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Maggio Musicale Fiorentino. Il Dono passionale di Bach
La Passione secondo S.Matteo di Johann Sebastian Bach: “il...più esaltante ed importante monumento della storia della musica evangelica...”, come afferma Alberto Basso. Come è possibile condensare in poche righe le riflessioni, le considerazioni, le sensazioni che si provano all'ascolto? Come trasmettere e far capire a chi non ha il privilegio di un ascolto in concerto che cosa ha rappresentato nella storia della musica questo capolavoro?
Lo spazio a disposizione ma anche la distanza che separa chi scrive da molti e più illustri conoscitori dell'universo bachiano obbligano ad un approccio umile e rispettoso. Così come si cerca e si ama una sola poesia all'interno di un libro di un poeta particolarmente caro o si ricerca in un quadro di Botticelli un particolare, un tratto od una sfumatura di colore pur sedendosi stupiti di fronte all'intero dipinto, anche in occasioni come quella offerta dallo splendido concerto a Firenze, con l'esecuzione della Passione sotto la direzione di Fabio Biondi, l'ascolto globale ha avuto momenti ulteriormente emozionanti in occasione dell'ascolto di sezioni particolarmente amate.
Probabilmente ogni ascoltatore si è lasciato avvolgere da questo straordinario affresco musicale, autentica sintesi e summa non solo del linguaggio musicale bachiano ma di tutto il barocco, attendendo la comparsa di un'aria o di un corale con trepidazione, come quando si cerca nella folla un volto amico, rivivendo all'ascolto l'emozione della prima volta.
Fabio Biondi, dall'alto della sua grande esperienza, ha diretto con sicurezza l'Orchestra ed il Coro del Maggio Musicale. Sin dal celeberrimo corale iniziale ha evidenziato la sua scelta stilistica proponendo, per tutta la Passione, una visione ritmica più scorrevole rispetto ad altre letture nelle quali prevale una timorosa solennità che si traduce con una dilatazione dei tempi. Sicuramente la lettura di Biondi, pur tenendo conto dell'aspetto altamente drammatico della narrazione, ha esaltato la sensazione di preghiera collettiva che pervade tutta la Passione, così importante nella visione liturgica luterana, nella quale le voci degli uomini si uniscono per innalzare al cielo la “gioia”, intesa come privilegio, di poter esprimere a Dio la propria fede o, come in questo caso, il dolore per la Passione vissuta dal figlio di Dio.
In questo senso, e non si legga questa osservazione come critica alla meritoria scelta di proporre in ogni caso, ancorché in teatro, questa composizione, l'esecuzione in uno spazio che non è quello di una cattedrale (possibilmente gotica), nella quale non solo la diffusione del suono ma anche la spazialità particolare che si percepisce con la collocazione fisica dei due cori a maggior distanza da quello consentito su un palcoscenico, ha forse fatto mancare il sigillo definitivo per la completa comprensione dell'immensità della Matthaus Passion.
Molto bene i solisti. A cominciare dalla celebre aria “Buß und Reu” subito in evidenza la splendida voce di Franziska Gottwald, così come nella sempre sconvolgente per bellezza “Erbarme dich”. Considerazione inevitabile: in una composizione come la Passione, se l'autore è Bach, la successione di arie non rappresenta solo l'applicazione di uno schema compositivo, ma l'esaltazione della capacità della scrittura barocca di esprimere gli “affetti” utilizzando tutte le potenzialità che la voce, gli strumenti utilizzati e la scrittura consentono, con risultati, in questo caso, ineguagliabili, come nelle arie “Blute nur, du liebes herz”, o “Aus Liebe will mein Heiland sterben”, dove l'ottima Gemma Bertagnolli ha dialogato con il flauto raggiungendo momenti di grande partecipazione.
Come già accennato la passione, intesa come forma musicale, non è solo musica che descrive o commenta passi delle scritture, ma parte essa stessa della liturgia. Con questo presupposto risulta fondamentale la presenza del coro, che non rappresenta solo un'amplificazione e sostegno di quanto espresso dai solisti, ma prevede e consente una partecipazione dei fedeli, che conoscono (o conoscevano) il testo e la melodia dei corali utilizzati. Nella Matthaus Passion è affascinante scoprire come momenti, anche brevissimi, di alta drammaticità, o stupore, o dolore, sono espressi con pochissime, perfette pennellate ma anche come la presenza di corali della tradizione rendano “familiare” e ancor più partecipata la presenza dei fedeli. Emblematica in questo senso la presenza, costante e ciclica, dello splendido corale di Gerhardt “O Haupt, voll Blut und Wunden”, che ricompare a sezioni durante tutta la Passione, come una sorta di elemento unificatore e rassicurante.
Anche le voci maschili hanno ovviamente un ruolo molto importante. Doveroso citare Ferdinand von Bothmer e la sua interpretazione di “Ich will bei meiinem Jesu wachen” in dialogo con l'oboe ed il coro, o la celebre “Komm, süßes Kreuz, so will ich sagen”, orgoglio dei violisti da gamba (in evidenza Pierre Pitzl) con la calda voce di Luca Tittoto, splendido interprete anche della suggestiva e pastorale “Mache dich, mein herze” affiancato dagli oboi da caccia concertanti. Perfettamente adeguato Magnus Staveland al difficile ruolo di narratore (l'evangelista), sempre attento a cogliere le più piccole sfumature descrittive ed emotive del testo nel difficile ambito che la struttura del recitativo consente.
Tre ore di musica assoluta. Un “monumento”, appunto, per la nascita del quale l'umanità non potrà mai essere abbastanza riconoscente nei confronti dell'autore che forse aveva avuto il dono di scoprire in che modo, per noi semplici uomini, era possibile parlare con Dio.