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Naxos. Franz Hauk dirige il Requiem di Simon Mayr
Il Requiem di Simon Mayr: un'interessante registrazione di una corposa composizione sacra di un autore che non ha ancora una visibilità ed una fama adeguata alle doti ed alla qualità che emergono nelle sue opere. Simon Mayr è un compositore senza dubbio particolare nel panorama della musica strumentale e vocale a cavallo dei secoli XVII e XIX. Particolare e con numerosi aspetti originali ed interessanti nella scrittura e nella gestione dell'impasto timbrico orchestrale.
Abbiamo già incrociato Mayr su queste pagine con la recensione della prima rappresentazione della “Medea in Corinto” al Festival della Valle d'Itria 2015, opera nella quale queste caratteristiche emergevano con chiarezza, ed anche il sottoscritto ha “incontrato” questo autore registrando in prima mondiale due sue concerti per pianoforte ed orchestra. Per chi scrive quindi ascoltare ed apprezzare in questo caso il suo Requiem non costituisce una sorpresa ma una piacevole conferma di un autore tedesco di nascita ma adottato dalla città di Bergamo nella quale svolse la parte più importante della sua vita creativa (fra i suoi allievi anche Gaetano Donizetti), autore di melodrammi e musica sacra, celeberrimo in tutta Europa.
La storia della musica ci presenta spesso autori che per vari motivi dopo una brillante e meritata fama in vita non hanno avuto dopo la morte un adeguato ricordo. Simon Mayr appartiene senza dubbio a questa categoria. Apprezzato sicuramente dagli addetti ai lavori, molto meno noto al grande pubblico, fatica ancora oggi a trovare una stabile e frequente collocazione nei programmi delle sale da concerto.
Questa registrazione, un doppio CD, in prima mondiale del Requiem per l'etichetta Naxos, distribuita da Ducale, è realizzata dal Simon Mayr Chorus ed Ensemble sotto la direzione di Franz Hauk. Composizione imponente, quasi due ore di musica, nella quale tutta la tavolozza timbrica e le idee tematiche dell'autore sono utilizzate in un ampio affresco sonoro.
Non appena si legge la parola Requiem il pensiero ed il confronto immediato per qualsiasi ascoltatore scatta per lo meno con le altre due composizioni analoghe di Mozart e Verdi. Credo si debba evitare a priori un tentativo di confronto con due simili monumenti, inimitabili e pertanto fuori dal tempo. Evitando un approccio del genere si potrà in ogni caso apprezzare, come nel caso di questo Requiem, le peculiarità della scrittura dell'autore. Simon Mayr sapeva perfettamente come utilizzare la voce umana non solo solistica ma in ampie masse, forte dell'esperienza melodrammatica e sacra, ma aveva anche un raffinato gusto nella strumentazione nella quale privilegiava la presenza e l'utilizzo dei fiati (la “colonne d'harmonie” tanto cara a Mozart) in sezioni concertanti di grande poesia e bellezza.
Queste caratteristiche sono messe in evidenza anche in questo Requiem, nel quale la quantità dei numeri delle sezioni offre la possibilità di dare spazio a tutti, solisti e sezioni strumentali, a vantaggio di una varietà e piacevolezza d'ascolto nonostante la lunghezza complessiva. Il linguaggio è quello che ci si aspetta da una composizione di questo periodo, nella quale è fatto tesoro di quanto suggerito dai grandi dell'epoca, Haydn, Mozart e Beethoven su tutti, autori che Mayr amava particolarmente e dei quali si fece in vita promotore e divulgatore delle loro composizioni.
Ecco allora il clarinetto concertante di mozartiana memoria nel “Liber scriptus” nella prima parte della sequentia o il violoncello che dialoga con il soprano nel “Quid sum miser”. Interessante anche il “Lachrimosa” nel quale sono presenti con efficace equilibrio i fiati concertanti, l'orchestra ed i solisti. Gioioso e quasi haendeliano nel suo contrappunto l'”Hosanna” al termine del benedictus. Brevi citazioni di alcuni numeri solo per suggerire un ascolto globale e per sottolineare la presenza in ogni sezione di originalità e perizia creativa.
Un Requiem senza dubbio impegnativo nella realizzazione ma che meriterebbe maggior visibilità. Quest'ottima registrazione può costituire un importante contributo, come accaduto con la Medea citata in apertura, nel favorire la riscoperta ed esecuzione di composizioni immeritatamente cadute nell'oblio di un autore di grande spessore.