nasce e deriva dal conflitto insanabile che si produce nel rapporto tra la Ragione e la Natura. La Natura, responsabile dell'infelicità umana e del male presente nell’universo, entra in conflitto con la civiltà moderna.
Proprio la Natura, la Ragione moderna, che rende consapevole l’uomo della sua misera condizione, e la Felicità sono le tre figure intorno alle quali Leopardi nello Zibaldone, il suo grande ed immenso libro di appunti, definisce e indica le idee filosofiche su cui si basano il suo pensiero e la sua poetica. Secondo Leopardi, nella modernità si genera una separazione ed un conflitto insanabile tra la Natura e la Ragione umana. L’uomo, avendo mangiato la mela della conoscenza nel paradiso, secondo il racconto contenuto nel libro biblico della Genesi, diviene consapevole della sua condizione mortale e scopre di essere solo nell’universo.
Citati nota che le pagine dello Zibaldone offrono la possibilità di capire la grandezza di Giacomo Leopardi, un genio immenso, che riusciva a concepire contemporaneamente opere letterarie diverse, per ispirazione e valore estetico. Nello Zibaldone la ragione assume un valore analitico assai penetrante, sicché è giusto considerarlo un libro che anticipa i grandi temi della modernità, che saranno in seguito trattati da Adorno, da Nietzsche, da Musil, da Kafka e da Gadda nello loro opere.
Come emerge nel celeberrimo Dialogo della Natura e di un Islandese, testo che si trova nelle Operette morali, l’uomo moderno, in preda allo sgomento ed all’angoscia, scopre che la natura è priva di uno scopo e si rivela indifferente nei riguardi del dolore e della sofferenza umana. Nel Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare, che appartiene sempre alle Operette Morali, Leopardi analizza il tema dell’amore ideale e quello della noia. La noia è un tema che attraversa l'intera poetica leopardiana (basti pensare alla poesia Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, sul cui "palinsesto", come direbbe Gérard Genette, Friedrich Nietzsche costruì l'intero primo capitolo della seconda delle Considerazioni inattuali, Sull'utilità e il danno della storia per la vita) e nasce nell’animo umano quando il desiderio si esaurisce e subentra il vuoto, che attende di essere colmato.
Straordinarie sono nel libro le pagine nelle quali Citati spiega come l’immagine dell’Infinito, su cui Leopardi ha scritto un Idillio di bellezza incomparabile, sia sorta nella mente e nella vita interiore del poeta,
L’idea dell’infinito, che solo la mente umana può concepire grazie all'immaginazione poetica, viene fatta risalire da Citati ad un celebre passo di un'opera di Jean-Jacques Rousseau intitolata Nouvelle Héloïse, libro amato da Leopardi (ma non manca neppure un riferimento molto pertinente a John Locke, uno dei capiscuola dell'empirismo britannico, che nell'Essay Concerning Human Understanding aveva fatto risalire l'infinità alla capacità della nostra mente di ripetere senza fine qualsiasi idea di spazio e di durata. Del resto, la "siepe", che nella poesia leopardiana "da tanta parte de l'ultimo orizzonte il guardo esclude", rimanda alle mura adamantine [adamantine walls] che nel II libro dell'Essay, cap. 17°, non costituiscono un ostacolo insormontabile per il continuo progresso della mente nello spazio).
Nella seconda parte del volume, viene descritta l'inquietudine esistenziale di Leopardi, che, divenuto un uomo adulto, rifiuta di vivere a Recanati, dove conobbe la disperazione, l’angoscia, il dolore fisico e morale, l’oppressione familiare, la solitudine umana e la desolazione interiore. Proprio in questo periodo, dopo la pubblicazione delle Operette morali, iniziano i suoi viaggi a Roma, Firenze e Bologna, città nelle quali vivrà per alcuni mesi, instaurando rapporti di amicizia con letterati e uomini di cultura.
Proprio nella città di Bologna Leopardi scopre e legge un breve testo di filosofia, il Manuale di Epitteto, grazie al quale assume un atteggiamento di stoica sopportazione e di infinita pazienza verso la vita e i dolori, che lo tormenteranno fino alla fine della sua esistenza. In questa parte del volume sono interpretate e chiosate con meticolosa ed impressionante precisione esegetica le grandi poesie, i piccoli e grandi Idilli, raccolti nei Canti.
Le pagine dedicate alle grandi poesie di Leopardi, Il pensiero dominante, Aspasia, Il passero solitario, La ginestra, sono belle, profonde ed indimenticabili. Povero, lontano dalla famiglia e da Recanati, il suo paese che detestava, Leopardi muore a Napoli, città nella quale visse i suoi ultimi anni di vita, ospite del suo amico Antonio Ranieri.
Questo libro di Citati, che si pone accanto ai recenti grandi libri di altri studiosi come Antonio Prete, Emanuele Severino e Gaspare Polizzi, dedicati alla poetica leopardiana, è destinato a rimanere nella saggistica letteraria italiana per la sua bellezza e profondità.