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Limp Bizkit live all'Atlantico. Tra hip hop metal e grandi cover
Ammetto che negli anni della loro esplosione (quasi due decenni fa) non sopportavo i Limp Bizkit. Li ho sempre ritenuti altamente spocchiosi ed appartenenti ad un genere (hip hop metal) mai più di tanto (all’epoca) apprezzato. Come spesso accade, esaurito il fenomeno modaiolo e caduti in una serie di flop commerciali, ho apprezzato molti hits dei Limp Bizkit in questo ultimo periodo, soprattutto durante le serate “danzerecce” nella cornice del Rock Arena al Black Out, nota discoteca rock-indie-metal etc. etc. di roma. La location del concerto del 20 giugno 2013 è l’ormai noto Atlantico, ex Palacisalfa, capace di ospitare circa 3500 persone.
L’ultima volta ero stato in questo locale per assistere al Trilogia Tour dei Litfiba (la band al completo con i fondatori storici Gianni Maroccolo e Antonio Aiazzi) circa due mesi. In quella serata il posto era strapieno (tanto da fare ben due date sold out).
Noto con dispiacere invece che i Limp Bizkit hanno perso gran parte del loro seguito: ad inizio concerto non saremo stati più di 1500 anime (la location è piena a metà).
Lo show inizia subito alla grande, l’entrata “western” della band è molto appropriata, ma il pubblico impazzisce subito sull’intro della prima canzone, ovvero “Pollution”.
Il sound è potente e Fred Durst, leader della band, con un'inappropriata quanto efficace barba incolta, dà tutto quello che ha per far muovere il pubblico.
Lo spettacolo è ben rodato e fila via molto bene, tra hits come “My Generation” e “Nookie”. A metà concerto circa arriva il momento solito delle covers strumentali di in “Holy Wars” dei Megadeth, “Master of Puppets” dei Metallica, “Alive” dei Pearl Jam e l’intera versione cantata proprio dal chitarrista Wes Borland di “Smells Like Teen Spirit” dei Nirvana.
Si riparte con “Behind Blue Eyes” (cover degli Who), e Fred ne rimane talmente estasiato da non cantare più sul finale della canzone, lasciando spazio al pubblico. Gran finale con “Faith”, “Counterfeit”, “Take A Look Around” e “Break Stuff”.
Peccato per l’esclusione della loro hit forse più famosa, “Rollin'”, che lascia un po’ di amaro in bocca tra il pubblico.
Grande serata, ideale per rivivere gli anni “00" della musica segnata da gruppi come Korn, Deftones, Guano Apes, Linkin Park (questi ultimi ancora molto produttivi e in costante ascesa) e appunto i nostri Limp Bizkit.
Peccato solo che si assista a queste occasioni con uno spirito già nostalgico, tipico di chi sente che la musica di appena un decennio fa era comunque migliore come fenomeno di massa di quella che viviamo oggi, invaso com’è da pop radiofonico e cacofonico, plastificato e omologato.