Montevideo. I Pagliacci di Leoncavallo, ma senza la cavalleria

Articolo di: 
Roberto Begnini
Pagliacci

Canio trovò Nedda, un giorno, vagando a caso per le strade di un paese sconosciuto. Avvertì che la donna stava morendo di fame e disperazione, sicché, compiendo il suo dramma personale – o sedotto dalla sua ineffabile bellezza (non abbiamo gli elementi per saperlo) –, la nutrì, la inserì nella sua compagnia di clown e, solo dopo aver fatto passare del tempo, ne fece sua moglie. Nedda era giovane e bella, nella sua anima bramava la ricerca di un grande amore. Canio era vecchio e amava bere, nella sua anima stanca non c'era spazio per la speranza. Forse è stata la costante preoccupazione di Ruggero Leoncavallo – nell'affrontare il processo di gestazione dei Pagliacci, la sua breve e geniale opera – a far capire in modo permanente che l'artista è fondamentalmente un uomo. A Montevideo, in Uruguay, quest'edizione straordinaria con la regia di Florencia Sanguinetti e sul podio Martín García.

Iniziando il Prologo in modo così inedito, il compositore napoletano entra in una delle strade più irregolari del verismo: quella che è, allo stesso tempo, fonte di idee e palcoscenico vivo. Non dimentichiamo che, per la prima volta nella memoria lirica, il prologo è stato impersonato da uno dei membri di una banda di clown nomadi.

Canio è il classico protagonista che vive primariamente nel lato oscuro dell'esistenza. Sembra preoccupato di stabilire una prudente distanza tra la vita comune del clown dello spettacolo e il dramma che rappresenta nel suo lavoro quotidiano: il Teatro e la vita… non sono la stessa cosa! «il teatro e la vita non sono la stessa cosa» proclama davanti a un folto pubblico.

Canio, contrariamente alle intenzioni dell'autore, è un mero Pulcinella che esibisce il suo personale pathos in un teatrino di marionette? Nelle parole di Friedrich Dürrenmatt, i valori a cui aspirava l'eroe classico furono abbandonati a un certo punto della transizione umana verso la modernità, o, almeno, furono mostrati in aperto declino assiologico. Forse per questo l'antieroe diventa spesso l'unica alternativa possibile per la narrazione delle azioni umane. In effetti, il comportamento intermittente di Canio sembra indicare la dimostrazione che il confine tra irrealtà e realtà, tra palcoscenico e pubblico, a volte non è così percettibile come potrebbe sembrare. L'intera opera è dedicata alla dimostrazione di questo assioma, frutto del genio di Leoncavallo nella sua interezza.

Anticipando la magia di Luigi Pirandello, il napoletano Leoncavallo crea un mondo sotterraneo all'interno di un mondo semplice, mantenendo precariamente l’equilibrio che delimita entrambi gli scenari: per farlo colloca il dramma nel dramma e il teatro nel teatro.
Il bello dei Pagliacci e della sua trama è la dimostrazione empirica che teatro e vita possono davvero essere la stessa cosa. I paesani che compongono il Coro, e davanti ai quali si snoderà il dramma di una compagnia itinerante di clown, assistono a un dramma fittizio che, forse senza la consapevolezza dei suoi protagonisti, finisce per oscillare verso una fredda realtà. Questi spettatori del villaggio si trovano sotto lo scrutinio di altri spettatori al di là del boccascena: le loro reazioni sono scrutate nel dettaglio da colui che ha pagato il suo biglietto d'ingresso al grande teatro e ha assunto con piena consapevolezza e libertà il ruolo di onnisciente giudice.

All'interno della trama frenetica dei Pagliacci c'è un personaggio che è allo stesso tempo partecipe, scatenante e vittima degli eventi. Ci riferiamo a Silvio, l'amante di Nedda e, allo stesso tempo, l'unico interprete al di fuori del microcosmo della compagnia teatrale. È in pratica, incaricato di rompere la divisione artificiale tra pubblico-attore e pubblico-spettatore. Insieme a Nedda si occupa della sezione più lirica dell'intera opera: il bellissimo duetto d'amore della prima parte.

Al culmine della trama di Leoncavallo, però, accade l'imprevedibile: Silvio, che fa parte del pubblico della commedia sorridente a cui prendono parte Pagliaccio (Canio), Colombina (Nedda) e Arlecchino (Beppe), è costretto a intervenire per salvare Nedda da un imminente uxoricidio. In realtà, il giovane paesano rimane indeciso mentre osserva la tragedia svolgersi fino a quando non si rende conto che, nel piccolo e fatiscente teatrino dei burattini, è in atto un dramma nel dramma e che la vita della sua amante è chiaramente in pericolo.

I Pagliacci è stato il debutto nell’opera per il nuovo direttore dell’Orchestra Filarmonica di Montevideo, Martín García, e si è tenuta nel maestoso storico Teatro Solís, una Scala in miniatura agli antipodi. Mentre la regia è stata affidata a Florencia Sanguinetti, i bei costumi sono stati creati da Carlo Ventre, una delle massime figure del mondo lirico che rappresenta l'Uruguay nel panorama internazionale. L’opera, da sempre connessa a Cavalleria Rusticana, è stata invece messa in scena da sola.

Ed è con un coraggioso e sicuramente poco commerciale titolo che chiuderà la stagione lirica montevideana a dicembre (dal 27 al 30): La Belle Hélène, l’operetta francese in tre atti di Jacques Offenbach. La direzione musicale sarà di Martín Jorge. La Banda Sinfonica di Montevideo e la Commedia Nazionale si uniscono a questo spettacolo, con il quale il Teatro Solís renderà omaggio a due figure della cultura uruguaiana, China Zorrilla e Antonio Taco Larreta.

Pubblicato in: 
GN2 Anno XV 9 novembre 2022
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Solis, Montevideo, Uruguay
Pagliacci

di Ruggero Leoncavallo

dal 17 al 22 agosto 2022

Cast e team di produzione
Direzione d'orchestra
Martín García

Regia
Florencia Sanguinetti

Direzione del coro
Esteban Louise
Víctor Mederos

Luci
Martín Blanchet
Scenografia
Adán Torres
Costumi
Soledad Capurro
~
Nedda: María Belén Rivarola
Canio: Carlo Ventre
Tonio: Dario Solari
Peppe: Sergio Spina
Silvio: Alfonso Mujica

Orchestra: Montevideo Philharmonic Orchestra

Coro Nacional del Sodre / Coro Nacional de niños del SODRE