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MANIFESTO. Alla sedia elettrica con Chopin!
Probabilmente il fine di Julian Rosefeldt, quando ha scritto il film Manifesto, era quello di convogliare i manifesti artistici e politici secondo lui più rilevanti, in un corpus omogeneo che gli desse voce attraverso il corpo e la parola dell'attrice Cate Blanchett. Sicuramente un'idea rischiosa visto che metteva insieme il Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels del 1848 con, per esempio, il non-manifesto Dada del 1918 ad opera del rumeno Tristan Tzara. E' anche vero che, come afferma Philippe Soupault nel 1920: “Io sono per la continua contraddizione. Non sono né pro né contro e non spiego perché odio il buon senso.” Per dirvela in due parole, si deve essere molto cerebrali, fantasiosi e poco logici e narrativi per seguire questo film. Nei cinema sarà solo per pochi giorni, dal 23 al 25 ottobre prossimi.
E' sicuramente un racconto per immagini cui le parole fanno da sottotesto per lo più in antitesi: non c'è la minima logica nello stare a tavola con una perfetta famiglia americana e sentirsi sciorinare il diktat POP ART di Claes Oldenburg del 1961: “Io sono per tutta l'arte che prende forma dalle linee della vita stessa, che si muove e si estende ed accumula e sputa e gocciola, ed è pesante e ruvida e diretta e dolce e stupida come la vita stessa.” Come dire, si viene quasi aggrediti, insieme al marito, al tacchino morto, ed ai due poveri bambini, dal “messale” dell'attrice nella parte di una ossessionata dall'arte e dal suo concetto in evoluzione.
Poi ci sono le citazioni dal movimento FLUXUS che conosciamo bene visto di cui ha curato una mostra biennale tra 2010 e 2011lo il nostro critico d'arte Achille Bonito Oliva, e che usava la performance e la coreografia per esprimersi: quindi vediamo una finta russa Cate Blanchett vestita come l'immaginaria direttrice del corpo di ballo del Bolshoi che ne declina i termini mentre ballerine vestite d'argento e testa à la Alien ne interpretano la performance guidata.
Altro momento clou è “Alla sedia elettrica con Chopin!”, con le citazioni da Manuel Maples Arce da “A Stident Prescription” (1921) da parte di una ben poco credibile cantante punk (è troppo elegante Cate Blanchett per questa parte) che lo cita stravaccata su una poltrona in un after concert: “Nel mio glorioso isolamento, sono illuminato dalla meravigliosa incandescenza dei miei nervi caricati elettricamente”.
Naturalmente, abbiamo anche la lavoratrice con figlio in un inceneritore extra-moderno che sembra un alveare con ascensori a luce gialla, oppure la conduttrice delle news minimalista e concettuale; ed ancora l'insegnante che cita il Dogma 95 di Lars Von Trier, ed altri ancora. Però in fondo ci sembra che bisogna essere maggiormente guidati nell'affrontare capolavori ideologici e non, in modo più semplice e diretto, aldilà del meraviglioso trasformismo e delle doti di artista a tutto tondo di Cate Blanchett.