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MAD MAX-Fury Road. La post atomica nel Valhalla
Sarà pure un regista della vecchia scuola ma George Miller pur non adeguandosi alle tecnologie odierne riesce a sopperire ad esse e strabiliare lo spettatore in questo MAD MAX-Fury Road riempendolo di significati intrinsecamente cinematografici. Si riprende con gli interessi questo universo distopico e dispotico che aveva inventato e troppi hanno saccheggiato e copiato a piene mani.
Trentanni dopo la trilogia dell'eroe post atomico, ecco il nuovo capitolo con Tom Hardy nel ruolo che fu di Mel Gibson, dove il regista coniuga la mistica dei nuovi KamiKaze del terrorismo odierno con un'estetica nazi/ariana dove trovano spazio parole come il Valhalla.
Con un senso del ritmo tutto fragore e fisicità che velocizza in un delirio lisergico si contrappone l'inadeguatezza di Max Rockatansky (Tom Hardy) iconico super eroe ma senza super poteri e tutine colorate che è rincorso dagli incubi della sua vita precedente, balbetta e quasi non comunica più con gli altri esseri. La sua missione è quella di sfuggire a una setta di fanatici del deserto per portare delle donne combattenti loro prigioniere verso una comunità di donne che vivono come gli hippies in un habitat dove regnano l'armonia e la natura. La vera eroina è la Furiosa interpretata da Charlize Theron, autentica proto femminista rasata, feroce e affamata e con un arto metallico che si contrappone alle angeliche fanciulle del despota misogino Immortan Joe, che trascina, dopo varie peripezie verso la salvezza.
Una nota di merito va a Hugh Keays-Birne (Immortan Joe). Il villain più inquietante che ci sia: la sua maschera formata da denti di cavallo incastonati in un teschio metallico con due enormi tubi per respirare è spaventevole.
E poi esplosioni, ferraglia, heavy-metal suonata a palla da un bardo frenetico. Fragoroso, possente, disturbante con troppa velocità e un tantino troppo avanti a noi. A volte ritornano, lunga vita al giovanissimo settantenne George Miller.