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Maggio Musicale Fiorentino. Le melarance incantate di Prokofiev
Questa meravigliosa e trascinante versione de L'amour des Trois Oranges di Prokof'ev, diretta da Juraj Valčuha – direttore dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI - e con la regia di Alessandro Talevi, espone in tutto il suo spirito irriverente, sarcastico, mottettistico in piena Commedia dell'Arte, e allo stesso tempo sinuosamente fascinoso, l'anima plurima di Sergej Prokof'ev. L'ultima volta con Bartoletti, nellla stagione 1978-79 del Maggio Musicale Fiorentino, fu in italiano; ora, dal primo al 7 giugno 2014 al Teatro Comunale di Firenze per la Stagione del Maggio, si presenta con il libretto originale scritto dal compositore insieme a Véra Janacopoulos.
L'opera, in quattro atti ed un Prologo, e che trae ispirazione diretta da un testo del 1761 di Carlo Gozzi – proveniente a sua volta da due storie de Lo cunto de li cunti di Basile - tradotto da Mejerchol'd, è nel nuovo allestimento del Maggio, nel suo originale e rivoluzionario francese, che gli dona un risalto diacronico, nelle scene dal gusto fantasmagorico curate da Justin Arienti, che punta tutto sul periodo tra Belle Époque e prima guerra mondiale. I costumi di Manuel Pedretti fanno risaltare la battaglia tra i rivoluzionari russi e le altre potenze europee - stereotipi letterari e teatrali, i Tragiques, Lyriques, Comiques, Ridicules -, in un nugolo di bandiere e stemmi che coinvolgono le suffragette quanto il mood di matrice americana dell'Età del jazz, che il compositore, nato in Ucraina nel 1891, accolse a pieno titolo nella sua musica. Quel Nuovo Mondo che brilla nella bandiera finale dell'opera è quello stesso di Antonin Dvořák, che anni prima aveva composto il vessillo di questa apertura, la Sinfonia Dal Nuovo Mondo del 1893.
La scena ideata è un teatro, il suo arco trionfale, le quinte ai suoi lati, dei gargoyle tipicamente français sulla facciata, che si animano con Morgana, ed il suo contorno di clown, avventurieri, marionette di vario tipo e dimensione, streghe e fate, la cui natura è piuttosto simile ed incerta quanto oscillante tra bene e male: un circo variopinto che è il respiro vitale della famosa marcetta-Leitmotiv dell'opera, distinta in quattro atti che si concatenano l'uno all'altro come una lunga marcia verso l'iniziazione del Principe all'Amore e la scoperta del sogno, realizzabile con la Princesse Ninette - Jonathan Boyd e Diletta Rizzo Marin, che ben si amalgamano, ed una nota di merito all'attenta cantata del Principe soprattutto nei momenti clou-scioglidramma come la prima risata che lo ritrae finalmente dal suo umor melanconico. Sia il Principe che la Principessa sono due soggetti molto naïf cui Boyd e Rizzo Marin danno una caratura oggettiva: si notano sia i passaggi da un umore all'altro, sempre però leggeri, sia le tristezze momentanee e delicate. I toni drammatici del Mago Tchélio, all'inizio perdente contro Fata Morgana alle carte, è splendidamente interpretato dal nostro Roberto Abbondanza, e la Fata Morgana, è invece la bravisssima e conturbante soprano russa Anna Schafajinskaia. Bravi anche i tessitori del complotto contro il Principe: la Princesse Clarice di Julia Gertseva ed il Léandre di Davide Damiani.
Uno spettacolo che non stanca e che stimola all'attenzione continua, sia per la musica di Prokofiev che è una carrellata tutta circonfusa di ritmo, ed il metateatro creato da figure come la Fata Morgana, con i costumi di Josephine Baker, che rivestono anche la sostituta “nera” di Ninette, Smèraldine, con un gonnellino di paglia identico a quello che usava la musa nera sui palchi delle Folies Bergère. Una fata infera che viene dai baccanali e gioca a carte con il mago Tchélio, la Morgana, vincendolo all'inizio e dando esito al viaggio alla ricerca delle Melarance nel palazzo della maga Creonta nelle vesti di oca cuoca (la cuisinière): l'interprete è il potente basso Kristinn Sigmundsson. L'arlecchino Truffaldino è l'acrobatico Loïx Félix.
Le tre melarance saranno conquistate alla fine di questo rocambolesco percorso iniziatico del Principe verso l'età adulta – nonostante la perdita di due principesse-melarance nel deserto privo d'acqua, simbolo di purificazione e ristoro: ma l'unica principessa che conta sarà salvata -, che deve affrontare la natura sotterranea di Morgana che, come ultimo tiro dello sposalizio, fa sì che Sméraldine punga Ninette e la tasformi in un topolone, che, grazie ai Ridicules che cacciano Morgana, verrà abilmente rimutata in Ninette dal mago buono Tchélio. L'incantestimo si scioglie come in ogni fiaba, il Principe sposa la Principessa che ama dopo averla svegliata: tutti, coloratamente mascherati, allegramente tornano sul palco e cantano, diretti impeccabilmente da Lorenzo Fratini, a cantare quella sprizzante felicità dopo una carrellata ironica sul mondo, che si gusta come una succosa melarancia musicata dal genio russo preferito da Gergiev e che ricorda quei giardini-paradisi terrestri che tra poco si apriranno alla stagione estiva nel locus amoenus di Palazzo Pitti.