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Neruda. Il caleidoscopio della Libertad cilena
Il percorso che ha scelto Pablo Larrain per raccontare un periodo cruciale della vita del poeta nazionale cileno del Novecento, Pablo Neruda, ovvero quando da senatore del Presidente Videla, - che aiutò nella campagna elettorale per prendere l'incarico prima che si scoprisse la faccia buia del suo potere - fu condannato all'arresto per il suo “Yo acuso” del 6 gennaio 1948 di fronte al Parlamento per difendere i minatori colpiti dall'arroganza dittatoriale di Videla, - rinchiusi in campi di concentramento per lo sciopero indetto a Lota nel 1947 -, si situa sul fil rouge della metastoria a partire dal portato scrittoreo di Neruda. Il film, presentato a Cannes, uscirà al cinema il 13 ottobe prossimo.
L'introduzione all'aspetto folclorico del governo dittatoriale e alla vivace e trasgressiva vita del poeta, è un tutt'uno grottesco. La prima scena è eclatante: Neruda entra nel gabinetto dei senatori, arredato con veri e propri orinatoi, più squadrati e possenti di quelli di Duchamp, chiara metafora di un luogo dove si riuniscono politici corrotti per deliberare scelte appunto da “scaricare nel water”. Ed è esattamente così che li tratta Neruda, con feroce sarcasmo. Il poeta stesso era preda di eccessi nella sua vita, che ci ricorda tanto, per scene e colori grotteschi, la Salomè cinematografica di Ken Russell (L'ultima Salomè; tit. orig: Salomé's Last Dance, 1988).
Il film prosegue con la fuga vera di Neruda prima dell'arresto - commentato dalla struggente suite dal Peer Gynt di Edvard Grieg, in particolare La morte di Ase - che, dopo l'intervento in Parlamento, i compagni comunisti avevano presagito: arriverà fino alla cordigliera andina coperta dalla neve e poi per l'Argentina. Dal momento del dichiarato arresto in poi, la storia si accresce di un profilo narrativo semi-surreale, in particolare con l'entrata in scena del capo della polizia, dal cognome lungo e improbabile oltreché impronunciabile di Oscar Peluchonneau – interpretato dall'attore culto di Larrain, Gael García Bernal, che oltre che nei film di Larrain ricordiamo come protagonista nell'opera acutissima di Pablo Agüero dal titolo Eva no duerme (2015) presentato al Roma Film Fest dello scorso anno, intorno al mistero della salma di Evita Peron e della sua inumazione - e nel contrapporsi tra i due, in un'ottica di persecutore e perseguitato di Gnecco-Bernal, che non si incontreranno mai, notiamo l'intensità e la somiglianza col poeta dell'attore Luis Gnecco, ironico e dai clamorosi risvolti umani, ad impersonare un uomo a tutto tondo che ha sempre cercato di costruire il bene del suo paese.
Ascoltiamo sciogliersi, tra le letture di Peluchonneau, l'intenzione poetica di Neruda, in un sentiero a tappe costruito sull'irraggiungibilità del poeta, e la reiterata e ridondante delusione del poliziotto, delirante nelle sue crisi misticheggianti sulla sua ascendenza illegittima dal fondatore della polizia cilena.
I colori caldi, la lettura delle poesie del poeta nazionale cileno, Nobel per la letteratura nel 1971 e morto ucciso dal regime dittatoriale di Pinochet nel 1973 per la sua opposizione, narrano del suo rapporto alla pari con la gente comune, la più povera e discriminata come il cantante travestito del locale dove si rifugia una sera, che legge le sue poesie e si eleva concretamente, al di sopra del poliziotto che lo interroga perchè, per pochi istanti, “è stato riconosciuto dal poeta”. Il poeta fustigatore dei potenti e dittatori come Videla e dei suoi “schiavi-senatori”, dirigenti o poliziotti che siano, servi del potere. Una visione surreale che, prima dell'arrivo di Allende, racconta uno scenario che è un inno a quello spirito nuovo, creatore, invincibile che rappresenta Neruda insieme ad Allende e gli altri come loro, passati alla storia, e che nessun Pinochet o Videla faranno mai scomparire veramente, piuttosto brilleranno sempre come caleidoscopi di un futuro nella storia del loro paese.