L'ufficiale e la spia. L'affaire Dreyfus secondo Roman Polański

Articolo di: 
Teo Orlando
L'ufficiale e la spia

Siamo nella Parigi fin de siècle, in quella che tradizionalmente viene chiamata La Belle Époque. Pochi mesi prima che i fratelli Lumière diano vita all'avventura del cinema, nel cortile dell’École Militaire di Parigi, Georges Picquart, maggiore (commandant) dell’esercito francese, assiste alla pubblica condanna e all’umiliante degradazione inflitta ad Alfred Dreyfus, anch'egli ufficiale dell'armée francese con il grado di capitano, accusato di essere stato un informatore della Germania guglielmina, tradizionale nemica della Francia. Sicché il 5 gennaio 1895 il promettente ufficiale, di origine ebraica, viene degradato e condannato all’ergastolo nell’Isola del Diavolo con l’accusa di spionaggio. Questo è l'incipit dell'ultimo film di Roman Polański, L'ufficiale e la spia, con un cast comprendente Jean Dujardin, Louis Garrel ed Emmanuelle Seigner.

Il film, sapientemente sceneggiato da Polański con la collaborazione di Robert Harris (scrittore britannico specializzato in romanzi di fantastoria, come il celebre Fatherland, ambientato in un futuro distopico in cui la Germania nazista ha vinto la Seconda guerra mondiale), si focalizza piuttosto sulla figura di Georges Picquart – interpretata da un Jean Dujardin calato in modo perfetto nel ruolo militare – che  su quella di Alfred Dreyfus: Picquart assiste alla singolare cerimonia - in cui il capitano non solo viene degradato, ma anche umiliato con la distruzione della sua spada d'ordinanza – impietrito, seppure con quella rigidità con cui i militari non lasciano trapelare i propri sentimenti.

In seguito Picquart viene promosso a capo della Sezione di statistica, paradossalmente la stessa unità del controspionaggio militare che aveva montato le accuse contro Dreyfus. Per quest'ultimo (un Louis Garrel che riesce a coniugare militarismo represso e raffrenata intellettualità), al disonore segue l’esilio perché la sentenza lo condanna ad essere confinato sull’isola del Diavolo, nella Guyana francese: è un atollo sperduto dove l'ex ufficiale cerca di lenire angoscia e solitudine scrivendo delle lettere accorate alla moglie lontana. Del resto, solo la Costituzione francese del 1848 lo ha salvato dalla pena di morte, dato che all'articolo 5 recitava: "La peine de mort est abolie en matière politique".

Il caso sembra così archiviato, ma Picquart, promosso tenente colonnello, nel suo nuovo ruolo si rende conto che il passaggio di informazioni al nemico non si è ancora arrestato, fino a porsi l'interrogativo se il capitano Dreyfus non sia stato condannato ingiustamente (notevole la scena in cui in un breve confronto con Dreyfus precedente al processo Picquart ammetta di non avere particolare simpatia per gli ebrei, ma di non voler discriminare nessuno per le sue origini etniche) e se non sia la vittima di un complotto ordito proprio da alcuni militari del controspionaggio.

Interrogativi, tutti questi, che opprimono la coscienza di Picquart, determinato a scoprire la verità anche a costo di diventare un bersaglio o una figura scomoda per i suoi stessi superiori. L’ufficiale e la presunta spia sembrano quindi idealmente uniti e pronti ad ogni sacrificio pur di difendere il proprio onore.

Il processo a Dreyfus si rivelerà così uno dei più clamorosi errori giudiziari della storia, ma durerà, con vari e sorprendenti rovesciamenti, oltre dieci anni, dal 1894 al 1906, con una notevole risonanza mediatica, al punto che l’opinione pubblica del tempo si divise equamente tra chi ne sosteneva l’innocenza e chi lo riteneva invece colpevole, ossia i dreyfusards e gli antidreyfusards. Tra i primi si schierò il grande scrittore naturalista Émile Zola, il quale scrisse un articolo in cui attaccava con energia e determinazione il clima di antisemitismo dominante nella Terza Repubblica francese. Tale intervento venne intitolato J’Accuse, come il titolo del film nell'originale francese.

L'articolo comparve il 13 gennaio 1898 come editoriale per il giornale socialista L'Aurore, in forma di lettera aperta al presidente della Repubblica francese Félix Faure. Il suo intento era quello di denunciare pubblicamente i persecutori di Alfred Dreyfus, di stigmatizzare le irregolarità e le illegalità commesse nel corso del processo, fino a bollare coloro che montarono l'accusa come "nemici della verità e della giustizia". Nel film Zola appare piuttosto defilato, quasi che il regista non volesse contendere in nessuna maniera il ruolo di protagonista di Picquart. Tuttavia, si dà il giusto risalto all'articolo, di cui vengono citati passi fondamentali, in cui si sottolinea il valore supremo della verità e della giustizia contro ogni menzogna. Come scrive infatti Zola: "tutto ciò che vi è stato agitato di demenza e idiozia, fantasie folli, basse pratiche poliziesche, costumi di inquisizione e tirannia, il piacere di pochi gallonati che mettono i loro stivali sulla nazione, ricacciandogli in gola il suo grido di verità e giustizia, con il pretesto menzognero e sacrilego della ragione di Stato! (tout ce qui s’est agité là de démence et de sottise, des imaginations folles, des pratiques de basse police, des mœurs d’inquisition et de tyrannie, le bon plaisir de quelques galonnés mettant leurs bottes sur la nation, lui rentrant dans la gorge son cri de vérité et de justice, sous le prétexte menteur et sacrilège de la raison d’État !)".

Le gerarchie militari, colpite nel loro onore, non perdonarono a Zola tale violenta polemica e riuscirono a farlo processare e condannare a una blanda ma significativa pena. Solo dopo molti anni si riuscì finalmente a venire a capo della verità, ossia a riconoscere il vero colpevole, il colonnello Ferdinand Walsin Esterhazy, che però era riparato in Inghilterra e non subì mai alcuna condanna.

In conclusione, vanno sottolineati due aspetti peculiari del film: l'accuratissima e quasi maniacale ricostruzione degli ambienti, degli abiti, dei mezzi di trasporto e delle abitazioni della Francia di fine '800. E la scarsa presenza femminile, concretatasi soltanto nel ruolo, tutto sommato marginale, di Emmanuelle Seigner come amante di  Picquart: benché poi nella realtà storica, l'ufficiale e Pauline Monnier fossero lontani cugini e sicuramente intimi amici, ma forse non propriamente coinvolti in una relazione sentimentale.

Pubblicato in: 
GN4 Anno XII 20 novembre 2019
Scheda
Titolo completo: 

L'ufficiale e la spia

Titolo originale:   J'accuse
Lingua originale:    francese
Paese di produzione:    Francia, Italia
Anno:    2019
Durata:    126 minuti
Genere:    storico, drammatico
Regia:    Roman Polański
Soggetto:    Robert Harris (romanzo)
Sceneggiatura:    Robert Harris, Roman Polański
Produttore:    Alain Goldman
Casa di produzione:    Légende Films, RP Productions, Gaumont, France 2 Cinéma, France 3 Cinéma, Eliseo Cinema, Rai Cinema
Distribuzione in italiano:    01 Distribution
Musiche:    Alexandre Desplat

Interpreti e personaggi
Jean Dujardin: tenente colonnello Marie-Georges Picquart
Louis Garrel: capitano Alfred Dreyfus
Emmanuelle Seigner: Pauline Monnier
Grégory Gadebois: maggiore Hubert-Joseph Henry
Mathieu Amalric: Alphonse Bertillon
Melvil Poupaud: Fernand Labori
Éric Ruf: colonnello Jean Sandherr
Laurent Stocker: generale Georges-Gabriel de Pellieux
François Damiens: Émile Zola
Michel Vuillermoz: tenente colonnello Armand du Paty de Clam
Denis Podalydès: Edgar Demange
Wladimir Yordanoff: generale Auguste Mercier
Didier Sandre: gen. Raoul Le Mouton de Boisdeffre
Vincent Grass: gen. Jean-Baptiste Billot
Hervé Pierre: gen. Charles-Arthur Gonse
Laurent Martella: cap. Ferdinand Walsin Esterhazy

Uscita al cinema il 21 novembre 2019