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Libri Come. Il mondo rovesciato di Umberto Eco
Il 16 marzo 2014 la Sala Sinopoli dell'Auditorium Parco della Musica ha visto il ritorno di Umberto Eco, che, nell'ambito della manifestazione Libri Come. Festival del libro e della lettura, ha presentato l'ultimo suo libro, Storia delle terre e dei luoghi leggendari. A fare gli onori di casa è Marino Sinibaldi, che introduce brevemente, lasciando poi lo spazio "all’illustre allievo Stefano Bartezzaghi e al suo e nostro maestro Umberto Eco".
Bartezzaghi, linguista ed esperto di enigmistica, osserva come, fin dagli inizi della sua carriera nella veste di redattore della Bompiani, Eco abbia curato libri illustrati, quali la Storia delle invenzioni, e come sia stato sempre attento all'aspetto illustrativo delle sue opere: si pensi solo alla copertina del volume Sugli specchi, del 1985, dove figura una vignetta di Altan [In realtà si tratta di un altro libro, Sette anni di desiderio, del 1983. N. d. R.].
Ricorda altresì l'analisi di un rebus alla fine del volume Kant e l’ornitorinco, del 1997, impegnativo saggio tra semiotica e filosofia della conoscenza. In fondo, nelle opere di Eco ricorre costantemente il tema della metafora come ircocervo visivo: un animale immaginario di carattere retorico. E molti dei libri recenti di Eco appartengono alla categoria dei "libri illustrati": il romanzo La misteriosa fiamma della regina Loana, la Storia della bellezza, la Storia della bruttezza, Vertigine della lista.
Eco risponde che fin da bambino a dieci anni scriveva romanzi che lasciava perdere dopo il primo capitolo - vezzosamente, si paragona a Schubert come altro autore di capolavori incompiuti – e che si preoccupava di illustrare. Anzi, la prima cosa che faceva e finiva erano proprio tutte le illustrazioni. E anche quando, agli esordi, appena laureato, lavorava in televisione con Furio Colombo e Gianni Vattimo, ricorda che si costruivano discorsi culturali dove si facevano commenti sui cartelli visivi.
Un testo commentato da immagini per lui rappresenta la cosa più naturale del mondo, forse perché pensava, un po' per celia, un po' seriamente, che i lettori fossero stupidi: non avrebbero capito senza che gli fossero mostrate le figure e le immagini. Il contesto divulgativo della presentazione non ha permesso di approfondire il tema dei segni-immagine, a cui Eco ha dedicato pagine memorabili nel Trattato di semiotica generale, nel capitolo "Critica dell'iconismo". Del resto, continua l'autore, entrò alla Bompiani proprio per curare un libro illustrato, e vi trovò perfino moglie, perché era una redattrice che si occupava di grafica.
Entrando nello specifico del libro, Eco sottolinea come si tratti di terre e luoghi leggendari: non quelli romanzeschi, ma quelli “veri” in cui la gente ha creduto veramente. O meglio, si tratta di luoghi falsi con molta probabilità ma a cui la gente ha creduto per molti secoli. Si pensi ad esempio ad Atlantide, la cui esistenza presunta è dovuta soprattutto ai dialoghi di Platone Timeo e Crizia, a cui si credeva per l'immensa autorità di cui godeva il filosofo greco. Del resto, i libri più belli sono quelli che parlano di teorie false (mentre un libro sul teorema di Pitagora rischia di sembrare più noioso, anche se probabilmente Piergiorgio Odifreddi - osserva Bartezzaghi - non sarebbe della stessa opinione).
Eco sottolinea, a questo proposito, come talora le leggende più fantasiose abbiano permesso di esplorare luoghi reali. Celebre è la storia della terra del Prete Gianni, regno misterioso popolato da animali incredibili (su cui Eco si era molto soffermato nel romanzo Baudolino). La colonizzazione portoghese si sviluppò proprio in virtù della ricerca di tale misteriosa terra, che permise di compiere esplorazioni geografiche intorno all’Asia ed in Africa. Taluni pensarono che tale terra fosse l’Abissinia, forse un po’ messa peggio rispetto a quanto se ne diceva nelle fonti leggendarie, ma comunque dotata di un suo "fascino".
Del resto, tutti i popoli hanno cercato l’Eden, benché, dopo la cacciata di Adamo (che forse con Eva vi trascorreva la luna di miele), il paradiso terrestre avrebbe dovuto chiudere: ma in realtà continua ad esistere e la gente lo andava a cercare, come in fondo fece lo stesso Cristoforo Colombo stesso, sebbene la cosa non gli abbia portato molta fortuna. E gli venne così l’idea che la terra sia fatta a pera, perché il paradiso terrestre deve stare sulla sommità. Tutto quello che è sacro si trova in alto: In basso si trova solo l’inferno.
Gli antichi non credevano peraltro che la terra fosse piatta: malgrado fosse prevalente la concezione tolemaica, si sapeva della forma sferica della terra. Ciò si connette con la tesi relativa all’esistenza del regno degli Antipodi. Se qualcuno riteneva che la terra fosse piatta, si credeva allora che dall’altra parte del pianeta vi fosse un altro regno, in cui le persone vivevano in posizione capovolta. In realtà già nel mondo antico, come risulta dai testi dei presocratici Parmenide e Pitagora, si sapeva che la terra aveva una forma sferoidale.
Del resto, nel 1991 un certo Jeffrey Russell pubblicò un libro, Inventing the Flat Earth: Columbus and Modern Historians, in cui sostiene che la teoria della Terra piatta è una leggenda usata per gettare discredito sulle credenze delle società pre-moderne, come quelle medievali in Europa.
Un altro mito persistente fu quello dell’Eldorado e dell'Eterna giovinezza: Walter Raleigh e altri navigatori esplorarono varie contrade cercando proprio la fonte dell’eterna giovinezza.
Peraltro, osserva il filosofo e romanziere, queste teorie sono strettamente connesse con la nozione di verità: Marco Polo disse di aver visto gli unicorni ma vide in realtà dei rinoceronti. Con grande onestà, descrive in effetti i rinoceronti, ma poi vi proietta alcune credenze dell'epoca relative agli unicorni. Del resto, non c’è paese esotico interessante che non abbia dei mostri: sono le figure perpetue della leggenda in cui è bello continuare a credere.
Si pensi anche all'Isola di Taprobana che in fondo è Ceylon. Ma per molti viaggiatori ci sono due Ceylon, quella vera e Taprobana. Arturo Graf ricorda questa circostanza parlando del sepolcro di Adamo, che riteneva lì ubicato, mentre Campanella vi colloca la Città del sole; e anche l'Utopia di Thomas More fu talora identificata con Taprobana. Si pensi anche alle leggende sulle formiche giganti che cercano l’oro, raccontate nei presunti libri di viaggi di Mandeville che in realtà non viaggiò mai in vita sua.
Interessanti sono anche le osservazioni sul Paese di Cuccagna e sul mondo rovesciato, dove l’asino conduce il padrone, caro a Bachtin e citato anche da Hegel nella Fenomenologia dello spirito (verkehrte Welt). Simile è il Paese dei balocchi di Pinocchio, o la Schlafenland tedesca, che ricompendia il mito dell'età dell'oro.
Notevoli anche il mito della terra incognita, del continente scomparso di Mu e quello della terra cava, al cui interno vi sarebbero dei pianeti, mentre noi viviamo sulla parte convessa. A ciò si associa il Mito di Agartha, caro a René Guénon. O l'Isola volante di Gulliver, dove è presente una macchina per produrre aforismi filosofici. E non è un caso che molti a Backing Street vadano in pellegrinaggio presso la "vera" casa di Sherlock Holmes. O che vi sia una mappa accurata dei luoghi descritti nei suoi romanzi da Gérard de Nerval.
O ancora il Lac d'indifférence contenuta ne La carte de Tendre, che è la mappa di un paese immaginario, «Tendre», ideato nel XVII secolo da una "femme savante", Madeleine de Scudéry, che quasi vi "spazializzava" le passioni.
Le verità romanzesche sono un modello di verità incontestabile: cinquant'anni dopo il celebre saggio "Il mito di Superman" (compreso in Apocalittici e integrati), Eco torna a menzionare il celebre supereroe di Siegel & Shuster: «Il Papa e il Dalai Lama possono discutere sul fatto se Cristo fosse realmente il figlio di Dio, ma non possono non trovarsi d'accordo sul fatto che Superman sia Clark Kent. I personaggi fittizi, come anche i romanzi, ci danno verità indiscutibili. E qualsiasi altra verità può essere presa sul serio nella misura in cui si avvicini ad una verità romanzesca».