Supporta Gothic Network
Molto forte incredibilmente vicino come il lutto attraverso gli occhi di un bambino
Il regista Stephen Daldry, che già ci aveva regalato meravigliosi adattamenti cinematografici di celebri romanzi legati direttamente alla letteratura inglese ("The Hours", tratto dal romanzo di Cunningham, omaggio a Virginia Woolf) e alla storia ("The Reader", dall'omonimo libro di Bernhard Schlink), con quest'ultima pellicola torna a dare un volto ed un'anima ai personaggi di un romanzo: quello di Jonathan Safron Foer, dal titolo "Extremely loud & Incredibly Close", del 2005.
La vicenda, ripresa fedelmente dal regista, ha come protagonista Oskar Schell (Thomas Horn), un bambino di undici anni che abita a New York e che ha perso il padre (Tom Hanks) nella tragedia dell'11 settembre 2001.
Queste ultime sono le parole che il bambino ha scelto per presentarsi alle numerose persone a cui decide di far visita quando, l'anno succesivo, dopo aver trovato per caso nell'armadio del padre una chiave all'interno di una busta con scritto sul retro "Black", decide di trovare la persona a cui doveva essere destinata. Oskar, che non riesce a darsi pace per il dolore causato dalla perdita del padre - suo punto di riferimento e di supporto nella vita di tutti giorni, compagno di giochi e sua guida nelle esplorazioni della città - in fondo al suo cuore spera che iniziare questa nuova ricerca, con cartina geografica della città e zaino con tutto il necessario, sarebbe stato un modo per sentirlo ancora vicino a sè.
La macchina da presa segue la vita di Oskar cercando, con rispetto e delicatezza, di esprimere la sua piccola grande tragedia interiore, con una continua alternanza tra il presente doloroso e i flashback di un passato ancora molto vivo in lui, ricco di momenti belli e significativi passati con il padre e a cui il bambino non fa che pensare.
L'altra grande tragedia individuale è quella vissuta dalla madre (Sandra Bullock), di cui viene mostrata la grande sofferenza per la perdita del marito e per il profondo dolore del figlio, a cui non può dare una spiegazione logica di quell'evento.
Da un punto di vista più generale, rispetto al suo precedente film del 2008, "The Reader – A voce alta", quest'ultima produzione di Daldry è accomunata dal tragico sfondo storico di entrambe le vicende, che le rende estremamente realistiche agli occhi di qualsiasi spettatore nelle sale cinematografiche. Nel primo caso il drammatico realismo è legato alla vicenda di una donna - raccontata dal punto di vista del ragazzo che l'ha amata - che era stata assistente delle SS in un campo di concentramento, quindi delle sue responsabilità dell'Olocausto, decisa a ricevere il massimo della pena carceraria pur di non rivelare il suo analfabetismo, che la avrebbe in parte mitigata. In quest'ultimo film, nonostante lo sfondo sia ancora quello di un tragico evento storico, la drammatica realtà della vita dopo l'11 settembre è ancora più vicina nella memoria collettiva americana e mondiale.
E' proprio sugli effetti successivi che il regista ha voluto soffermarsi, poichè se la vita di Oskar non è stata più la stessa dopo quello che per lui è stato "il giorno più brutto", lo stesso vale per tutte le numerosissime famiglie distrutte dalla tragedia. Questa considerazione è contenuta nell'emblematica scena del film in cui viene mostrato un numero altissimo ma imprecisabile di persone che nel centro di New York incolla e osserva silenziosamente le foto dei propri cari scomparsi su un muro, con la speranza che possano essere ritrovati.
Il regista, che si è documentato a lungo a livello statistico sui successivi effetti della tragedia sulla salute dei bambini, pone una particolare attenzione soprattutto alla condizione fisica e psicologica di Oskar, che dimostra sintomi quasi assimilabili all'autismo, con manifestazioni di nervosismo, isterismo improvviso, fobie per rumori e situazioni quotidiane, ricollegabili, come in molti altri casi, al profondo trauma subito e non ancora superato.
In questa pellicola Tom Hanks e Sandra Bullock dimostrano ancora una volta la loro bravura, ma anche una grande umanità nella costruzione di personaggi semplici e concreti. Come non spendere anche qualche parola per il giovane attore protagonista? Thomas Horn, alla sua prima apparizione cinematografica, ha interpretato mirabilmente un personaggio molto intenso e problematico, dandogli una tale consistenza da permettere ad ogni spettatore di sentirsi partecipe della sua drammatica condizione, dando voce agli inesprimibili dolori e pensieri contrastanti.
Questo lungometraggio, quindi, è inevitabilmente caratterizzato da un finale amaro, leggeremente agrodolce, poichè, nonostante il giovane protagonista passi mesi a cercare una risposta, sperando che quella chiave lo porti in qualche modo ad un messaggio per lui da parte del padre, quella ricerca non potrà dargli ciò che aveva sperato.
Oskar aveva interpretato concretamente le parole del padre "Non smettere di cercare" e, nonostante il viaggio di esplorazione portato avanti mesi non aveva dato un vero e proprio risultato, lo aveva messo in contatto con le esperienze e le sofferenze delle numerose persone che aveva incontrato ogni giorno, dandogli la possibilità di "metabolizzare" lentamente le proprie e ritrovare se stesso. Sotto questo aspetto quindi, il relazionarsi del protagonista con le problematiche altrui è stato per lui come un grande viaggio di formazione intimo e personalissimo, che ha determinato una profonda crescita intellettuale e psicologica e un passo importante verso l'età adulta, dandogli la forza di andare avanti.